giovedì,Aprile 25 2024

Estorsione e usura a Nicotera: Mancuso e Cicerone restano in carcere

Il gip del Tribunale di Vibo non convalida il fermo della Dda di Catanzaro ma emette un’ordinanza di custodia cautelare. Ravvisati il pericolo di inquinamento probatorio e di reiterazione dei reati

Estorsione e usura a Nicotera: Mancuso e Cicerone restano in carcere

Il gip del Tribunale di Vibo Valentia, Giulio De Gregorio, non ha convalidato il fermo di indiziato di delitto della Dda di Catanzaro nei confronti di Antonio Mancuso, 81 anni, di Limbadi, e per il nipote Alfonso Cicerone, 45 anni, di Nicotera, per mancanza del pericolo di fuga. Lo stesso giudice, però, ritenendo concreto il pericolo di reiterazione dei reati e, soprattutto, il pericolo che Mancuso e Cicerone – se lasciati in libertà – possano concordare fra loro e con gli altri indagati a piede libero versioni di comodo sulle contestazioni loro mosse, nonché possano avvicinare la parte offesa (inquinando così le prove), ha applicato loro la misura della custodia cautelare in carcere. Sussiste infatti sia per Mancuso che per Cicerone la gravità indiziaria ed il pericolo di reiterazione dei reati loro contestati (estorsione ed usura aggravati dal metodo mafioso nei confronti di un imprenditore di Nicotera), tenuto anche in debito conto che Antonio Mancuso risulta essere al vertice dell’omonimo clan della ‘ndrangheta in un territorio come quello di Nicotera e Limbadi che lo stesso gip definisce come “caratterizzato da una diffusa percezione della presenza di un forte condizionamento criminale”.

Per Antonio Mancuso, il gip sottolinea anzi la presenza di esigenze cautelari in carcere di “eccezionale rilevanza” che permettono di superare il divieto della detenzione in un istituto di pena per gli ultrasettantenni. Dagli atti e dalle intercettazioni emerge poi che Antonio Mancuso “vive di prestiti usurari e di estorsioni e il mancato pagamento pregiudica la sua reputazione”. Nonostante l’età, l’anziano boss “non soltanto è in grado di incutere timore, ma è ancora in grado di esercitare un indiscusso potere criminale come si evince dal rispetto di cui gode da parte dei soggetti a lui vicini, per vincoli familiari, territoriali e di vicinanza criminale”. Sempre il gip rimarca poi nella sua ordinanza che Antonio Mancuso “si è dimostrato assolutamente lucido nell’evitare di utilizzare utenze telefoniche a lui intestate e sicuramente in grado di disporre di utenze intestate ad altri”. Sebbene arrivato in aula per l’interrogatorio di garanzia su una sedia a rotelle, il giudice rimarca che nei frames estratti dalle “varie telecamere di sorveglianza, Antonio Mancuso appare assolutamente in grado di deambulare e comunque il suo stato non gli ha impedito affatto di recarsi più volte” dalla persona offesa per intimidirlo e per prospettargli di cedere il suo patrimonio per soddisfare le sue illecite pretese”. Antonio Mancuso, sebbene abbia 81 anni, è dunque “ancora pericoloso” e gli arresti domiciliari non appaiono per nulla concedibili, specie in un territorio su cui ha dimostrato di avere “uno stringente controllo e con la possibilità di disporre di una fitta rete di complicità e connivenze che gli consentono di eludere le restrizioni di tale misura anche assistita da assidui controlli”. La commissione del reato nel corso dell’esecuzione della misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza non consente – rimarca infine il gip – di ritenere Antonio Mancuso degno del credito fiduciario “finalizzato all’effettiva esecuzione di misure meno afflittive della custodia in carcere”. Emessa l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per Antonio Mancuso (difeso dall’avvocato  Giuseppe Di Renzo) e Alfonso Cicerone (difeso dall’avvocato Salvatore Campisi), il gip Giulio De Gregorio ha quindi dichiarato la propria incompetenza funzionale (trattandosi di reati aggravati dalle modalità mafiose) restituendo quindi gli atti alla Dda affinchè reiteri la richiesta di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere al competente gip distrettuale di Catanzaro. Restano indagati a piede libero nella stessa inchiesta: Giuseppe Cicerone, 88 anni, di Nicotera; Salvatore Gurzì, 34 anni, di Nicotera; Andrea Campisi, 37 anni, di Nicotera; Rocco D’Amico, 38 anni, di Preitoni (frazione di Nicotera); Francesco D’Ambrosio, 39 anni, di Nicotera.    LEGGI ANCHE: Estorsione e usura a Nicotera: ecco le accuse della Dda per tutti gli indagati – Video

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