Rideterminazione delle condanne per due tra i principali imputati del troncone con rito abbreviato del maxiprocesso Rinascita Scott. A pronunciarsi è stata la Corte d’Appello di Catanzaro dopo un precedente parziale annullamento con rinvio ad opera della Cassazione per numerosi imputati al fine di rideterminare le pene. In attesa della fissazione del nuovo processo di secondo grado, la stessa Corte d’Appello ha ora rideterminato la condanna nei confronti di Domenico Camillò, 84 anni, di Vibo Valentia, attualmente agli arresti domiciliari, in 10 anni di reclusione.
Nel precedente giudizio di appello Domenico Camillò – difeso dall’avvocato Salvatore Sorbilli – era stato condannato a 11 anni e 4 mesi di reclusione, pena di cui la Procura generale di Catanzaro aveva chiesto l’esecuzione, mentre il difensore aveva presentato un’istanza per l’annullamento dell’ordine di carcerazione. In primo grado Domenico Camillò era stato condannato alla pena 15 anni e 4 mesi (pena ridotta di un terzo per via della scelta del rito abbreviato).
 

Sergio Gentile, 46 anni, di Vibo, detto Toba, a seguito dell’istanza presentata dall’avvocato Salvatore Sorbilli, passa invece dalla pena di 10 anni e 8 mesi di reclusione, di cui la Procura generale di Catanzaro aveva chiesto l’esecuzione, alla condanna rideterminata dalla Corte d’Appello in 9 anni e 4 mesi. Si trova attualmente detenuto in carcere ed è accusato nel maxiprocesso Rinascita Scott (anche lui giudicato con rito abbreviato) dei reati di associazione mafiosa, nonché dei delitti di estorsione e porto abusivo di armi, commessi tutti con l’aggravante mafiosa.

I profili

Domenico Camillò è ritenuto uno dei massimi esponenti della ‘ndrangheta di Vibo Valentia, considerato dagli inquirenti il reggente della ‘ndrina dei Pardea, detti “Ranisi”.
Ad accusarlo è stato anche il collaboratore di giustizia Bartolomeo Arena (nipote dello stesso Camillò) che ha indicato lo zio fra i promotori (insieme al defunto Raffaele Franzè, detto “Lo Svizzero”) del nuovo “locale” di ‘ndrangheta aperto nel 2012 a Vibo Valentia. Domenico Camillò avrebbe mantenuto rapporti sia con i Bellocco di Rosarno che con Domenico Oppedisano, pure quest’ultimo di Rosarno e ritenuto il “custode” delle regole dell’intera ‘ndrangheta.

Stando al capo di imputazione, Domenico Camillò avrebbe ricoperto nella ‘ndrina dei Pardea di Vibo, detti “Ranisi”, un ruolo rappresentativo e decisionale, con il compito di mantenere l’ordine interno al sodalizio e coordinarne le attività, partecipando alle riunioni del sodalizio in cui venivano assunte le decisioni più importanti per la vita dell’organizzazione criminale. Era poi accusato di detenzione illegale di armi in concorso con il figlio Michele Camillò (divenuto collaboratore di giustizia) e con Domenico (Mommo) Macrì.
Domenico Camillò era inoltre accusato di concorso in estorsione aggravata dal metodo mafioso (con Salvatore Morelli, Bartolomeo Arena, Domenico Camillò cl. ’94, Luigi Federici e Giuseppe Suriano) ai danni di Filippo e Pasquale La Scala, titolari del pub “Tribeca Bistrot”.

Sarebbe stato proprio Domenico Camillò – secondo l’accusa – a presiedere una riunione al cimitero di Vibo Valentia in cui avrebbe stabilito che doveva essere Bartolomeo Arena, mediante intercessione con Filippo La Scala, il soggetto incaricato ad ottenere un trattamento di favore (sconto sulle consumazioni) per tutti i sodali della ‘ndrina dei Pardea che si recavano nel pub di Vibo.
Sempre Domenico Camillò sarebbe stato infine il soggetto che avrebbe garantito il conferimento delle “doti” di ‘ndrangheta (Vangelo e Trequartino) donate a Bartolomeo Arena.
 

Sergio Gentile, alias Toba, dopo aver scontato in carcere una condanna definitiva per l’omicidio Fedele (ucciso a colpi di pistola in pieno centro a Vibo Valentia a metà anni ’90) sarebbe stato affiliato nella ‘ndrangheta dal clan Lo Bianco. Il collaboratore di giustizia, Bartolomeo Arena, ha raccontato il proposito del suo gruppo di uccidere Sergio Gentile, appostato una sera sotto casa dallo stesso Arena e da uno dei Camillò con l’intenzione di eliminarlo. Secondo Bartolomeo Arena, prima della frattura nel locale di ‘ndrangheta di Vibo Valentia fra il clan Lo Bianco-Barba e i Pardea a seguito della sparatoria in piazza Municipio di Loris Palmisano ai danni di Domenico Camillò, cugino di Bartolomeo Arena, i fratelli Sergio ed Ivan Gentile avrebbero chiesto di entrare nel Locale di ‘ndrangheta di Vibo. Affiliazione per i due fratelli in un primo tempo rifiutata ed in seguito accordata dai Lo Bianco dopo il 2012, quando il gruppo di Bartolomeo Arena aveva già deciso di uscire dal “locale” di ‘ndrangheta di Vibo Valentia. Ad accusare i fratelli Gentile, anche i collaboratori di giustizia Andrea Mantella e Raffaele Moscato. Ivan Gentile, tuttavia, non è rimasto coinvolto nell’operazione Rinascita Scott, e nel maggio 2019 è stato candidato (senza essere eletto) a consigliere comunale di Vibo Valentia nella lista “Fare con Tosi”, il movimento politico fondato dall’ex sindaco di Verona Flavio Tosi. Dall’ottobre 2024 Ivan Gentile fa invece parte del comitato provinciale della Democrazia Cristiana.