Sul molo regna il silenzio, rotto solo dal rumore delle onde e dal suono metallico degli attrezzi con cui i pescatori cercano di riparare le reti. Le barche restano ormeggiate, i motori spenti. «Siamo fermi da più di un mese, e ora ci dicono che il fermo biologico è prorogato di un altro mese ancora, senza avvisare nessuno», racconta Francesco, 64 anni, pescatore da una vita.

La notizia del prolungamento del fermo pesca ha colto di sorpresa la marineria di Vibo Marina. «Bruxelles decide, Roma esegue, e noi restiamo qui, con le barche ferme e le famiglie da mantenere» - dice amareggiato.
Sul molo, tra le barche ormeggiate, i pescatori trascorrono le giornate riparando reti o facendo piccoli lavori di manutenzione. «Guarda qua – mostra Francesco – la rete è tutta strappata. Abbiamo preso uno scoglio e ora ci vogliono venti giorni di lavoro solo per aggiustarla. Ma tanto non possiamo uscire lo stesso».
La rabbia è palpabile. «Ci danno 800 euro al mese di ristoro – spiega un altro pescatore – ma le spese della barca, la nafta, i lavori, chi li paga? È tutto fermo e siamo sotto di spese. Un altro mese così non si regge».

Le marinerie calabresi sono allo stremo per la proroga del blocco pesca fino al 30 novembre. Una situazione pesante che mina gli umori degli operatori di Vibo Valentia

Il fermo riguarda in particolare la pesca a strascico e quella del merluzzo (nasello), bloccate per favorire il ripopolamento ittico. Ma per i pescatori vibonesi il problema non è solo biologico, è economico e sociale. «Non possiamo pescare questo, non possiamo pescare quell’altro – protesta Francesco –. Alla fine ci obbligano a buttar via il pesce buono, perché la legge dice che il merluzzo lo devi ributtare in mare. E se non dichiari di aver pescato, a Roma dicono che vendi pesce abusivo. È una follia».

Anche Natale, un altro pescatore incontrato sul molo, scuote la testa: «Ci stanno portando allo sfinimento, vogliono che abbandoniamo il mare. In Norvegia e in Spagna quando fanno i fermi pagano tutti, da noi invece i fondi non ci sono. Dicono che non sanno neanche se questo mese ci pagheranno».
Accanto a lui, Andrea conferma: «Per il fermo di ottobre forse prenderemo qualcosa, ma per questo mese non si sa. Dicono che non ci sono fondi. Intanto noi restiamo qui, a guardare il mare, con le barche ferme e il futuro incerto».

Intanto sul molo il tempo scorre lento. Si aggiustano le reti, si puliscono le barche e tutti aspettano il 30 novembre, data prevista per la riapertura della pesca.