venerdì,Marzo 29 2024

Alluvione di Rossano-Corigliano, indagato anche il neo assessore all’Ambiente di Vibo

Tra le 195 persone coinvolte nell’inchiesta coordinata dalla Procura di Castrovillari, nel 2015, oltre a Oliverio e Occhiuto, c’è anche Stefania Romanò subentrata il 16 giugno scorso alla guida del settore. Indagato anche un secondo vibonese, già in servizio all'Afor

Alluvione di Rossano-Corigliano, indagato anche il neo assessore all’Ambiente di Vibo

C’è anche il neo-assessore all’Ambiente del Comune di Vibo Valentia, Stefania Romanò, tra gli oltre 190 indagati nell’ambito dell’inchiesta “Flumen Luto”, tesa a far luce sulle responsabilità in ordine all’alluvione che nel 2015 ha interessato i comunai di Corigliano e Rossano, nell’alto Ionio cosentino. L’operazione, coordinata dalla Procura della Repubblica di Castrovillari, diretta da Eugenio Facciolla, e condotta dai carabinieri forestali del Gruppo di Cosenza con il supporto dell’ottavo nucleo elicotteri di Vibo Valentia, ha portato all’iscrizione sul registro degli indagati di 195 persone tra appartenenti alla pubblica amministrazione, imprenditori edili e privati cittadini. Tra gli indagati anche Mario Oliverio e Mario Occhiuto come ex presidenti della Provincia di Cosenza. Indagati anche ex ed attuali amministratori, dipendenti di Regione, Provincia e dei due ex comuni di Corigliano-Rossano, e poi ancora diversi imprenditori. Oltre 130 i militari impiegati nell’intervento, che hanno posto i sigilli agli immobili individuati dalla magistratura e che sarebbero stati al centro degli eventi alluvionali  che hanno investito la città tre anni addietro. Sigilli a oltre 100 tra terreni agricoli, manufatti e fabbricati che insistono negli alvei dei fiumi e nelle fasce di rispetto delle aree a rischio idrogeologico. Stefania Romanò, 44 anni, ingegnere residente a Vibo, subentrata il 16 giugno scorso alla guida dell’assessorato all’Ambiente del Comune di Vibo Valentia dopo le dimissioni di Giuseppe Russo, è indagata in qualità di componente del Comitato tecnico autorità di bacino della Regione Calabria, ruolo ricoperto dal gennaio 2014 ad oggi. A tutti gli indagati, a vario titolo, vengono contestati reati connessi al gravissimo dissesto idrogeologico di numerose zone del territorio. In particolare, secondo l’accusa, ai componenti dell’Autorità di bacino finiti nell’inchiesta si contesta di aver omesso di attivare i propri poteri sostitutivi in materia consentendo una serie di irregolarità e l’edificazione in zone a rischio idrogeologico nel territorio comunale di Corigliano Calabro dove gli indagati, nelle rispettive qualità, con una condotta colposa avrebbero consentito la realizzazione di 104 edifici in aree classificate dal Pai come a rischio “R3” ed “R4”, mentre 83 edifici sarebbero stati realizzati senza il permesso a costruire. Altri 16 immobili sarebbero stati realizzati invece in aree a vincolo idrogeologico, con gli indagati che avrebbero poi consentito riperimetrazioni e riclassificazioni del Pai lungo il torrente Coriglianeto ed il tratto compreso tra la ferrovia Sibari-Crotone e la foce, causa di un consistente allargamento nelle aree a rischio “R3” ed “R4”. Fra gli indagati, anche Francesco Comito, 71 anni, di Vibo Valentia, esperto dell’Afor, funzionario designato dal direttore generale dal 13 febbraio 2006 all’8 luglio 2011. 

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