Ad Acquaro, nel Vibonese, il 15 gennaio del 1994 venne rapito e poi ucciso Giuseppe Russo, giovane di 22 anni il cui cadavere fu rivenuto in una fossa solo mesi dopo, il 21 marzo, e solo grazie alle rivelazioni di uno dei suoi assassini, che si decise a collaborare con la giustizia.
Le dichiarazioni dell’uomo permisero di appurare che il rapimento e l’omicidio di Giuseppe furono decisi da un boss della ‘ndrangheta, Antonio Gallace di Gerocarne, che non accettava il fidanzamento del giovane con sua cognata. Coinvolti nel delitto anche elementi delle “famiglie” Albanese di Candidoni, Oppedisano e Morfei di Monsoreto di Dinami.
Nelle sentenze si parla di “visione distorta delle ragioni di onore familiare, tipiche di chi con atteggiamento mafioso vuole dimostrare la supremazia sul territorio”.
I pentiti, che poi sono anche gli esecutori materiali del delitto, in sede processuale hanno riferito che l’omicidio è stato compiuto da loro per fare un favore al boss che aveva ordinato il delitto.
Un dolore che a quasi 24 anni di distanza, non accenna a diminuire per la madre che non si spiega perché suo figlio sia stato ucciso solo per essersi innamorato della cognata di un boss, destinata, nella logica di ‘ndrangheta, a diventare merce di scambio per costruire nuove alleanze criminali.
Ecco l’intervista realizzata a Teresa Lochiatto, madre della vittima, andata in onda nel Tg di LaC News24: