«Il lago Angitola non è la cloaca del Vibonese»: Paolillo (Wwf) risponde dati alla mano alle accuse sull’inquinamento del Golfo di Sant’Eufemia
La vera sfida secondo l'esperto non è chiudere la diga ma aprire gli occhi sulla complessità ambientale del territorio investendo in depurazione reale, controlli continui e una comunicazione trasparente

Tempo fa lessi una massima che mi è rimasta impressa nella mente: per dire una sciocchezza basta un attimo, per confutarla ci vuole tempo, per cui, visto che di autentiche castronerie sulla situazione del mare di Pizzo e dell’intero golfo lametino, ne sono state dette e scritte a iosa, concedetemi il tempo necessario. Sono settimane ormai che una pletora di tecnici, politici, felini da tastiera ecc. ecc. sostengono di aver individuato i responsabili di tutto l’inquinamento del suddetto Golfo, da Pizzo addirittura fino ad Amantea, tant’è che il suo nome rimbalza in tutti gli articoli, e in quei nuovi bar dello sport che sono i cosiddetti social, dove chiunque può spararle a raffica e si sente un padreterno.
Parliamo del fiume Angitola e del lago omonimo, ormai divenuto una sorta di ”lago espiatorio” di ogni male ambientale. Come nelle migliori indagini degne di Hercule Poirot o di Sherlock Holmes, ”tutti gli indizi”, portavano al lago, che scaricava “migliaia di tonnellate” di porcherie di ogni genere e la cui diga veniva ”aperta” criminosamente per danneggiare l’economia turistica di tutta la costa. E allora, se il lago era il colpevole, ecco uscire la soluzione dalle menti eccelse degli investigatori: chiudiamo la diga!
Ma nessuno si è fatto due conti: il totale di tutti gli abitanti dei 4 o cinque comuni in via di spopolamento del bacino imbrifero del lago (cioè quelli che direttamente o indirettamente scaricano nel lago attraverso la fiumara Reschia e lo stesso Angitola), ammontano sì e no a 4500 abitanti (Maierato a parte per il Fosso Scuotrapiti, perché il depuratore ce l’ha).
Parliamo cioè di metà della popolazione invernale di Pizzo, che sicuramente si moltiplica in estate per le presenze turistiche. Niente in confronto a quello che scarica il fiume Amato, il cui bacino idrografico raccoglie i reflui non di 4500, ma di quasi centomila abitanti (basterebbe solo Lamezia con 67.000 abitanti). Questo non vuol dire certamente che i comuni montani dell’Angitola possano o debbano evitare di dotarsi di depuratori, ma semplicemente che il lago non è la cloaca maxima che si vuole far credere. E non lo dico io. Ricordate l’altro giallo di inizio estate, quel misterioso e inquietante furto di un frigo contenente le bottiglie con le acque prelevate dal lago e dal fiume Angitola e sottratto in quel di Gizzeria? Roba da far scomodare nientepopodimeno che il presidente Occhiuto, da far ipotizzare attentati e intimidazioni alla coraggiosa opera di…prelievo di due bottiglie d’acqua.
Neanche si trattasse delle analisi irripetibili di DNA del delitto di Garlasco. Ma ci voleva tanto a pensare che a qualcuno serviva un frigo per metterci la Coca Cola e le mozzarelle? Tanto è vero che altri prelievi sono stati fatti il giorno dopo ”il gravissimo atto intimidatorio” (spero senza la scorta dei Nuclei Speciali Antiterrorismo) e con quali risultati? Il Cod, cioè la domanda chimica di ossigeno, un importante indicatore della qualità delle acque, è risultato (secondo la stessa Arpacal) inferiore a 10 mg/litro, il che indica un livello molto basso di inquinamento.
Chi non è convinto, contesti l’Arpacal. Ma ciò non basta, visto che poi nel tratto di fiume che va dalla diga alla foce, è stata riscontrata una concentrazione fuori legge di Escherichia coli, un batterio intestinale la cui presenza, insieme agli Enterococchi è indice di inquinamento organico. Ebbene, considerato che anche qui non stiamo parlando del Po o del Rio delle Amazzoni, dopo tante indagini, impiego di superdroni, personale di tutte le istituzioni civili e militari, è dato sapere, di grazia, su circa quattro chilometri chi scarica quei liquami? In medicina è come scoprire di avere un’infezione perché i parametri sono alti, ma senza conoscere quale organo è malato.
Ma i dati che smentiscono clamorosamente i grandi investigatori, vengono addirittura dalla stessa Arpacal, secondi cui, così come per il 2024, dai quattro prelievi effettuati tra il quattordici aprile e il sette luglio di quest’anno, le acque 200 metri a nord e a sud del fiume Angitola risultano…eccellenti (sic!) e di conseguenza balneabili. Ricordo a proposito agli smemorati che la balneazione è vietata per legge alle foci dei fiumi (così come nei porti).
Come se non bastasse, dai dati forniti dalla campagna Goletta Verde di Legambiente, dei quattro punti monitorati sul litorale vibonese l’unico che si salva è proprio la foce del Fiume Angitola. Quanto poi alle immagini che mostrano la colorazione delle acque alla foce, ben diverse dall’azzurro del mare, specie dopo piogge abbondanti (o dopo movimenti di terra), sfido chiunque a dimostrare che tutti gli altri fiumi del mondo scaricano acque cristalline o acqua minerale microbiologicamente pura e pronta da imbottigliare.
Strano invece che nessuno si sia accorto che la stazione di campionamento direzione Chiesetta Piedigrotta (come da portale sulle acque di balneazione del Ministero della Salute), con soli due prelievi risulta insufficientemente campionata, e che in quella dell’Area ”museo civico”, zona Piedigrotta, la situazione pur risultando ”buona”, permarrebbe ancora una “balneazione temporaneamente vietata per inquinamento”.
Quanto alla Seggiola, del resto, non viene monitorata. Che poi il fenomeno della colorazione anomala del mare causato dalle acque ormai eutrofiche del Golfo, sia diventato ormai una costante dalle molteplici origini, lo prova il fatto che, dopo le trionfalistiche e azzardate illusioni sulla scomparsa miracolosa delle alghe, è bastato che la temperatura del mare raggiungesse i 29 gradi del 7 luglio ed ecco di nuovo le immagini e le proteste dei bagnanti. Tutto come previsto e prevedibile.
Ritornando per un attimo alla famigerata diga dell’Angitola (neanche fosse la diga di Assuan o delle Tre Gole cinese), lo stesso Consorzio di Bonifica, proprio in seguito al ripetersi di accuse del tutto infondate sulla presunta apertura e chiusura della diga, ha diffuso un comunicato in cui ribadisce che in questo periodo, dalle 12:00 dell’otto giugno gli organi di scarico sono in posizione di totale chiusura, in quanto l’acqua dell’invaso viene utilizzata per l’irrigazione, minacciando azioni legali di risarcimento danni per diffamazione.
Avviso, e concludo, che normalmente con l’arrivo dell’autunno, inizierà a piovere, e anche tanto, quindi il lago tenderà a riempirsi e che la stessa Bonifica, per evitare danni alle colture, o peggio, un disastro da alluvione a valle, sarà costretta a svuotare parzialmente l’invaso, come fa da qualche anno. Si dà il caso infatti, che, a differenza della vasca da bagno, non si può chiudere il rubinetto del cielo, né si può far tornare “in alto” l’acqua del fiume e riprendere il ciclo. Non basterebbe neanche una danza della pioggia all’incontrario.