Anche la Cassazione rigetta il ricorso dell’esponente dell’omonimo clan di Portosalvo che è stato assolto in via definitiva per l’eliminazione dell’esponente dell’omonima famiglia di Stefanaconi
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Nessuna riparazione per ingiusta detenzione nei confronti di Salvatore Tripodi, 54 anni, di Portosalvo, arrestato e poi assolto in via definitiva dall’accusa di concorso nell’omicidio di Fortunato Patania di Stefanaconi, ucciso il 18 settembre del 2011 nella Vallata del Mesima all’interno della sua Stazione di carburanti con annesso ristorante (la “Valle dei Sapori”). E’ quanto deciso dalla quarta sezione penale della Cassazione che ha ritenuto infondato il ricorso di Salvatore Tripodi avverso un’ordinanza della Corte d’Appello di Catanzaro che aveva rigettato l’istanza del ricorrente diretta alla riparazione per l'ingiusta detenzione, subita in regime di custodia cautelare in carcere, peraltro in regime di carcere duro (articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario) dal 30 luglio 2015 al 10 aprile 2018 (pari a 985 giorni di detenzione), in esecuzione di un’ordinanza datata 30 marzo 2015 emessa dal gip distrettuale su richiesta della Dda. Salvatore Tripodi era gravemente indiziato di concorso nell’omicidio aggravato ai danni di Fortunato Patania, ritenuto a capo dell’omonimo clan di Stefanaconi.
Quanto al merito, con sentenza del 10 aprile 2018, la Corte d'Assise di Catanzaro ha assolto Salvatore Tripodi dai reati contestatigli per non aver commesso il fatto. Tale verdetto è stato confermato dalla Corte d’Assise d’appello di Catanzaro in data 1 aprile 2021, divenuta irrevocabile il 5 luglio 2022 a seguito della pronuncia di inammissibilità del ricorso per Cassazione proposto dalla Procura Generale di Catanzaro. La pubblica accusa in primo e secondo grado aveva chiesto per Salvatore Tripodi la condanna all’ergastolo.
Il giudice della riparazione
Il giudice della riparazione aveva quindi rigettato la domanda di Salvatore Tripodi finalizzata ad ottenere un risarcimento per l’ingiusta detenzione, ritenendo sussistente la condotta ostativa dell'indagato, concretatasi nell'incontro avvenuto e documentato in data 17 settembre 2011, alle ore 10:48, tra Salvatore Tripodi e Rosario Battaglia, quest’ultimo soggetto coindagato per il medesimo fatto omicidiario e poi condannato in via definitiva a 30 anni di reclusione per l’omicidio di Fortunato Patania. L’incontro tra Salvatore Tripodi e Rosario Battaglia, ad avviso del giudice della riparazione ed ora anche della Cassazione, era stato “caratterizzato da modalità e cautele sospette, per di più svoltosi il giorno prima dell'omicidio di Fortunato Patania”. Il giudice della riparazione aveva altresì valutato la circostanza che “Salvatore Tripodi è stato latitante per quattro mesi all'atto di esecuzione della misura cautelare” per l’omicidio di Fortunato Patania.
La decisione della Cassazione
La Suprema Corte ricorda che nel procedimento per la riparazione dell'ingiusta detenzione, il sindacato del giudice di legittimità sull'ordinanza che definisce il procedimento per la riparazione “è limitato alla correttezza del procedimento logico-giuridico con cui il giudice è pervenuto ad accertare o negare i presupposti per l'ottenimento del beneficio. Resta invece nelle esclusive attribuzioni del giudice di merito, che è tenuto a motivare adeguatamente e logicamente il suo convincimento, la valutazione sull’esistenza e la gravità della colpa o sull'esistenza del dolo”.
Anche la Cassazione ha individuato quale condotta ostativa al riconoscimento dell’ingiusta detenzione ai danni di Salvatore Tripodi, l’incontro da quest’ultimo avuto a Piscopio con Rosario Battaglia il 17 settembre 2011, cioè il giorno prima dell’omicidio di Fortunato Patania. Un incontro “connotato da peculiari cautele e precauzioni, ovvero evitando contatti diretti tra i due partecipanti, utilizzando come mediatore il gestore di un bar, e lasciando i telefoni cellulari sul davanzale di una finestra per poi allontanarsi per parlare, e ciò con il chiaro intento di evitare di essere intercettati, modalità queste che hanno peraltro caratterizzato anche gli incontri successivi, avvenuti anche questi con soggetti poi risultati imputati e condannati per il medesimo fatto omicidiario”. Ebbene, tale condotta - anche per la Cassazione - è stata correttamente ritenuta dai giudici una “frequentazione ambigua e sinergica rispetto alla detenzione, in applicazione del principio secondo cui in tema di riparazione per ingiusta detenzione, le frequentazioni ambigue con soggetti condannati nel medesimo procedimento sono ostative al risarcimento, quale comportamento gravemente colposo”. Un peso nel negare la riparazione da ingiusta detenzione, per la Suprema Corte ha avuto anche la circostanza che Salvatore Tripodi si era reso all’epoca latitante per quattro mesi. Da qui il rigetto del suo ricorso.
Da ricordare che per l’omicidio di Fortunato Patania, oltre a Rosario Battaglia, sono stati condannati in via defintiva a 30 anni di reclusione anche Rosario Fiorillo (alias “Pulcino”) e Francesco La Bella, anche lui di Piscopio.
Nei confronti di Salvatore Tripodi, la Dda ha intanto chiesto la condanna all’ergastolo in altro procedimento penale nato dall’operazione antimafia denominata “Portosalvo”. In questo caso gli viene contestato il concorso nell’omicidio dell’assicuratore Michele Palumbo (ritenuto l’uomo del boss Pantaleone Mancuso nella zona delle Marinate di Vibo) avvenuto nella sua villetta della frazione Longobardi l’11 marzo 2010. Si è in attesa della sentenza entro fine anno.

