Vibo, medico cubano lascia l’ospedale Jazzolino e va a lavorare nella clinica privata Villa dei Gerani
Il caso accertato è solo la punta dell’iceberg. Sarebbero molti i professionisti caraibici che nel corso degli ultimi mesi hanno mollato il settore pubblico nonostante l’accordo tra L’Avana e la Regione Calabria. C’è chi si è innamorato, chi è andato a lavorare in Francia, chi è andato in ferie e non è più tornato

I medici cubani, ormai lo abbiamo capito tutti, anche quelli che all’inizio ironizzavano, sono una benedizione per la sanità calabrese. Ma, al netto della vocazione più o meno accentuata a seconda dei casi, restano dei professionisti, gente che ha studiato per svolgere un lavoro altamente specializzato, molto richiesto e, spesso ma non sempre, ben remunerato. Quindi non dovrebbe stupire più di tanto se qualcuno decide di mollare il pubblico e andare a lavorare nel settore privato. Se non fosse che questi medici sono qui proprio per aiutare il sistema sanitario calabrese a non collassare.
È successo a Vibo Valentia, dove attualmente i medici cubani in servizio nei vari presidi ospedalieri, a cominciare dallo Jazzolino, sono 25. Qui, nel vecchio nosocomio cittadino che cerca di sopravvivere a se stesso nell’attesa che venga finalmente terminato il nuovo ospedale atteso da 20 anni, fino a circa un mese fa era in servizio nel reparto di Ortopedia uno dei camici bianchi della brigata cubana in forza all’Asp vibonese. Era, perché adesso questo ortopedico esercita a Villa dei Gerani, con un regolare di contratto di lavoro che si suppone molto più remunerativo di quello che lo legava alla struttura pubblica.
La conferma viene dall’Ufficio legale della clinica privata, a cui Il Vibonese ha chiesto un riscontro. «Sì – hanno risposto gli avvocati della nota struttura sanitaria – adesso lavora da noi con contratto a tempo determinato e sulla base di un regolare permesso di soggiorno in scadenza ma che sarà rinnovato ad agosto». Assunzione pienamente legittima, resa possibile anche dalle norme introdotte durante la pandemia da Covid che consentono fino al 2027 ai medici stranieri di spendere in Italia il proprio titolo di studio senza obbligo di equipollenza. In altre parole, chi ha conseguito la laurea nel proprio Paese di origine extra Ue può legittimamente esercitare in Italia senza che il suo titolo venga preventivamente ratificato. Una norma dettata a suo tempo dalla necessità di affrontare l’emergenza pandemica.
Il caso del dottore caraibico transitato dallo Jazzolino a Villa dei Gerani non è isolato. Ma trovare conferme su tutti gli altri episodi di cui si vocifera nei vari nosocomi vibonesi non è affatto facile, vista la delicatezza del tema. Così, ci sarebbe chi è andato in ferie ma non è più tornato in servizio, chi ha intrecciato una relazione sentimentale e si è dato alla macchia e chi ha preferito addirittura andare a lavorare in altri paesi europei, come in Francia.
La presenza dei medici cubani in Calabria è regolata da un accordo di cooperazione stipulato a suo tempo dalla Regione con la Comercializadora de Servicios Médicos Cubanos, una società governativa de L’Avana. La convenzione prevede l’invio complessivo di 497 medici divisi in vari scaglioni, sulla base di un contratto che prevede 40 ore settimanali a fronte di uno stipendio di 4700 euro, di cui solo 1200 euro restano al professionista a titolo di rimborso spese, mentre la parte residua (3500 euro) viene trasferita direttamente alla società cubana fornitrice del servizio.
Proprio l’esiguità del compenso percepito da ogni singolo medico è stata recentemente al centro di una inchiesta di CubaNet, un network dissidente con sede in Florida secondo il quale anche quei 1200 euro sarebbero ulteriormente decurtati, tanto che alla fine al medico resterebbe in tasca solo tra il 28% e il 46% del salario base netto che percepisce in Italia, e appena il 28,5% (o anche meno) delle ore straordinarie e altri benefit, come le tredicesime. L’inchiesta, raccontata e rilanciata da LaC News24 nei giorni scorsi, ha sollevato un polverone, con interrogazioni parlamentari e regionali da una parte e reazioni stizzite delle autorità cubane dall’altra. Alla fine, dunque, se qualcuno decide di saltare il fosso e passare nel settore privato, biasimarlo diventa davvero difficile.