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La Procura di Vibo e l’arretrato abbattuto in un anno – Video

Il bilancio del procuratore Falvo sui risultati acquisiti nel 2022: «Ora viaggiamo in tempo reale». Dalla repressione dei reati alla tutela dell’ambiente. Poi l’annuncio: «Nel 2023 ripartiranno i lavori di costruzione del nuovo ospedale, in legalità, sicurezza e fino alla conclusione»

La Procura di Vibo e l’arretrato abbattuto in un anno – Video
Il procuratore Falvo

Il procuratore della Repubblica di Vibo Valentia Camillo Falvo

«Siamo riusciti ad abbattere quasi completamente l’arretrato, ora viaggiamo pressoché in tempo reale». Camillo Falvo, procuratore capo di Vibo Valentia, lo dice con naturalezza e senza enfasi, nel tracciare il bilancio dell’attività svolta dal suo ufficio nel 2022. Il dato è di quelli che pesano: a guardarlo bene, racconta di una sorta di miracolo. Vibo Valentia non è una pacifica realtà del nord est: fino alla colossale operazione Rinascita Scott, questa era la provincia con il più alto indice di delittuosità e di omicidi in rapporto alla densità della popolazione, nella quale la scopertura degli organici giudiziari aveva comportato ritardi e prescrizioni clamorose e l’accumularsi di un arretrato monstre. «Ci sforziamo di essere il più tempestivi possibile per rispondere alla domanda di giustizia che viene dal territorio», spiega Falvo, il quale ha dato centralità ad una Procura che, nel corso del tempo, ha assunto una funzione che è andata oltre il suo precipuo scopo istituzionale che «è quello di individuare gli autori dei reati, esercitare l’azione penale e richiederne la condanna». [Continua in basso]

Parola d’ordine: sinergia

«Il 2022 – continua il magistrato – è stato il primo anno nel quale, dal mio insediamento, abbiamo potuto lavorare a pieno regime, essendo rientrata l’emergenza pandemica. Ed in questo anno abbiamo raccolto i primi risultati dell’impostazione che ho inteso dare». Non c’è solo la violenza da combattere, i reati contro la persona ed il patrimonio, quelli economici ed in danno dell’ambiente, sui quali la Procura di Vibo Valentia è divenuta una sorta di capofila in Calabria. «Nel corso delle ultime settimane abbiamo tenuto in Regione l’ultimo tavolo tecnico affinché a Vibo Valentia possano finalmente riprendere, con efficacia ed in piena sicurezza, i lavori per la costruzione del nuovo ospedale, che nel 2023, contiamo, ripartiranno per poi proseguire fino alla loro conclusione». Non è compito della Procura costruire il nuovo ospedale, certo, ma la sua compartecipazione ai tavoli interistituzionali, oltre a fungere da pungolo, rappresenta una sorta di garanzia, una polizza, affinché le cose si facciano non solo nel rispetto della legge e senza intoppi, ma anche con qualità. Il procuratore Falvo la definisce «sinergia con le altre istituzioni», della quale il suo ufficio, in un modo o nell’altro, è stata il motore. [Continua in basso]

Tutto un altro mare…

Eloquente ciò che si è fatto sulla tutela del mare, anche grazie alla task force costituita, unitamente alla Procura di Lamezia Terme guidata dal suo collega Salvatore Curcio, con le altre forze dell’ordine, la Regione e la Stazione zoologica Anton Dohrn diretta da Silvio Greco. I risultati, su questo fronte, sono stati «enormi». Il giro di vite sugli illeciti nella depurazione, il contrasto agli sversamenti illegali nei fiumi e in mare, avviata con un’analisi vasta, dettagliata ed estremamente lucida, con il supporto dell’Arma dei carabinieri e della Guardia costiera, ha restituito ai calabresi ed ai turisti un mare che così pulito –ad avviso del procuratore – non lo si aveva da tempo immemore. Senza trascurare, evidenzia Camillo Falvo, «quanto abbiamo fatto nel contrasto al traffico illecito di rifiuti», secondo una linea d’azione a tutela del patrimonio ambientale e paesaggistico che dal mare e alla costa ha mostrato i suoi risultati anche nell’entroterra.

Recrudescenza criminale?

L’attuale capo della Procura di Vibo Valentia, che fu tra i grandi protagonisti nelle indagini che condussero alla maxioperazione Rinascita Scott, d’altronde, sa bene che «questa è una realtà complessa nella quale insistono problemi atavici connessi alla pervasività delle organizzazioni criminali». E se gli effetti di quella epocale retata rischiano di affievolirsi nel tempo, ammonisce, «deve restare in ognuno la consapevolezza che adesso tocca ai cittadini. Lo Stato ha dimostrato di essere credibile, a loro – dice – resta il dovere di occupare gli spazi liberati e di affiancare la magistratura e le forze dell’ordine con la denuncia». Dopo un lungo periodo di pace, d’altro canto, a queste latitudini si torna a sparare e ad ammazzare. Un segnale d’allarme da non sottovalutare è l’omicidio di Giuseppe Muzzupappa, giovane pregiudicato freddato il 26 novembre a Nicotera. Caso praticamente chiuso nel volgere di poche settimane dalla Procura di Vibo in stretta collaborazione con la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro: destinatario di una misura cautelare in carcere, emessa dal gip su richiesta dell’ufficio guidato da Camillo Falvo, Pasquale Megna, commerciante ittico, latitante sin dalla sera dell’agguato. «La nostra risposta – spiega il magistrato – è stata tempestiva. Siamo attrezzati per far fronte ad una eventuale recrudescenza. Lo siamo noi e lo è anche la Dda di Catanzaro, come ha già ampiamente dimostrato. Quindi dico ai cittadini di stare tranquilli e, allo stesso tempo, di fare la loro parte».

La nota dolente

Un bilancio, dunque, «molto positivo», dello del 2022, che consente di guardare con ottimismo all’anno che verrà. L’unica nota relativamente stonata, riguarda la scopertura degli organici giudiziari. Se la Procura lavora a pieni ranghi, i giudicanti sono invece protagonisti di un turn over che finisce con l’ingolfare la giurisdizione. «Qui si svolgono alcuni tra i più importanti processi italiani – continua Falvo -. Non parlo solo di Rinascita. C’è Petrolmafie. Ci sono stati Stammer e Overing. Prendiamo Rinascita Scott, che è presieduto da un collegio composto da magistrati che, all’inizio del dibattimento, avevano appena sei anni di anzianità. Un giovane magistrato ha il diritto di crescere affiancato da colleghi più anziani. Qui invece sono costretti a sobbarcarsi procedimenti estremamente vasti e complessi. E appena hanno la possibilità di chiedere un trasferimento verso sedi più ambite o dove si lavora in condizioni migliori, vanno via. Ecco – conclude Camillo Falvo – è questo il problema della nostra giustizia. Serve un sistema di incentivi che renda appetibile lavorare qui o restare. Ed è un compito del quale, auspico, il nuovo governo e il Csm possano farsi finalmente carico».

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