Imponimento: la deposizione del collaboratore Accorinti e il controllo dei villaggi e dei voti
«Sul Club Med avevamo l’esclusiva: gli Stillitani avevano margini di manovra ma su alcuni settori decidevano le cosche»
di Alessia Truzzolillo
Deposizione del collaboratore di giustizia Antonio Accorinti di Briatico nel processo Imponimento che si sta svolgendo dinanzi al Tribunale collegiale di Lamezia Terme. Rispondendo alle domande del pm della Dda di Catanzaro, Antonio De Bernardo, l’attuale collaboratore di giustizia ha raccontato di aver avuto “un ruolo attivo nella cosca di ‘ndrangheta attiva su Briatico fin dal 2006, quando suo padre, il boss Antonino Accorinti, venne tratto in arresto. Ma già dagli anni Novanta lui seguiva le attività della famiglia mafiosa, essendo quello il brodo di coltura nel quale era nato e cresciuto. Antonio Accorinti ha parlato anche delle attività del suo gruppo criminale che andavano dal controllo sui villaggi turistici al più generale «controllo del territorio attraverso il consenso dei cittadini, insomma, il controllo delle strutture turistiche, cioè inserire gli operai che facevano comodo a noi, per le ditte che magari dovevano fornire i materiali per le stagioni estive o tutte queste cose qui…».
L’attività politica
Antonio Accorinti parla anche di «attività politica» ovvero «il controllo del settore politico nel senso che cercavamo ogni qualvolta ci fossero le elezioni comunali di formare una lista per poter vincere queste elezioni». «Questo a livello di Briatico?», chiede il pm. «Sì, facendo leva sul fatto che tra la nostra struttura alberghiera, il nostro villaggio e le altre strutture, a cui potevamo fare riferimento per far lavorare molte persone e le nostre attività comunque turistiche, davamo lavoro a molti e quindi avevamo un consenso popolare che ci permetteva di indirizzare le elezioni».
Nessuna estorsione dentro Briatico
Il pentito spiega che la politica di suo padre all’interno del paese era quella di non praticare estorsioni. «… mio padre è stato sempre contrario alle estorsioni nel paese, diciamo, no, alle attività del paese, perché pensava sempre che, diciamo, il consenso, il rispetto non derivante dalla forza o dalle pressioni fosse più genuino e comunque sarebbe servito per altro, appunto, soprattutto per le elezioni comunali». Quando parla di estorsioni ai villaggi si riferisce a un villaggio di Pizzo, fuori dal contesto di Briatico. In particolare il collaboratore si riferisce all’ex Club Med di Pizzo.
L’esclusiva sul Club Med
Per esempio, su quel villaggio gli Accorinti avevano l’esclusiva sulla navigazione turistica perché «Prostamo, con il direttore del villaggio, faceva pressione affinché ci venisse affidata questa esclusiva». La famiglia Accorinti nel 2006 aveva dapprima preso in affitto una motonave che si occupava di escursioni alle Isole Eolie. Dopo l’arresto del boss, il figlio aveva deciso di restituire la motonave e aveva preso accordi con una ditta di Ischia «nel senso che io – racconta – fornivo il lavoro, loro portavano le motonavi e tutto quello che c’era di utile a fine stagione lo dividevamo in parti uguali». L’arresto di Antonino Accorinti con l’operazione Odissea aveva rotto anche quelli che erano gli accordi di collaborazione con un tour operator che era sotto l’influenza dei La Rosa di Tropea. Restava l’esclusiva sull’ex Club Med di Pizzo «del dottore Stillitani» dove lo stesso collaboratore prima aveva lavorato in una ditta di impianti elettrici e poi alla guardiania del villaggio.
I lavori al villaggio e il potere delle cosche
Un villaggio sul quale le cosche avrebbero messo le mani fin dalla sua costruzione. «Nel ’97, ’98 mi ritirai da scuola e mio padre mi fece andare a lavorare con il marito di una sua cugina che aveva una ditta di impianti elettrici, l’anno successivo, proprio, prese questo lavoro, che era la seconda fase di realizzazione del villaggio, perché una prima fase era stata già fatta, quindi nel ’97, ’98, iniziammo a lavorare lì con questa ditta di impianti elettrici». Nello stesso villaggio «alla carpenteria c’era la ditta di Franco Barba mentre alla muratura c’era Guastalegname». Franco Barba, spiega il pentito, «faceva parte della consorteria dei Lo Bianco» e Antonio Accorinti spiega che «si accompagnava con Pantaleone Mancuso». Un episodio, di quel periodo, rimase in mente al collaboratore: un litigio fra il cognato e il nipote di Franco Barba aveva portato al repentino intervento di Pantaleone Mancuso: «il giorno successivo venne con Franco Barba nella postazione dove stavamo lavorando noi dell’albergo, ci chiamò e ci disse di non litigare perché era un suo amico e che dovevamo andare d’accordo». Successivamente il cognato spiegò ad Accorinti che «Franco Barba fa parte dei Lo Bianco». CONTINUA A LEGGERE QUI: I villaggi turistici del Vibonese in mano alla ‘ndrangheta, il pentito: «Così controllavamo anche il consenso politico»
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