Cinque condanne all’ergastolo ed una a 30 anni di reclusione. Sono queste le richieste del pm della Dda di Catanzaro, Camillo Falvo, nei confronti degli imputati per il tentato omicidio e poi per l’omicidio di Giuseppe Matina, detto “Gringia”, di Stefanaconi. Il processo si sta svolgendo con rito abbreviato che consente lo sconto di pena pari ad un terzo in caso di condanna. “Sconto” che in questo caso è valso solo la mancata richiesta dell’isolamento diurno per gli imputati nei cui confronti è stata richiesta la condanna al carcere a vita. L’ergastolo è stato chiesto per: Giuseppina Iacopetta (cl. ’54), vedova del boss di Stefanaconi, Fortunato Patania; Giuseppe Patania (cl. ’80); Nazzareno Patania (cl. ’73); Saverio Patania (cl. ’76); Salvatore Patania (cl. ”78), tutti figli di Fortunato Patania e Giuseppina Iacopetta. Per Nicola Figliuzzi (cl. ’90) di Sant’Angelo di Gerocarne, la richiesta di pena formulata dal pm ammonta invece a 30 anni.
Parti offese. Parti lese del tentato omicidio e dell’omicidio di “Gringia” vengono indicati la moglie Loredana Patania e gli altri familiari della vittima ovvero Domenico, Nazzareno e Caterina Matina.
Difensori. Nel collegio di difesa degli imputati ci sono gli avvocati Antonio Barilaro, Giuseppe Di Renzo, Nicola Cantafora, Gregorio Viscomi, Sergio Rotundo, Costantino Casuscelli, Vincenzo Strazzullo, Giancarlo Pittelli.
Sebbene il fatto di sangue (omicidio e tentato omicidio di Giuseppe Matina) faccia parte della più vasta inchiesta denominata “Gringia” e si inquadri nella “guerra di mafia” che ha visto contrapposti i Patania al clan di Stefanaconi che sarebbe capeggiato da Emilio Bartolotta – oltre ad altra faida che ha visto opposti i Patania al clan dei Piscopisani – , la Dda di Catanzaro ha scelto di frazionare in diversi tronconi processuali quella che appare come un’unica indagine retta da un unico filo-conduttore.
In Corte d’Assise a Catanzaro è così stato celebrato il processo denominato “Gringia” in cui vengono contestati altri fatti di sangue ai medesimi imputati, mentre per l’associazione mafiosa si è preferito procedere con una distinta operazione denominata “Romanzo criminale” che ha formato oggetto di un separato dibattimento giunto a sentenza dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia.
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