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Operazione Anteo: la Dda chiede 37 rinvii a giudizio e fra loro ci sono anche 8 vibonesi

L’inchiesta prende le mosse anche dalle dichiarazioni del collaboratore Emanuele Mancuso. Da Capistrano a Chiaravalle sino a Pizzo, ecco le singole contestazioni per i vibonesi. Il processo è stato chiesto anche nei confronti di un carabiniere

Operazione Anteo: la Dda chiede 37 rinvii a giudizio e fra loro ci sono anche 8 vibonesi
Nel riquadro Emanuele Mancuso
Nancy Chimirri

Richiesta di rinvio a giudizio da parte della Dda di Catanzaro (pm Debora Rizzo e Stefania Paparazzo) per i 37 indagati coinvolti nell’operazione Anteo scattata nel maggio dello scorso anno. Fra loro ci sono anche otto vibonesi. Si tratta di: Emanuele Mancuso, 34 anni, di Nicotera, attuale collaboratore di giustizia; della compagna Nensy Vera Chimirri, 30 anni, originaria di Capistrano; Daniele Cortese, 32 anni, di Capistrano; Antonio Cuturello, 32 anni, di Limbadi; Fortunato De Masi, 47 anni, di Simbario; Mirco Furchì, 29 anni, di Mandaradoni di Limbadi; Clemente Selvaggio, 27 anni, di Vibo Valentia; Giuseppe Soriano, 31 anni, di Pizzinni di Filandari. Richiesta di rinvio a giudizio anche per Rocco Caruso, 57 anni, nativo di Serra San Bruno, carabiniere a San Vito sullo Jonio ed attualmente sospeso dal servizio. [Continua in basso]

I reati contestati

Le accuse a vario titolo sono quelle di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsione aggravata dal metodo mafioso mafioso, ricettazione, detenzione e porto abusivo di armi anche clandestine e da guerra, detenzione di materiali esplodenti e furto. In particolare. Il basso ionio catanzarese era divenuto, secondo la ricostruzione della Procura, uno snodo nevralgico per il traffico di stupefacenti proveniente dalla provincia di Reggio Calabria e dal Vibonese.

Gli altri indagati

Mirco Furchì

L’indagine ha riguardato in particolare il territorio del Soveratese e i comuni di Chiaravalle Centrale, Gasperina, Petrizzi e Cardinale divenuti mete strategiche nelle rotte del traffico di stupefacenti.

La richiesta di rinvio a giudizio interessa anche: Raffaele Andreacchio, 1978, Guardavalle; Ernesto Bertucci, 1980, Soverato; Anthony Salvatore Catanzariti, 1996, Olivadi; Vito Chiefari, 1985, Torre di Ruggiero; Giuseppe Corapi, 1983, San Sostene; Antonio Corrado, 1968, Chiaravalle Centrale; Damiano Fabiano, 1991, Cardinale; Francesco Fabiano, 1996, Chiaravalle Centrale; Giuseppe Fabiano, 1984, Centrache; Domenico Giorgi, 1996, Benestare; Domenico Giorgio, 1980, Chiaravalle Centrale; Luciano Iozzo, 1963, Chiaravalle Centrale; Salvatore Macrì, 1988, Canada; Giuseppe Marco Marchese, 1988, Chiaravalle Centrale; Michele Matarese, 1976, Montepaone; Gianluca Minnella, 1995, Bovalino: Mirko Pironaci, 1985, Montepaone; Antonella Procopio, 1986, Centrache; Bruno Procopio, 1991, Ardore; Santino Procopio, 1983, Centrache; Antonio Puntieri, 1990, Olivadi; Roberto Venuto, 1978, Olivadi; Antonio Chiefari, 1951, Torre di Ruggiero; Gregorio Corrado, 1989, Centrache; Vincenzo Manno, 1990, Amaroni; Agostino Graziano Mantello, 1980, Torre di Ruggiero; Giovanni Rauti, 1981, Torre di Ruggiero; Antonio Rei, 1990, Chiaravalle Centrale. [Continua in basso]

Le accuse per i vibonesi

Daniele Cortese

L’accusa di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di cocaina, marijuana, eroina, hashish e sostanze psicotrope viene contestata, fra i vibonesi, ad Emanuele Mancuso, 33 anni, di Nicotera (attuale collaboratore di giustizia) ed a Daniele Cortese, 31 anni di Capistrano. I due vibonesi sarebbero stati “uno dei principali e costanti canali di rifornimento degli stupefacenti del tipo cocaina e marijuana”, dell’associazione dei “fratelli Fabiano” di Cardinale e Chiaravalle Centrale e sono accusati di aver curato le trattative relative alle cessioni delle sostanze stupefacenti, gestendo i crediti che ne derivavano e i relativi pagamenti, coordinando dal 2017 il trasporto e la consegna degli stupefacenti dalla provincia di Vibo Valentia a quella di Catanzaro.Ad Emanuele Mancuso e Daniele Cortese viene quindi contestata la cessione di sostanze stupefacenti in diverse occasioni, mentre in data antecedente e prossima al 3 marzo 2018 Emanuele Mancuso è accusato di aver detenuto e poi ceduto due armi da fuoco, fra cui una pistola da guerra quale contropartita per una fornitura di sostanza stupefacente. In particolare, dopo aver concordato lo scambio, Damiano Fabiano e Domenico Giorgio sono accusati di aver trasportato in luogo pubblico le armi, ovvero da Chiaravalle Centrale fino a Capistrano, ove le consegnavano a Daniele Cortese, il quale le riceveva per conto di Emanuele Mancuso – si legge nel capo di imputazione – e che, comunque, successivamente le acquistava versando allo stesso Emanuele Mancuso la somma simbolica di un euro e le trasportava da Capistrano fino a luogo imprecisato”.

Giuseppe Soriano

Estorsione aggravata dal metodo mafioso è quindi l’accusa nei confronti di Emanuele Mancuso che avrebbe minacciato Damiano Fabiano mediante messaggi telefonici e si sarebbe poi recato improvvisamente, in data 3 marzo 2018, unitamente a Daniele Cortese, presso l’abitazione dello stesso Damiano Fabiano, in tal modo costringendolo a versare parte del denaro dovuto per l’acquisto di stupefacenti, nonché a permutare una parte del debito, che in quella data ammontava ad euro 21.500,00con alcune armi nella disponibilità del sodalizio “dei fratelli Fabiano”, che venivano successivamente consegnate a Capistrano a Daniele Cortese, nonché con delle attrezzature da macelleria, che venivano asportate lo stesso giorno dall’abitazione di Damiano Fabiano, procurandosi un ingiusto profitto con altrui danno.

I fratelli Giuseppe e Damiano Fabiano sono poi accusati di aver ceduto nel marzo del 2018 ad Emanuele Mancuso un numero indeterminato di ordigni esplosivi, mentre Antonio Cuturello e Mirco Furchì avrebbero intimidito Damiano Fabiano a consegnare la somma di ottomila euro quale debito maturato per l’acquisto di sostanza stupefacente da Emanuele Mancuso, prospettandogli l’eventualità di recuperare il denaro necessario per il pagamento attraverso la commissione di due furti o rapine da perpetrare in altrettante abitazioni individuate da Mirco Furchì e da Antonio Cuturello.

Nency Chimirri (compagna di Emanuele Mancuso), Daniele Cortese, Emanuele Mancuso e Clemente Selvaggio sono poi accusati di estorsione aggravata dal metodo mafioso. Secondo l’accusa, avvalendosi della forza intimatrice derivante dall’appartenenza o dalla contiguità alla cosca Mancuso di Limbadi, nonché alla c.d. “famiglia Evalto”, di radicata a Pizzo Calabro, Nensy Chimirri ed Emanuele Mancuso, quali mandanti, Daniele Cortese e Clemente Selvaggio, quali esecutori materiali, con violenza e minaccia avrebbero costretto Damiano Fabiano a consegnare la somma pari a 7.500,00 euro, a fronte di un debito di 8.000,00 euro, maturato per l’acquisto di sostanza stupefacente nei confronti di Emanuele Mancuso.

Clemente Selvaggio è accusato di aver minacciato gravemente Damiano Fabiano, anche attraverso l’esibizione di un’arma da fuoco, ostentando la sua appartenenza alla c.d. “famiglia Evalto”, qualificandosi come il nipote di Evalto Domenico (nonno materno) e come il nipote di Evalto Giuseppe (zio materno) e riferendo esplicitamente a Fabiano Damiano – si legge nel capo di imputazione – di agire al fine di recuperare i crediti insoluti del narcotraffico di Emanuele Mancuso per sostenere le spese processuali e quelle necessarie per gli avvocati e periti balistici, nominati dalla famiglia di Emanuele Mancuso per preparare la sua difesa nel procedimento penale che ha determinato nei suoi confronti l’esecuzione di un provvedimento di fermo nell’ambito dell’operazione c.d. “Nemea”. In tal modo avrebbero costretto Damiano Fabiano ad effettuare il pagamento in due rate della somma dovuta, ovvero il 14 aprile 2018 euro 3.000,00 a Pizzo Calabro nei pressi dello svincolo della Statale 18, e il 25 aprile 2018 euro 4.500,00 a Pizzo Calabro all’interno di una gelateria.

Cessione di sostanze stupefacenti (cocaina) è l’accusa mossa a Fortunato Demasi, mentre Giuseppe Soriano è accusato di aver ricevuto un quantitativo di eroina dai fratelli Fabiano e da Domenico Giorgio. Antonio Cuturello è anche accusato di aver violato la sorveglianza speciale. [Continua in basso]

Le accuse al carabiniere

Del reato di falso ideologico è invece chiamato a rispondere il carabiniere Rocco Caruso poiché avrebbe indotto in errore tre suoi colleghi della Stazione di San Vito sullo Jonio sottoscrivendo un verbale di vana perquisizione personale e veicolare dopo aver «occultato lo stupefacente trasportato da Fabiano Damiano e Macrì Salvatore sottoposti a controllo». L’udienza preliminare è stata fissata per il 17 marzo prossimo dinanzi al gup distrettuale Matteo Ferrante.

Il collegio di difesa

Rocco Caruso è difeso dall’avvocato Francesco Muzzopappa. Daniele Cortese è invece difeso dagli avvocati Sergio Rotundo e Maria Antonietta Iorfida, Antonio Cuturello dagli avvocati Giovanni Vecchio e Giuseppe Cosentino, Fortunato Demasi dagli avvocati Vincenzo Cicino e Domenico Rosso, Mirco Furchì dagli avvocati Francesco Sabatino e Francesco De Luca, Emanuele Mancuso dall’avvocato Antonia Nicolini, Clemente Selvaggio dall’avvocato Diego Brancia, Giuseppe Soriano dagli avvocati Daniela Garisto e Diego Brancia. Gli altri legali del collegio di difesa sono: Salvatore Giunone, Antonio Abate, Arturo Bova, Fabio Tino, Anselmo Mancuso, Luigi Aloisio, Domenico Calabretta, Antonio Lomonaco, Eugenio Minniti, Domenico Cortese, Francesco Maida, Piermassimo Marrapodi, Vincenzo Nesci, Gregorio Tino, Francesco Folino, Saverio Loiero, Domenico Chindamo, Alessandro Bavaro, Antonio Femia, Luca Cianferoni, Fulvio Vincenzo Attisani, Giuseppe Riitano, Giovanni Russomanno, Antonio Naso, Vincenzo Savaro.

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