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Omicidio Colloca a Pizzo, imputati ammessi al rito abbreviato

Per sei di loro il processo con rito alternativo prevede la nomina di perito super partes da parte del giudice. Il corpo dell’infermiere è stato ritrovato cadavere il 25 settembre 2010 in una pineta

Omicidio Colloca a Pizzo, imputati ammessi al rito abbreviato
Il Tribunale di Vibo Valentia

Processo con rito abbreviato per tutti gli imputati coinvolti nel procedimento penale che mira a far luce sull’omicidio di Nicola Colloca, l’infermiere 48enne dell’ospedale di Vibo, residente a Vena Superiore, ucciso e bruciato vivo nella sua Opel Corsa ed il cui cadavere è stato ritrovato carbonizzato il 25 settembre del 2010 in una pineta a Pizzo. Il gup del Tribunale di Vibo Valentia, Marina Russo, ha infatti ammesso al processo con rito alternativo (che comporta uno sconto di pena pari ad un terzo in caso di condanna ed un processo a “porte chiuse” ed allo “stato degli atti” dinanzi allo stesso gup) gli imputati: Caterina Gentile, 50 anni, moglie della vittima, e Luciano Colloca, 28 anni, figlio dell’infermiere (avvocati Guido Contestabile e Pietro Chiappalone), Michele Rumbolà, 64 anni, di Vibo (avvocato Francesco Muzzopappa). Nei loro confronti il giudice ha ammesso la richiesta di processo con rito abbreviato condizionato alla nomina di un perito super partes nominato dal giudice il cui incarico verrà conferito il 25 febbraio prossimo. Abbreviato condizionato a tale nomina del perito anche per i seguenti imputati: Caterina Magro, 43 anni, nata a Vibo, ma residente a Terni (avvocato Francesco Muzzopappa); Nicola Gentile, 56 anni, di Vibo (avvocato Costantino Casuscelli) e Domenico Gentile, 44 anni, di Arena (avvocato Bruno Ganino), cognati di Nicola Colloca. Sono tutti accusati di concorso in omicidio e distruzione di cadavere. Alla moglie ed al figlio della vittima, Caterina Gentile e Luciano Colloca, unitamente a Michele Rumbolà, viene inoltre contestata la premeditazione del delitto, mentre a moglie e figlio anche l’aggravante di aver agito contro un familiare nei reati di concorso in omicidio e distruzione di cadavere. [Continua dopo la pubblicità]

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, la vittima sarebbe stata colpita violentemente con un corpo contundente in testa che ha provocato a Nicola Colloca un trauma cranico contusivo e fratturativo sulla porzione sinistra della volta cranica, produttivo di conseguenze encefaliche ed emorragiche. Gli imputati avrebbero poi distrutto il cadavere dandolo alle fiamme unitamente all’auto della vittima.

Abbreviato secco, invece (non condizionato quindi alla nomina di alcun perito) per i coniugi: Domenico Antonio Lentini, 58 anni,e Romanina D’Aguì, 54 anni, entrambi di Vibo Valentia, difesi dall’avvocato Enzo Gennaro ed accusati di favoreggiamento personale. Secondo l’accusa, i due – convocati in più occasioni dalla polizia giudiziaria quali persone informate dei fatti – avrebbero reso dichiarazioni false e reticenti. In particolare, Romanina D’Aguì avrebbe negato di aver fornito aiuto per la ricerca di documentazione inerente un ricovero e degli esami clinici del defunto Nicola Colloca e di avere interessato Domenico Gentile affinchè si adoperasse a fornire indicazioni in merito all’autopsia su Colloca. Domenico Antonio Lentini avrebbe invece fornito agli investigatori indicazioni errate circa i riferimenti temporali inerenti il rinvenimento del cadavere di Nicola Colloca. In tal modo, D’Aguì e Lentini avrebbero aiutato gli autori dell’omicidio ad eludere le indagini della polizia giudiziaria. 

Movente del fatto di sangue, ad avviso della Procura, l’acquisizione dell’eredità della vittima, ovvero circa 200mila euro accumulati dall’infermiere Nicola Colloca. Un fatto di sangue che presenta ancora diversi retroscena, con due relazioni extraconiugali a fare da sfondo ad un omicidio agghiacciante ed efferato per le modalità ed il successivo tentativo di sviare le indagini.

E’ stato l’antifurto satellitare dell’auto della vittima a fornire indicazioni utili ai carabinieri (della Stazione di Pizzo Calabro guidati all’epoca dai marescialli Pietro Santangelo e Paolo Fiorello) – che avevano ricevuto la segnalazione della scomparsa –  per condurli sino ad una pineta isolata nel territorio di Pizzo. La morte di Nicola Colloca sarebbe avvenuta nel pomeriggio del 24 settembre 2010. Le indagini hanno permesso inoltre di accertare che prima di arrivare sul luogo dove è stato ritrovato il cadavere, l’auto di Colloca – guidata probabilmente da uno dei familiari – ha viaggiato senza meta per le strade di Vibo Valentia.

Le parti civili (Colloca Antonio, Colloca Francesca Giuseppina e Panzitta Caterina) sono rappresentate dall’avvocato Diego Brancia. 

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