Nessuna riparazione per ingiusta detenzione nei confronti di Leonardo Cuppari, 51 anni, di Ricadi, coinvolto ed assolto al termine dei processi nati dall’operazione antimafia della Dda di Catanzaro denominata “Black money”. E’ quanto deciso dalla prima sezione penale della Cassazione che ha respinto, dichiarandolo inammissibile, il ricorso presentato da Leonardo Cuppari avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Catanzaro. Il 51enne di Ricadi è rimasto in carcere dall’11 marzo 2013 al 17 febbraio 2017 nell’ambito dell’operazione Black money nell’ambito della quale era indagato per i reati di associazione mafiosa e di tentata estorsione ai danni del proprietario di un supermercato di Ricadi. In primo grado, il Tribunale di Vibo Valentia ha assolto Leonardo Cuppari dal reato di associazione mafiosa condannandolo invece a 5 anni per il reato di tentata estorsione. In secondo grado, invece, la Corte d’Appello di Catanzaro ha assolto Cuppari per non aver commesso il fatto sia dall’accusa di associazione mafiosa sia da quella di tentata estorsione (la Procura aveva chiesto per lui la condanna a 21 anni di reclusione). La sentenza di assoluzione è poi divenuta irrevocabile e da qui la richiesta di Leonardo Cuppari per ottenere un indennizzo per ingiusta detenzione.

I motivi della Cassazione

La gravità indiziaria nella fase cautelare era stata tratta dalla presenza, ritenuta sospetta, di Leonardo Cuppari in una fase antecedente la vicenda estorsiva, nella quale egli si sarebbe fatto latore di una proposta commerciale a un imprenditore. Il giudice della cognizione ha quindi ritenuto trattarsi di circostanza assolutamente inidonea a integrare un giudizio di responsabilità penale per il delitto di tentata estorsione, ma il giudice della riparazione ha ritenuto che quella condotta fosse connotata da colpa grave.
Per la Cassazione, l’ordinanza impugnata ha evidenziato “significative condotte tenute dal Cuppari nella vicenda che ha dato luogo alla custodia cautelare. Cuppari Leonardo è stato in particolare tratto in arresto da personale della Guardia di Finanza di Vibo Valentia in data 7 marzo 2013 a seguito di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura Dda di Catanzaro per aver svolto, in qualità di partecipe, funzioni operative – evidenzia la Cassazione – nel settore delle estorsioni, nell’ambito dell’associazione di tipo mafioso denominata ‘ndrangheta, cosca Mancuso, operante in Limbadi, Nicotera e comunque nella provincia di Vibo Valentia. Le azioni venivano poste in essere dall’articolazione facente capo a Papaianni Agostino con il quale e il Cuppari aveva intrattenuto continui contatti telefonici”. Da ricordare che Agostino Papaianni (attualmente sotto processo per l’operazione Rinascita Scott), nel processo Black money è stato condannato in via definitiva il 22 giugno 2021 alla pena di 7 anni e 8 mesi di reclusione.  

La Cassazione ricorda quindi le condotte che per il giudice della riparazione sono ostative per il riconoscimento di un  risarcimento da ingiusta detenzione in favore di Leonardo Cuppari: “L’accompagnamento da parte del Cuppari dei familiari di Luigi Mancuso ai colloqui carcerari in Viterbo; l’interessamento personale, unitamente a Papaianni Agostino, diretto a procacciare l’autovettura da impiegare per i trasferimenti in Viterbo; la costante interazione tra il Cuppari e Papaianni (più di 800 conversazioni intercettate). Tali elementi sono stati considerati indicativi della contiguità tra il ricorrente e l’esponente ‘ndranghetista Papaianni nonché della cooperazione del primo nella gestione delle attività economiche del secondo”. La Suprema Corte ricorda poi che “il giudice della cognizione ha in appello assolto Cuppari pur ritenendo credibile la testimonianza della persona offesa il quale aveva riferito di una serie di danneggiamenti a scopo estorsivo che avevano colpito la sua attività commerciale, culminati nell’incendio della stessa, verificatosi nell’anno 2006”. La stessa persona offesa aveva poi riferito che Leonardo Cuppari “più volte gli aveva anticipato che sarebbe stato meglio se avesse venduto l’attività per andarsene in quanto, a suo dire, la situazione si stava mettendo male, aggiungendo che Papaianni Agostino voleva incontrarlo per dirgli di effettuare le forniture a tutti i campeggi e villaggi della zona e che, per tali forniture, avrebbe dovuto riconoscergli una percentuale del 10% sul fatturato”. La Cassazione ricorda a questo punto che “le sentenze assolutorie, secondo quanto precisato nell’ordinanza, non hanno escluso le condotte su indicate nella loro consistenza fattuale e il giudice della riparazione ha, dunque, valorizzato il comportamento tenuto da Leonardo Cuppari quale soggetto che aveva veicolato alla persona offesa un messaggio del Papaianni, coimputato e condannato per lo stesso fatto”.
Per i giudici della Suprema Corte, la “frequentazione ambigua di soggetti coinvolti in traffici illeciti si presta oggettivamente a essere interpretata come indizio di complicità e può, dunque, integrare la colpa grave ostativa al diritto alla riparazione per ingiusta detenzione”. Pertali motivi, il ricorso di Leonardo Cuppari è stato dichiarato inammissibile e lo stesso è stato condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della cassa delle Ammende, nonché alla rifusione delle spese di giudizio sostenute dal Ministero resistente, vale a dire il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

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