venerdì,Aprile 19 2024

Omicidio Ripepi a Piscopio, condanna per l’ex cognato

Il processo si è svolto con il rito abbreviato dinanzi al gup del Tribunale di Vibo Valentia

Omicidio Ripepi a Piscopio, condanna per l’ex cognato
In foto nel riquadro Massimo Ripepi
Giuseppe Carnovale

Ventuno anni di reclusione e seimila euro di multa. Questo il verdetto del gup del Tribunale di Vibo Valentia, Marina Russo, al termine del processo con rito abbreviato che ha registrato la condanna di Giuseppe Carnovale, 50 anni, di Piscopio, raggiunto il 26 ottobre 2018 da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere con l’accusa di omicidio ai danni dell’ex cognato Massimo Ripepi, il 42enne ucciso il 21 ottobre precedente a colpi di pistola in via Regina Margherita a Piscopio. Il pm Corrado Caputo aveva chiesto 18 anni di reclusione e seimila euro di multa. L’imputato è stato condannato anche all’interdizione perpetua dai pubblici uffici ed all’interdizione legale per la durata della pena, oltre al risarcimento dei danni alle parti civili nella misura di 270mila euro nei confronti di Serafina Catanea (mamma della vittima), e 150mila euro nei confronti di Giuseppina Ripepi, sorella di Massimo (rappresentate dall’avvocato Nicola Lo Torto). L’azione omicidiaria si era svolta mentre Ripepi si era dato alla fuga alla vista di Carnovale armato di pistola e da qui l’accusa di omicidio volontario. I colpi d’arma da fuoco erano stati esplosi quando la vittima già si trovava all’interno di una sala giochi di Piscopio, ad una distanza di sparo di pochi metri e nel corso di un inseguimento. [Continua dopo la pubblicità]

Anche secondo la Cassazione, che si era pronunciata in sede cautelare confermando il carcere per l’imputato, le modalità dell’azione delittuosa, “preceduta dall’acquisizione della disponibilità di un’arma da fuoco, dall’esplosione di plurimi colpi, anche all’interno di un locale pubblico con il rischio di attingere persone estranee”, sono tutti elementi indicativi di una “spiccata capacità criminale” di Giuseppe Carnovale che “non si ritiene circoscritta all’episodio specifico”.
Il movente viene ricondotto dagli inquirenti (carabinieri e Squadra Mobile di Vibo) all’ambito familiare. Alle spalle, un contesto di vessazioni alle quali la vittima avrebbe reiteratamente sottoposto l’ex moglie e i figli, dopo la fine del suo matrimonio. Maltrattamenti e persecuzioni erano state oggetto di più denunce e causa di un primo tentativo d’omicidio che Massimo Ripepi subì nel giugno del 2017 ad opera del suo secondogenito, già reo confesso. Giuseppe Carovale era difeso dall’avvocato Adele Manno.
La mamma e la sorella della vittima – rispettivamente Serafina Catanea e Giuseppina Ripepi – si erano costituite parti civili con l’avvocato Nicola Lo Torto.

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