Sette condanne all’ergastolo e altre due con sconti di pena per i collaboratori di giustizia. Questa la decisione del gup distrettuale di Reggio Calabria al termine del processo con rito abbreviato per l’omicidio di Giuseppe Canale, avvenuto il 12 agosto del 2011 a Gallico. L’ergastolo è la pena per: Salvatore Callea, di Oppido Mamertina, 52 anni, residente a Canino (Vt); Filippo Giordano, 43 anni, di Reggio Calabria; Sergio Iannò, 47 anni, di Reggio Calabria; Cristian Loielo, 29 anni, di Gerocarne; Domenico Marcianò, 36 anni, di Reggio Calabria; Giuseppe Germanò, 49 anni, di Reggio Calabria (frazione Villa San Giuseppe); Antonino Crupi, 36 anni, di Gallico. Diciassette anni e quattro mesi (14 anni la richiesta) la condanna per il collaboratore di giustizia Nicola Figliuzzi, 28 anni, di Sant’Angelo di Gerocarne, mentre per l’altro collaboratore Diego Zappia, 34 anni, di Oppido Mamertina, il giudice ha deciso per una pena pari a 15 anni e 4 mesi. L’omicidio avrebbe portato ad un’alleanza fra reggini e vibonesi per compiere un delitto di “peso” nell’ambito degli equilibri mafiosi della città di Reggio Calabria. Le indagini avviate a seguito dell’omicidio – consistite in intercettazioni, accertamenti tecnico-scientifici e dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia – avrebbero consentito fin da subito di inquadrare il fatto delittuoso in un chiaro contesto di criminalità organizzata, pianificato e realizzato in risposta all’omicidio di Domenico Chirico, avvenuto il 20 settembre 2010. Giordano, Marcianò e Iannò, accusati di appartenenere al clan “Condello-Chirico”, sono accusati di essere stati gli ideatori e i mandanti dell’omicidio; Callea è invece ritenuto responsabile di aver reclutato i killer, assicurandogli il necessario supporto logistico, garantendo la fuga a bordo della propria autovettura, ed infine i vibonesi Figliuzzi e Loielo sono accusati di aver materialmente eseguito l’agguato per una cifra fra i 10 e i 14mila euro.
Successivamente, nel consentire la puntuale ricostruzione dei gravi fatti di reato inerenti una cruenta faida di ‘ndrangheta consumatasi a cavallo del 2011 e del 2012 nel Vibonese (fra Vibo, Piscopio, Vibo Marina e Stefanaconi), le dichiarazioni di più collaboratori di giustizia (Vasvi Beluli e Arben Ibrahimi) fornivano incidentalmente chiari e precisi elementi tra oro convergenti, ma anche assolutamente compatibili con quanto acquisito dai carabinieri. In tal senso, seguendo le indicazioni di un collaboratore di giustizia i carabinieri rinvenivano a Gallico, nel parco della Mondialità, un revolver Colt, calibro 38 special con matricola obliterata, che — in virtù degli accertamenti esperiti dal Ris di Messina — risultava essere quella utilizzata nell’omicidio.