lunedì,Maggio 13 2024

Il reportage | Viaggio negli immobili del clan che nessuno vuole gestire – Video

A Limbadi il bando per la sede dell’ex Università antimafia va deserto e i locali dotati di ogni comfort rischiano di cadere in rovina. Il prefetto Gualtieri: «Aspettiamo persone perbene che vogliano proseguire il progetto»

Il reportage | Viaggio negli immobili del clan che nessuno vuole gestire – Video

Un tempo emblema del potere mafioso, sequestrati, quindi confiscati, poi devastati. Infine ristrutturati per essere restituiti alla collettività. Sono gli immobili che lo Stato ha strappato al clan Mancuso, nel cuore di Limbadi, feudo di uno dei clan di ‘ndrangheta più temuti. Gli stessi che dovevano ospitare l’Università antimafia di Riferimenti. Al di là di qualche passerella politico-istituzionale e di qualche convegno, il centro studi non è mai decollato e Riferimenti ha levato le tende dopo che la sua presidente, Adriana Musella, è finita sott’inchiesta a Reggio Calabria per la gestione, sin troppo disinvolta secondo i pm, dei fondi antimafia. I commissari che guidano il Municipio di Limbadi, dopo il suo secondo scioglimento per mafia, ci accompagnano. Nel primo di questi immobili – sono strutture chiavi in mano, dotate di tutti i comfort – è un centro studi oggi serrato da un lucchetto, che mai ha visto uno studente alloggiarvi nonostante siano stati spesi due milioni di euro. E oggi, malgrado il bando destinato a enti e associazioni, nessuno pare sia interessato ad assumerne la gestione per fini sociali. L’ascensore, che collega quattro piani, è ancora sigillato. Procediamo su per le scale. Tutto è a norma, tutto moderno e funzionale. A giorni sarà pubblicato un nuovo bando. E si spera che qualcuno che se ne faccia carico e sappia utilizzarli, si faccia avanti. Poche centinaia di metri più avanti, sempre nel cuore di Limbadi, c’è un altro stabile rimesso a nuovo: verde il colore delle pareti, verde come della speranza. E’ stato concepito come sede per gli alloggi: 25 posti letto. Si contano 25 materassi ancora avvolti dal cellophane, altrettanti cuscini, piumoni, lenzuola e asciugamani. Ogni stanza ha un pc, un bagno privato. C’è persino la linea telefonica ancora in funzione e l’elettricità per mantenere attivo il sistema di videosorveglianza. C’è tutto ma nessuno ci abita. Nessuno ha mai alloggiato qui, perché nessuna Università dell’antimafia è mai partita.

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