Processo allo stato degli atti per Antonio Pannace nei cui confronti Riesame e Cassazione hanno riqualificato il reato da lesioni aggravate a tentato omicidio
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Rito abbreviato secco per l’imputato Antonio Pannace, 60 anni, di San Gregorio d’Ippona, accusato di aver aperto il fuoco nell’ottobre dello scorso anno contro Giuseppe Meddis. La decisione di ammettere Antonio Pannace al rito alternativo – che comporta un processo a porte chiuso e uno sconto di pena pari ad un terzo in caso di condanna – è del gup del Tribunale di Vibo Valentia, Francesca Loffredo, in accoglimento di una richiesta dell’avvocato Diego Brancia. In precedenza il legale aveva chiesto l’ammissione del proprio assistito ad un processo con rito abbreviato condizionato all’esame di un consulente tecnico balistico, ma tale richiesta è stata respinta dal giudice e da qui l’ammissione al rito abbreviato secco. Parte civile nel procedimento penale si è costituito Giuseppe Meddis, assistito dall’avvocato Salvatore Sorbilli. A rappresentare l’ufficio di Procura era oggi presente in aula il pm Maria Bernabei.
Nell’udienza del 21 ottobre prossimo (fissata stamani) si procederà quindi con la discussione della pubblica accusa e poi si proseguirà con gli interventi del difensore dell’imputato e della parte civile.
Da ricordare che la Cassazione e in precedenza il Tribunale del Riesame hanno riqualificato il reato contestato ad Antonio Pannace da lesioni aggravate al più grave tentato omicidio, in accoglimento in tal senso di una richiesta avanzata dalla Procura di Vibo ed in riforma della decisione del gip Roberta Ricotta.
La sparatoria
Giuseppe Meddis era stato ferito a colpi di pistola in strada a San Gregorio d’Ippona nell’ottobre dello scorso anno e poi soccorso mentre si trovava riverso in una pozza di sangue. Lo stesso Pannace aveva quindi raccontato agli investigatori di essere stato attinto da colpi di arma da fuoco esplosi a cagione di un sinistro stradale avvenuto tra il nipote del Meddis e un parente dello stesso Pannace. Nel corso della discussione Pannace aveva inoltre rivolto a Meddis la frase: «ma tu vuoi morire presto» per poi esplodere un colpo che attingeva la vittima alla gamba e, una volta a terra l’antagonista, si sarebbe avvicinato e, puntandogli l’arma ad altezza viso, avrebbe esclamato «non ti uccido solo perché mi dispiace per i tuoi figli». Dalla visione delle telecamere emerge che l’assalitore ha esploso almeno due colpi ad altezza uomo, mentre la vittima stava scappando; pertanto, la reiterazione dei colpi, la sede attinta, il fatto che il bersaglio fosse in movimento e l’inesperienza dello sparatore, per la Cassazione “disegnano un animus necandi, declinandosi il dolo nella forma del dolo diretto alternativo”.
La Cassazione e i giudici del Riesame – riformando la decisione del gip del Tribunale di Vibo Roberta Ricotta – si sono soffermati “sull’idoneità degli atti tesi a cagionare la morte della vittima, posto il numero e la reiterazione dei colpi”; quindi la direzione degli stessi, sparati ad altezza uomo verso un bersaglio in movimento da soggetto inesperto e la distanza ravvicinata fra vittima e sparatore. L’arma utilizzata per ferire Giuseppe Meddis è risultata essere una pistola Beretta calibro 9, mentre la zona attinta è la parte superiore della coscia, punto nevralgico poiché vi passano le arterie e, la frase pronunciata dall’indagato «ma tu vuoi morire presto?» per Cassazione e Riesame appare “piuttosto chiara circa le intenzioni” di Antonio Pannace. Sarà in ogni caso ora il giudice, Francesca Loffredo, a dover valutare le prove “allo stato degli atti” nel corso di un processo che si celebrerà con rito abbreviato. Antonio Pannace si trova attualmente agli arresti domiciliari avendo per lui Riesame e Cassazione respinto il ricorso della Procura finalizzato ad ottenere un aggravio della misura cautelare.

