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Nessuna riparazione per ingiusta detenzione nei confronti di Fiore D’Elia, 72 anni, di Gerocarne, detenuto in carcere, dal 30 novembre al 22 dicembre 2016 e poi agli arresti domiciliari, fino al 25 gennaio 2018, nell’ambito del procedimento penale per l’omicidio e l’occultamento del cadavere di Giuseppe Cricrì, ex candidato a sindaco del Comune di Dinami nelle amministrative del maggio 2013 e ritrovato carbonizzato nella sua auto il 22 ottobre 2013. Si tratta uno dei fatti di sangue più cruenti avvenuti negli ultimi anni nel Vibonese. Fiore D’Elia era indagato per i reati di omicidio volontario in concorso, distruzione di cadavere in concorso e danneggiamento aggravato in concorso. Fatti commessi ad Acquaro il 21 ottobre 2013. In primo grado Fiore D’Elia era stato condannato a 22 anni di reclusione per i reati di concorso in omicidio volontario e distruzione di cadavere. In appello era stato però assolto da ogni contestazione e la sentenza si assoluzione (appellata dalla Procura generale di Catanzaro) era divenuta definitiva con verdetto della Cassazione arrivato nel marzo del 2023. Incassata l’assoluzione, Fiore D’Elia ha quindi chiesto il riconoscimento di un indennizzo riparativo per ingiusta detenzione, ma la sua richiesta è stata respinta con apposita ordinanza dalla Corte d’Appello di Catanzaro il 27 gennaio scorso. Da qui il ricorso in Cassazione proposto da Fiore D’Elia per ottenere il riconoscimento della riparazione per ingiusta detenzione.
La “colpa grave” di D’Elia

Secondo il ricorrente Fiore D’Elia, la Corte d’Appello di Catanzaro ha identificato l’elemento soggettivo della colpa grave nell’avere il D’Elia mentito sulla dinamica fattuale relativa al momento antecedente l’omicidio, trascurando che l’ordinanza di custodia cautelare è stata applicata per il reato di concorso in distruzione di cadavere. Ad avviso della Cassazione, la Corte territoriale di Catanzaro ha individuato la condotta ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione evidenziando che: Fiore D’Elia conosceva Liberata Gallace, condannata in via definitiva a 20 anni per l’omicidio di Giuseppe Cricrì, “in quanto aveva con lei una relazione che durava da circa due anni, perdurante ancora al momento del fatto delittuoso”; la sera stessa dell’omicidio i due (D’Elia e Gallace) avevano avuto contatti telefonici su una utenza riservata alle loro conversazioni e l’analisi dei tabulati telefonici ha consentito di appurare la presenza di D’Elia in orario e luogo compatibili con il posto ove era stato commesso l’omicidio; qualche ora prima del momento in cui è stato datato il fatto omicidiario, i due (D’Elia e Gallace) avevano avuto un incontro, avvenuto per scambiare i loro rispettivi cellulari e quella sera stessa il D’Elia utilizzava un’auto chiesta in prestito a un amico, nelle vicinanze della casa della Gallace e della zona di interesse dell’omicidio.
I motivi della Cassazione

La Suprema Corte ricorda quindi che “il giudice della riparazione ha valorizzato il fatto che una circostanza, riferita dal D’Elia in sede di escussione durante la prima fase delle indagini, prima dell’emissione dell’ordinanza cautelare, risultasse smentita dalle risultanze dei tabulati telefonici che avevano consentito di appurare che la cella Wind agganciata dall’utenza di Liberata Gallace, durante la conversazione con il figlio, non ricadeva nel luogo in cui, a dire del D’Elia, la predetta si sarebbe trovata, agganciando sia all’inizio che al termine della conversazione la cella Wind sita nel comune di Dasà. La Corte territoriale – ricordano quindi i giudici della Cassazione – non ha mancato di sottolineare che il mendacio sul punto da parte di Fiore D’Elia ha corroborato il giudizio di gravità indiziaria espresso dal Gip, in tal modo evidenziando l’efficacia sinergica del mendacio rispetto all’emissione del titolo cautelare” nei confronti dello stesso D’Elia. Per la Cassazione, quindi, “risulta del tutto logico l’aver ritenuto che tale comportamento di Fiore D’Elia dovesse assumere rilevanza ai fini dell’integrazione dell’elemento soggettivo ostativo all’indennizzo” per ingiusta detenzione.
La Suprema Corte ricorda poi che “in tema di riparazione per ingiusta detenzione, il mendacio dell’indagato in sede di interrogatorio, sebbene espressione del diritto di difesa, costituisce una condotta volontaria fortemente equivoca, che, andando al di là del mero silenzio, può avvalorare gli indizi su cui si fonda la misura cautelare qualora investa elementi di indagine significativi e, quindi, può assumere rilievo ai fini dell’accertamento del dolo o della colpa grave, ostativi alla riparazione”.
Da qui la negazione della richiesta di Fiore D’Elia finalizzata ad ottenere il riconoscimento per l’ingiusta detenzione, la dichiarazione di inammissibilità del suo ricorso e la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel giudizio di Cassazione dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.
L’omicidio di Cricrì

Giuseppe Damiano Cricrì, 48enne di Melicuccà di Dinami, è stato ucciso e bruciato all’interno della sua auto nelle campagne di Acquaro. La vittima avrebbe avuto una relazione sentimentale con Liberata Gallace, a sua volta separata ma che continuava a vivere col suo ex marito nella stessa casa insieme ai loro tre figli. La donna non avrebbe accettato la fine della relazione con Cricrì per via di una donna romena. Secondo la tesi accusatoria, la vittima nel corso dell’incontro con Liberata Gallace era stata colpita al volto con un oggetto contundente (come acclarato dagli accertamenti medico-legali) così violentemente e ripetutamente da causargli la morte. Il cadavere di Cricrì all’interno dell’autovettura della stessa vittima è stato poi trasportato in una stradina di campagna a Limpidi di Acquaro, località Petrignano dove, con della benzina, gli è stato dato fuoco unitamente al veicolo. Per tale delitto, oltre a Liberata Gallace, al termine di un processo con rito abbreviato è stato condannato in via definitiva a 14 anni anche Alfonsino Ciancio (figlio della Gallace) con l’esclusione anche per lui della premeditazione nel fatto di sangue e la concessione delle attenuanti generiche.
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