Restano in carcere Michele Valenti (già Porco di cognome all’anagrafe), 19 anni, e Simone Franzè, 18 anni, entrambi di Vibo Valentia, raggiunti nei giorni scorsi da un’ordinanza di custodia cautelare a seguito di una sparatoria avvenuta a Filandari il 5 ottobre scorso. Tentato omicidio premeditato, la prima accusa formulata dalla Procura di Vibo Valentia (pm Maria Bernabei, con indagini svolte dai carabinieri del Norm) nei confronti dei due giovani vibonesi che avrebbero compiuto atti idonei e diretti in modo non equivoco a cagionare la morte di Francesco Pesce, ferito a colpi di pistola. In particolare, Simone Franzè avrebbe contattato la vittima telefonicamente con la sua utenza per poi recarsi insieme a Michele Valenti – dopo aver recuperato una pistola – presso l’abitazione di Francesco Pesce sita a Pizzinni di Filandari. A seguito di una discussione innescata per futili motivi (la convinzione che il ventunenne Pesce si fosse invaghito della ragazza di Valenti), Michele Valenti è accusato di aver esploso - ad altezza d’uomo - almeno quattro colpi d'arma da fuoco, uno dei quali ha attinto la vittima alla coscia destra, cagionandogli una ferita refertata con prognosi di 37 giorni, mentre i restanti tre colpi hanno colpito la facciata dell'abitazione di Francesco Pesce. Il tentato omicidio è aggravato dall’aver commesso il fatto per motivi abietti e futili. Valenti e Franzè sono poi accusati dei reati di detenzione e porto illegale in luogo pubblico di un’arma da fuoco (la pistola da cui sono partiti i colpi) e detenzione illegale di una cartuccia, calibro 22, rinvenuta dai carabinieri nel veicolo a bordo del quale i due indagati si erano recati a Pizzinni di Filandari, per commettere il tentato omicidio.

I gravi indizi

Per il gip del Tribunale di Vibo, Francesca Loffredo, sussistono per i due indagati i gravi indizi di colpevolezza e la misura restrittiva della libertà personale viene motivata dal giudice anche per via della presenza di “un'indole criminosa tale da non poter essere ragionevolmente contenuta se non con l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, attesi i gravi rischi cui altrimenti si verrebbe ad esporre - con una misura meno afflittiva - la stessa persona offesa, i suoi familiari (il padre della vittima, Giuseppe Pesce, è assessore al Comune di Filandari), nonché due giovanissime ragazze, legate agli indagati, le cui dichiarazioni hanno fornito elementi utili alle indagini. Sussiste poi, ad avviso del gip, la reiterazione del reato desumibile “dalle modalità particolarmente allarmanti dell'agire degli indagati, che si ricava agevolmente dalla pervicacia nella commissione dei fatti contestati, elementi che lasciano intuire una spiccata propensione a delinquere e ritenere non episodica la condotta”. Pesa inoltre il fatto che Michele Valenti ha dichiarato di essersi disfatto della pistola (non ancora ritrovata), arma che secondo il gip è stata “verosimilmente occultata”, potendo quindi lo stesso indagato disporre tuttora della stessa e potendola “riutilizzare per commettere reati anche più gravi”.

L’elevata probabilità della reiterazione della condotta delittuosa viene desunta dal gip anche dal fatto che, per come dichiarato da Simone Franzè, gli indagati sono “soliti aiutarsi a vicenda allorquando sorga - anche per futili motivi come nel caso di specie - la necessità di punire taluno ponendo in essere comportamenti penalmente rilevanti, attentando all'incolumità fisica di terzi soggetti (nel caso di specie rivali in amore)”. L'indagato Franzè ha inoltre affermato di "ragionare meno del Valenti, in determinate situazioni", con ciò dimostrando secondo il gip una “palese incapacità di autocontrollo”.

Il retaggio culturale degli arrestati

La sparatoria sarebbe stata determinata, ad avviso del gip, da ragioni di gelosia personale, atteso che Michele Valenti considerava la fidanzata “come di propria appartenenza” e ha percepito l'interesse di Francesco Pesce verso la giovane come “un affronto nei suoi confronti da punire con il peggiore dei mali, secondo una logica aberrante – sottolinea il giudice – frutto di retaggi culturali evidentemente non ancora superati”.
Simone Franzè nelle intercettazioni con la propria fidanzata avrebbe invece spiegato che, se si fosse trovato nella stessa situazione di Michele Valenti, ovvero se qualcuno ci avesse provato con la sua fidanzata, avrebbe ammazzato prima la fidanzata e poi l'altro soggetto (“ammazzare..., ammazzare, no ammazzare così tanto per dire"). In ogni caso, secondo gli inquirenti e il gip, Michele Valenti dopo aver sparato era “convinto di aver ucciso Francesco Pesce”, tanto da entrare in macchina per darsi alla fuga insieme a Simone Franzè.

Anche la personalità dei due arrestati, portata all’attenzione del giudice, ha avuto il suo peso per il mantenimento della misura cautelare in carcere, in quanto Michele Valenti nell’ottobre del 2023 è stato destinatario di un Daspo di due anni emesso dalla Questura di Vibo, mentre nel 2024 è stato deferito alla Procura per i reati di atti persecutori e getto pericoloso di cose, mentre Simone Franzè nel 2024 è stato deferito per i reati di porto di armi o oggetti atti ad offendere, getto pericoloso di cose e atti persecutori, oltre ad essere più volte segnalato alla Prefettura per l’assunzione di stupefacenti e sanzionato per guida senza patente.

La reticenza della vittima e dei suoi familiari

Testimone oculare della sparatoria, ad avviso dei carabinieri del Norm di Vibo, è il fratello della vittima, Salvatore Pesce, ma il gip sottolinea nella sua ordinanza che neppure la persona offesa, Francesco Pesce, e neanche i suoi familiari, “pur a conoscenza dell'identità degli autori del reato, hanno inteso collaborare all’accertamento del fatto ed anzi hanno cercato, addirittura, di inquinare il quadro probatorio” al fine di evitare che fossero scoperti i responsabili.
Francesco Pesce ha infatti dichiarato ai carabinieri di non essere in grado di fornire dettagli relativamente all'autovettura dalla quale è partito il colpo, né sul conducente e neppure su eventuali passeggeri, tanto da sporgere querela contro ignoti. Il fratello Salvatore – che invece i carabinieri ritengono testimone oculare della sparatoria – ha riferito ai militari dell’Arma di essersi alzato alle ore 3:00 di notte per andare al bagno e di aver notato sulla strada il fratello Francesco intento a parlare con due soggetti a lui sconosciuti. Il padre della vittima, Giuseppe Pesce – assessore al Comune di Filandari – ha dichiarato di non essersi accorto di nulla, mentre la sorella della vittima, Alessia Pesce (già nota alle cronache in quanto ragazza contesa tra Antonio Prostamo di San Giovanni di Mileto e Francesco Vangeli di Filandari, scomparso per “lupara bianca”), ha riferito di non essere presente in casa.
Michele Valenti è difeso dall’avvocato Salvatore Sorbilli, mentre Simone Franzè è assistito dall’avvocato Giosuè Monardo.