Sindacati in fermento per la notizia del trasferimento del Centro salute mentale di Vibo Valentia a Mileto. In particolare, la Fp Cgil Area vasta Catanzaro-Crotone e Vibo ha espresso preoccupazione per quanto «disposto dal management dell’azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia».
In merito alla vicenda: «Non conosciamo le motivazioni che sottendono tale disposizione, ma – aggiungono le sigle sindacali – siamo convinti che tali strutture (che si rivolgono a soggetti i cui bisogni derivano da incapacità o difetti gravi nello stabilire validi rapporti interpersonali e sociali) dovrebbero trovare la loro naturale collocazione nel normale contesto residenziale urbano, per favorire i processi di socializzazione e l’utilizzo di spazi ed attività per il tempo libero esistenti nella comunità». Pertanto le strutture «devono essere viste non come spazio alternativo all’esterno, ma come spazio da cui transitare verso l’esterno, e nel quale trovare supporto e integrazione con la comunità».
Il rischio è quello di isolare i pazienti: «L’ubicazione periferica del Csm non fa altro che “ psichiatrizzare” e marginalizzare la persona e delineare “paletti” fra un noi e un loro. Un altro aspetto da non sottovalutare per pazienti e familiari – aggiungono – è la difficoltà di raggiungere la sede di Mileto con i mezzi pubblici».
I sindacati quindi invitano il management dell’azienda a riflettere e riconsiderare i numerosi aspetti e le numerose dinamiche che sottendono tale incongrua decisione: «Sarebbe interessante che l’azienda si concentrasse per trovare una soluzione alla carenza di personale nel Dipartimento di salute mentale, medici, infermieri, assistenti sociali, psicologi, educatori sono ridotti al minimo, impossibilitati a garantire una assistenza dignitosa e di qualità a persone, la cui vita è già costellata da numerose difficoltà personali e familiari». Sono queste le vere emergenze «su cui bisognerebbe porre la massima attenzione e non rincorrere continui rimestamenti organizzativi che nulla hanno a che vedere con la vita delle persone più fragili e deboli di una comunità», concludono infine.