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Cimitero degli orrori a Tropea, gli imputati vogliono patteggiare

Occorrerà trovare un accordo con la Procura per l’entità delle pene. Numerosi i sepolcri violati ed i cadaveri distrutti. Fra i difensori anche un avvocato figlio dell’assessore ai servizi cimiteriali mentre il Comune vuole costituirsi parte civile. Nel settembre 2020 uno degli imputati premiato dal sindaco per “abnegazione al lavoro”

Cimitero degli orrori a Tropea, gli imputati vogliono patteggiare
Cimitero di Tropea
Francesco Trecate, Salvatore Trecate, Roberto Contartese

Si tornerà in aula dinanzi al gup del Tribunale di Vibo Valentia, Francesca Del Vecchio, il 10 febbraio prossimo per valutare eventuali scelte di riti alternativi o patteggiamenti nel procedimento penale nato a seguito dello scandalo del c.d. “cimitero degli orrori” di Tropea. I difensori hanno infatti oggi fatto presente al giudice che è volontà degli imputati patteggiare la pena. Da qui il rinvio concesso dal gup affinchè le difese trovino un accordo con l’ufficio di Procura in ordine al patteggiamento e, quindi, all’entità della pena. In caso di mancato accordo sul patteggiamento, gli imputati valuteranno se essere processati con il rito ordinario oppure con il rito abbreviato che comporta in caso di condanna uno sconto di pena pari ad un terzo.

Dinanzi al gup si trovano: Francesco Trecate, 62 anni, custode del cimitero di Tropea e dipendente comunale, difeso dall’avvocato Giuseppe Di Renzo; Salvatore Trecate, 38 anni (figlio di Francesco), assistito dall’avvocato Giuseppe Di Renzo; Roberto Contartese, 53 anni, difeso dagli avvocati Francesco Muscia e Giovanni Vecchio. Per tutti il pm Concettina Iannazzo ed il procuratore Camillo Falvo nel luglio scorso hanno avanzato richiesta di rinvio a giudizio. [Continua in basso]

il pm Concettina Iannazzo

Nel primo capo d’imputazione si contesta il reato di associazione a delinquere. I tre indagati – secondo l’accusa – si sarebbero associati fra loro per commettere una serie indeterminata di violazioni di sepolcro e di soppressione di cadaveri. In particolare, Francesco Trecate, quale promotore, sarebbe stato il principale organizzatore delle singole operazioni e attività dei sodali, curando tutte le fasi dell’attività criminosa, occupandosi dell’organizzazione e della supervisione delle attività illecite del gruppo del quale avrebbe costituito un punto di riferimento quanto alle decisioni da assumere ed a direttive da impartire, nonché si sarebbe adoperato nella predisposizione dei mezzi e nel procacciamento degli strumenti necessari per portare a termine ulteriori reati, attivandosi anche nella materiale soppressione dei cadaveri. L’arco temporale della contestazione va dal febbraio 2019 al 7 febbraio scorso.

Ai tre indagati viene poi contestato il reato di violazione di sepolcro per avere Francesco Trecate, Salvatore Trecate e Roberto Contartese – in concorso materiale e morale fra loro – “violato le tombe di Clotilde Del Vecchio, Romana Marzano, Salvatore Addolorato, Francesco Toraldo, Maria Garibaldino, Antonio Macrì, Maria Cortese, Vincenzo Giovanni Balso”, più altri due sepolcri di defunti con un cognome non ancora identificati (tali Giuseppe e Vittoria). La Procura contesta poi ulteriori violazioni in 16 tombe in cui erano tumulati i cadaveri di soggetti non identificati. In particolare, gli indagati avrebbero proceduto all’estumulazione delle bare all’interno delle quali vi erano le salme dei soggetti citati, in assenza delle prescritte autorizzazioni amministrative ed in violazione della normativa di settore. Il reato è aggravato nei confronti di Francesco Trecate in quanto avrebbe commesso il fatto abusando dei propri poteri ed in violazione dei doveri derivanti dal ruolo di custode del cimitero. 

I tre indagati devono poi rispondere del reato di distruzione e soppressione di cadavere. Per la precisione sette cadaveri sezionati con l’aiuto di un seghetto e di un martello. Tali distruzioni sarebbero avvenute – ad avviso degli inquirenti – nelle giornate del 18, 20, 23 e 27 novembre dello scorso anno, del 16 dicembre 2020 e del 22 gennaio scorso. I sette cadaveri appartenevano a soggetti non identificati, procedendo alla loro definitiva distruzione mediante combustione. Con l’aggravante di aver commesso il fatto in un cimitero e l’ulteriore aggravante per il solo Francesco Trecate in quanto avrebbe abusato dei suoi poteri di custode del cimitero.
Ai tre indagati (i due Trecate si trovano ai domiciliari, Contartese libero ma solo per raggiungere il posto di lavoro a Parghelia) viene poi contestato di aver appiccato il fuoco ai rifiuti prodotti con le precedenti condotte finalizzate alla distruzione dei cadaveri. 

Le parentele “scomode” e l’avvocato figlio dell’assessore

Il sindaco Macrì mentre premia Trecate

Da ricordare che Francesco Trecate nel settembre dello scorso anno ha ricevuto – insieme ad altri tropeani – una pubblica benemerenza dal sindaco di Tropea, Giovanni Macrì, per “abnegazione al lavoro”, nonostante sullo stesso pendesse all’epoca una richiesta di rinvio a giudizio (poi accolta dal gup) per truffa ai danni del Comune (assenteismo). Francesco Trecate è inoltre lo zio paterno dell’assessore comunale Greta Trecate, mentre Salvatore Trecate è cugino dello stesso assessore. La giunta comunale di Tropea ha deliberato nei mesi scorsi di volersi costituire parte civile nel procedimento penale. Il Comune di Tropea viene infatti indicato dalla Procura di Vibo quale parte offesa.  Da evidenziare che uno dei difensori di Roberto Contartese è anche l’avvocato Francesco Muscia, figlio dell’attuale assessore ai Servizi cimiteriali Erminia Graziano.

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