mercoledì,Aprile 24 2024

Processo Nemea, il collaboratore Arena: «Leone Soriano viveva per uccidere Accorinti»

Il ruolo del clan di Pizzinni di Filandari nella ‘ndrangheta vibonese e l’omicidio di Roberto Soriano. Il proposito di Leone Soriano di venire a Vibo per eliminare Rosario Pugliese e fare così un favore ai Pardea

Processo Nemea, il collaboratore Arena: «Leone Soriano viveva per uccidere Accorinti»

Ha fatto il suo esordio in un dibattimento il collaboratore di giustizia, Bartolomeo Arena, che dall’ottobre scorso ha deciso di collaborare con i magistrati della Dda di Catanzaro. Il processo è quello nato dall’operazione antimafia denominata “Nemea” contro il clan Soriano e Bartolomeo Arena, dopo aver chiarito i motivi alla base della scelta di collaborare e quindi le dinamiche all’interno del locale di ‘ndrangheta di Vibo Valentia, si è soffermato a lungo sulla consorteria di Pizzinni di Filandari. A condurre l’esame – dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia presieduto dal giudice Tiziana Macrì – il pm della Dda di Catanzaro Annamaria Frustaci. Per il contro-esame sono invece intervenuti gli avvocati Diego Brancia, Giovanni Vecchio, Giuseppe Di Renzo, Sergio Rotundo, Enzo Galeota e Daniela Garisto. Bartolomeo Arena è assistito dall’avvocato Giovanna Fronte. [Continua]

Leone Soriano

“Leone Soriano io non lo conosco di persona, nel senso che l’ho visto solo una volta negli anni novanta e da allora non l’ho più rivisto. Nei primi anni novanta – ha ricordato Arena – ci fu una discussione tra Leone Soriano e Antonio Grillo, detto Totò Mazzeo, perché Leone Soriano nel 1992 aveva appoggiato una bottiglia di liquido infiammabile presso un negozio di telefonia sito in Vibo Valentia e non lo poteva fare, perché lui non è che poteva venire da Pizzinni a mettere la bottiglia a Vibo e ci fu un chiarimento presso proprio la sede di quel negozio. Il negozio era l’allora Omnitel dei fratelli Serra e era situato nelle vicinanze della biblioteca comunale”. Antonio Grillo, detto Totò Mazzeo, era all’epoca un personaggio di rilievo del clan Lo Bianco di Vibo Valentia.

E’ intervenuto Mazzeo perché i suddetti Serra erano suoi amici e, poi, siccome Antonio Grillo, Totò Mazzeo, era un referente per la zona di Vibo, si allarmò di questa cosa che ha fatto Leone Soriano. Poi, per giunta, il Leone Soriano all’epoca non era nemmeno un soggetto appartenente alla ‘ndrangheta, apparteneva al suo gruppo, ma lui non era nemmeno nella ‘ndrangheta perché, per come mi fu detto, si affacciò alla ‘ndrangheta tardi dal punto di vista ‘ndranghetistico”.

Roberto Soriano

Bartolomeo Arena introduce quindi la figura di Roberto Soriano (cl. ’69), scomparso per lupara bianca nell’agosto del 1996. “Io conoscevo bene Roberto Soriano, fratello di Leone Soriano, e poi i loro fratelli Alessandro e Franco. Poi ho conosciuto pure Mimmo. Io tutto quello che so di Leone Soriano – ha riferito Bartolomeo Arena – lo so tramite i cugini Domenico Macrì e Francesco Antonio Pardea, perché quando sono usciti dal carcere Francesco Antonio Pardea mi disse che dovevamo rispettarci molto con i Soriano perché erano nostri fratelli.

Roberto Soriano si è affacciato prima nella ‘ndrangheta e era lui il capo di quella zona di Pizzinni, Nao e zone limitrofe e lui ebbe proprio una investitura proprio formale per volere del boss Giuseppe Mancuso, detto Mbrogghia. Vincenzo Barba, detto il Musichiere, disse la messa di capo società e lo fece presentare in tutte le cinque provincie della Calabria, lo fece riconoscere dappertutto come capo per volere di Giuseppe Mancuso”.

La lite fra i Soriano e Bartolomeo Arena. Il collaboratore ricorda quindi che in un’occasione i Soriano “chiamarono Totò Mazzeo e gli dissero che sarebbero saliti a Vibo per picchiare me e Lorenzo Lo Bianco, figlio di Antonio Lo Bianco. Totò Mazzeo si litigò per telefono con Roberto Soriano e gli disse di non permettersi a Vibo di toccare né me, né Lorenzo Lo Bianco. Totò Mazzeo ci avvisò di starci guardinghi, tanto che mi fornì pure una pistola. Poi io e Totò Mazzeo ci siamo recati per incontrare Vincenzo Barba, detto il Musichiere, per dargli conto di questa cosa che era successa, perché poteva succedere il peggio. Quando siamo andati a parlare con Vincenzo Barba lui disse che se la sarebbe vista lui con Roberto Soriano e che veniva lui con noi, perché i Soriano di fatto erano già in Piazza Municipio che aspettavano di incontrarci. All’incontro, quindi, con me e con Totò Mazzeo venne Vincenzo Barba e si vide che con Roberto Soriano c’era del feeling.

Vincenzo Barba

Roberto Soriano ebbe un atteggiamento molto diverso quando ci fu la figura di Vincenzo Barba davanti e, poi, successivamente, Antonio Grillo, Totò Mazzeo, mi spiegò era stato Enzo Barba a investire Roberto Soriano della carica di capo società per volere di Giuseppe Mancuso, detto Mbrogghia”. Dopo la morte di Roberto Soriano, le redini del clan di Pizzinni di Filandari – ad avviso di Bartolomeo Arena – sarebbero passate al fratello Leone Soriano.

L’omicidio Roberto Soriano. Anche Bartolomeo Arena ha quindi reso dichiarazioni sulla scomparsa di Roberto Soriano. Dichiarazioni che riscontrano quelle analoghe rilasciate su tale fatto di sangue anche dai collaboratori di giustizia, Andrea Mantella e Emanuele Mancuso.

Saverio Razionale

Per quanto mi è stato riferito – ha dichiarato il collaboratore – Roberto Soriano e Antonio Lo Giudice di Piscopio si sono recati presso le zone di competenza del boss Giuseppe Accorinti, di Zungri, perché dovevano reperire una macchina che era stata rubata, credo, all’amante del tempo di Antonio Lo Giudice. Andarono dall’Accorinti per vedere se questa macchina si poteva trovare, dal momento che gli stessi Soriano non ne sapevano nulla, perché anche loro erano attivi nel campo delle auto rubate. Giuseppe Accorinti gli ha detto di ritornare e sicuramente avrà avvisato il boss Saverio Razionale di San Gregorio d’Ippona. Quando poi sono tornati a prendersi la macchina, si sono trovati davanti coloro che li volevano uccidere. In pratica, gli hanno fatto la carretta. So che Antonio Lo Giudice era stato invitato ad andarsene, perché non c’entrava nulla. Però lui, da vecchio uomo d’onore, gli ha detto che non sarebbe andato via senza Roberto Soriano. E, quindi, in quella circostanza uccisero sia l’uno, che l’altro”. Siamo nell’agosto del 1996e tali circostanze sulla scomparsa di Roberto Soriano sarebbero state raccontate a Bartolomeo Arena da “Francesco Antonio Pardea che era molto amico di Giuseppe Soriano, il figlio di Roberto Soriano”.

Giuseppe Accorinti

Leone Soriano viveva per uccidere Accorinti. “Peppone Accorinti, boss di Zungri, e Leone Soriano erano sicuramente acerrimi nemici. Leone Soriano – ha dichiarato il collaboratore – viveva per uccidere Peppone Accorinti. Io lo so perché Leone Soriano di queste questioni ne ha parlato più volte sia con Domenico, Mommo, Macrì, sia con Francesco Antonio Pardea. Ne hanno parlato in carcere e ne hanno parlato fuori. Leone Soriano, questa è una cosa risaputa nell’ambito ndranghetistico, è proprio nemico giurato, lo voleva morto a tutti i costi a Giuseppe Accorinti. Anzi, persino si rivolse, ci fu uno scambio di opinioni tra lui e il mio gruppo in merito”.

Rosario Pugliese

Leone Soriano doveva uccidere Cassarola. Fra il clan Soriano e il clan Pardea a cui apparteneva Bartolomeo Arena si sarebbe ragionato di un reciproco scambio di favori. In pratica – ha dichiarato Arena – Mommo Macrì si recava spesso a trovare Leone Soriano, anche perché avevano rapporti di stupefacenti. In quell’occasione Leone Soriano disse a Mommo Macrì di portare una imbasciata al cugino Francesco Antonio Pardea. L’imbasciata consisteva nel fatto che, se i Pardea erano d’accordo, Leone Soriano sarebbe venuto a Vibo ad uccidere Rosario Pugliese, alias Cassarola. Poi, però, il gruppo dei Pardea – Camillò – Macrì avrebbe dovuto uccidere il boss Giuseppe Peppone Accorinti a Vibo. In pratica, a Leone Soriano veniva più difficile prendere a Peppone Accorinti. Gli veniva invece più facile fare l’omicidio di Rosario Pugliese e di conseguenza anche al mio gruppo veniva più facile prendere Peppone Accorinti che non Rosario Pugliese”.

Gli arresti per l’operazione “Nemea” contro il clan Soriano e la decisione di Bartolomeo Arena di collaborare con la giustizia hanno fatto saltare ogni accordo criminale. Rosario Pugliese è latitante da dicembre per l’operazione “Rinascita-Scott” che lo pone al vertice di un’autonoma ‘ndrina (c.d. Cassarola) un tempo inclusa nel clan Lo Bianco-Barba. Giuseppe Accorinti si trova invece in carcere per l’operazione “Rinascita-Scott” con una sfilza di accuse fra cui anche l’eliminazione di Roberto Soriano.

1/CONTINUA

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