martedì,Maggio 14 2024

«Abbiamo fotografato il fantasma di Murat»: la leggenda di Pizzo torna a far paura e attirare turisti

Il cognato di Napoleone Bonaparte fu catturato, processato e ucciso nell’ottobre del 1815 nella città napitina. Da allora il suo spettro vagherebbe tra le celle e i bastioni del castello aragonese. E c’è chi giura di averlo immortalato in uno scatto

«Abbiamo fotografato il fantasma di Murat»: la leggenda di Pizzo torna a far paura e attirare turisti

«I fantasmi forse non esistono, ma noi quello di Murat l’abbiamo fotografato». Da tempo immemorabile si narra della presenza, nel castello aragonese di Pizzo, dello spirito inquieto del re di Napoli Gioacchino Murat, cognato di Napoleone Bonaparte, che nella città napitina fu catturato, processato e ucciso nell’ottobre del 1815. Da allora, secondo la leggenda, il suo fantasma vaga tra celle e bastioni, sotterranei e corridoi. L’armamentario è sempre il solito: rumori di catene, mobili che si spostano, finestre e porte che si aprono improvvisamente. E poi ci sono le testimonianze, numerose e improbabili come ogni caccia ai fantasmi che si rispetti. Ma ora un nuovo tassello si aggiunge a questo puzzle fatto di racconti popolari e giuramenti con la mano sul cuore. Una foto, nella quale sembra intravedersi il profilo di Murat, così come rappresentato in numerosi quadri. A scattarla fu, tempo fa, Annalisa Morelli, una delle dipendenti comunali che lavora presso la biglietteria del castello.

«Era giugno e faceva un caldo tremendo – racconta -. All’ingresso si presentò una coppia di anziani turisti, probabilmente di origini sudamericane. Cominciarono a visitare l’ala del maniero dove ci sono le celle, compresa quella in cui fu rinchiuso Murat. Arrivati dinanzi alle sbarre della prigione, la donna cominciò a gridare. Accorremmo e la trovammo sconvolta, mentre farfugliava che nell’aria c’era troppa “energia”. Le dicemmo che probabilmente si era sentita male per il caldo, ma si arrabbiò, dicendo che era una sensitiva, una sorta di medium, e che la colpa era invece di quel luogo». Per sottolineare la sua versione, l’anziana turista si appoggiò pesantemente con entrambe le braccia alla scrivania di legno della biglietteria. «Come se avesse voluto dirci: so quello che avverto, non lo mettete in dubbio – continua l’impiegata -. L’assecondammo, convinti che fosse un po’ stramba, e dopo un po’ la coppia andò via. Pochi minuti dopo, in corrispondenza del punto in cui si era appoggiata, sul montante della scrivania apparve il profilo di Murat. Identico a quello del quadro. L’ho fotografato, eccolo: sembra proprio lui!».

Certo, ma sembra anche una semplice macchia di umidità o una venatura del legno forse stressato dall’afa di quell’estate. Tanto è bastato, però, ad alimentare ulteriormente in molti la convinzione che il castello di Pizzo sia infestato. Tutti ci ridono su, si danno di gomito e fanno battute, ma solo quando splende il sole. «Spesso si sentono rumori di catene, strani tonfi e quella che sembra una voce – interviene seria Mary Mazzitelli, l’altra dipendente del Comune alla quale è affidata la biglietteria -. Una volta un turista inglese uscì dal castello bianco come un cencio e urlando “Ghost! Ghost!”, perché mentre era nella sala del processo aveva sentito una mano appoggiarsi sulla sua spalla. Qui dentro, di notte e da sola, non ci resterei per nulla al mondo. Sarebbe come andare in un cimitero con le tenebre – spiega -. Tra queste mura mica è morto solo Murat… chissà quanti prigionieri hanno subito la stessa sorte, magari dopo essere stati torturati. No, no… io qui di notte non ci starei neanche se mi ricoprissero d’oro».

Ma anche di giorno, qualche volta, l’aria si fa pesante. «Quando piove e tira vento fa davvero paura – continua -. Saltiamo per ogni rumore e cerchiamo di restare sempre insieme per farci coraggio. Se poi va via la corrente il panico è assicurato».

L’atmosfera tetra del castello, resa ancora più inquietante dalle armature medievali, dai quadri e da numerosi manichini abbigliati come soldati borbonici in posa, piace molto ai turisti. Solo negli ultimi tre mesi, da giugno alla fine di agosto, i visitatori hanno toccato quota 26mila. Qualcuno chiede del fantasma di Murat, altri vengono qui solo per questo, già con il proprio bagaglio di sentito-dire.

«La leggenda è un bene per il castello – conferma Francesco Pascale, presidente della cooperativa che gestisce il sito museale -. Io non ci credo, ma ammetto che in alcune circostanze ti puoi davvero far suggestionare da questo luogo. Una volta, mentre stava per scoppiare un temporale, tutte le finestre del castello, ma proprio tutte, si sono aperte contemporaneamente lasciandoci con il cuore in gola. Non sarà stato il fantasma di Murat, ma una bella strizza ce la siamo comunque presa».

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