mercoledì,Maggio 15 2024

Divieto per la stampa di pubblicare le ordinanze di custodia cautelare: ecco le reazioni

Sandro Ruotolo: "Significa negare all'opinione pubblica il diritto di essere informata su temi come la lotta alla corruzione e la lotta alla mafia"

Divieto per la stampa di pubblicare le ordinanze di custodia cautelare: ecco le reazioni

“Divieto di pubblicazione integrale o per estratto del testo dell’ ordinanza di custodia cautelare finché non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare, in coerenza con quanto disposto dagli articoli 3 e 4 della direttiva Ue del 2016 sulla presunzione d’innocenza”. Si tratta dell’emendamento firmato dal parlamentare di Azione Enrico Costa, approvato ieri alla Camera con 160 voti favorevoli, e che riporta sostanzialmente alle sue origini la “legge bavaglio”: l’articolo 114 del codice di procedura penale vieta la pubblicazione letterale degli atti d’indagine – compresi quelli non più coperti dal segreto – fino alla conclusione dell’indagine stessa. Dura la reazione del Movimento Cinque Stelle che ha definito l’emendamento un “vergognoso bavaglio” che “colpisce e umilia il diritto dei cittadini ad essere informati. La maggioranza allargata ad Azione e Italia Viva, dimostra ancora una volta qual è la loro unica agenda in materia di giustizia: nascondere o lasciare impunite le malefatte della borghesia mafiosa, dei corrotti, dei comitati d’affari – sottolineano i rappresentanti in commissione Giustizia alla Camera dei deputati Stefania Ascari, Federico Cafiero De Raho, Valentina D’Orso e Carla Giuliano -. Sulla stessa scia il commento di Angelo Bonelli e Devis Dori dei Verdi e di Sinistra italiana: “Non possiamo certo ritenere che questo ministero della Giustizia che alterna annunci garantisti e panpenalismo di fatto possa avere il giusto equilibrio per trattare un tema così delicato”. E ancora, Sandro Ruotolo, storico inviato Rai, oggi responsabile del Partito democratico per l’informazione: “Da oggi siamo meno liberi – dice –. Con l’approvazione alla Camera della legge cosiddetta bavaglio, l’informazione nel nostro Paese è meno libera. La maggioranza più di destra che il nostro Paese abbia conosciuto dal dopoguerra ha deciso che la cronaca giudiziaria non va raccontata all’opinione pubblica. È vero, i processi non si fanno nelle piazze, ma nei tribunali. Ma decidere di vietare la pubblicazione degli integrali o degli stralci delle ordinanze cautelari fino alla conclusione delle indagini preliminari o all’udienza preliminare significa negare all’opinione pubblica il diritto di essere informata su temi come la lotta alla corruzione e la lotta alla mafia. I tempi del processo penale sono lunghi. La conclusione delle indagini preliminari può voler dire anche un anno, un anno e mezzo dal giorno dell’arresto. Fatti di interesse pubblico, una volta licenziata la legge, saranno così negati all’opinione pubblica. Conosceremo le malefatte dei colletti bianchi solo attraverso comunicati ufficiali: questa si chiama censura». L’Ordine dei giornalisti della Lombardia parla di “provvedimento triste e controproducente. Nel senso che rende più difficile raggiungere gli obiettivi che si propone. La nuova formulazione dell’articolo 114 del Codice di procedura penale, approvata dalla Camera, nega il principio di presunzione di innocenza e mette in difficoltà la possibilità di fare giornalismo corretto”. Il Consiglio lombardo considera il provvedimento “l’ennesima legge bavaglio che otterrà risultati opposti a quelli che si propone. È molto triste, infatti, che sia la segretezza delle decisioni delle Procure – uno dei poteri più incisivi, perché può limitare la libertà personale – a essere chiamata a tutelare un principio di grande civiltà giuridica, che richiede invece di essere portato fuori delle aule dei tribunali, ma nell’assoluta trasparenza delle decisioni prese dalla magistratura e delle loro motivazioni – si legge nel comunicato -. Soprattutto la norma, che non può certo comprimere il diritto di informare sui fatti, tutelato dall’intero ordinamento giuridico in varie forme, rende più difficile attingere le informazioni a fonti affidabili, aprendo la porta invece alle fonti più spregiudicate, interessate a dare una versione solo frammentaria di quanto sta accadendo, senza che i giornalisti abbiano la possibilità – dall’analisi degli atti giuridici nella loro interezza – di farsi un quadro preciso di quanto stia accadendo”.

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