‘Ndrangheta: Salvatore Mancuso assolto dall’accusa di estorsione

Estorsione aggravata dal metodo mafioso. Questa l’accusa per la quale il Tribunale collegiale di Vibo Valentia ha emesso sentenza di assoluzione con formula ampia nei confronti di Salvatore Mancuso, 50 anni, di Limbadi, da un paio di anni residente a Giussano, in Lombardia. Era stato il Tribunale monocratico di Vibo Valentia, presieduto dal giudice Lucia Monaco, a restituire il 19 novembre 2015 gli atti al pm della Procura di Vibo Valentia, Michele Sirgiovanni, affinchè li trasmettesse per competenza alla Dda di Catanzaro. A chiedere ed ottenere il rinvio a giudizio era stato poi il pm della Dda, Camillo Falvo.

Al termine della requisitoria, il pm Annamaria Frustaci aveva oggi chiesto la condanna per Mancuso – difeso dall’avvocato Francesco Stilo – a 8 anni e 9 mesi di reclusione. L’accusa non ha però retto e l’imputato è stato assolto.

L’originario capo di imputazione per il quale Mancuso si trovava sotto processo dinanzi al Tribunale monocratico di Vibo era quello di furto di beni esposti per necessità alla pubblica fede a Limbadi. In particolare, il furto riguarda 53 aste di perforazione, una punta per trivella ed un occhiello in ferro filettato. Si trattava di una contestazione emersa nell’ambito di un filone investigativo dell’inchiesta denominata “Ultimo Incanto” condotta sul campo dalla Squadra Mobile di Vibo Valentia. Parte lesa nella vicenda giudiziaria che interessa Salvatore Mancuso era l’imprenditore vibonese Salvatore Barbagallo, attuale testimone di giustizia, difeso dall’avvocato Giacinto Inzillo. L’intera operazione “Ultimo Incanto” della Squadra Mobile di Vibo era poi scattata, con il coordinamento della locale Procura, il 13 maggio 2010 contro un “sistema” di aste giudiziarie truccate ed irregolari. Da furto l’accusa era poi divenuta quella di estorsione, ma oggi è franata dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo.

Salvatore Mancuso è figlio di Ciccio Mancuso, ritenuto il capo storico della “famiglia”, deceduto il 17 agosto 1997 per un male incurabile. Si tratta dello stesso Francesco, “Ciccio”, Mancuso, che nel 1983 si candidò alla carica di consigliere comunale nel Comune di Limbadi risultando il secondo degli eletti pur essendo all’epoca latitante. L’allora presidente della Repubblica, Sandro Pertini, appresa la notizia, sciolse d’autorità quel Consiglio comunale subito dopo le elezioni impedendone l’insediamento. Si trattò del primo scioglimento per mafia in Italia di un Consiglio comunale, pur non esistendo all’epoca una legge sullo scioglimento per infiltrazioni mafiose degli enti locali.

Salvatore Mancuso è stato già condannato dal Tribunale di Monza per usura, reati legati agli stupefacenti e detenzione illegale di un consistente arsenale di armi da guerra rinvenuto in un box di Seregno.

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