Richiesta di rinvio a giudizio del pm della Procura di Vibo Valentia, Benedetta Callea, per l’inchiesta sull’acquisto del palazzo dell’Aterp in via Machiavelli a Vibo. Vengono, a vario titolo, ipotizzati i reati di truffa aggravata, abuso d’ufficio in concorso, falsità ideologica e turbativa d’asta. Il gup ha fissato l’inizio dell’udienza preliminare per il 10 maggio prossimo.
Le singole accuse. Nei confronti degli imprenditori Nazzareno Guastalegname di Stefanaconi ed Antonino Stagno di San Calogero, titolari dell’impresa “DGS srl” (ditta Guastalegname-Stagno), viene ipotizzata l’accusa di concorso in abuso d’ufficio in quanto “non limitandosi alla mera presentazione dell’istanza di partecipazione alla gara (offerta in locazione di immobile) ma agendo – secondo la Procura – in piena collusione con i pubblici ufficiali, avrebbero ottenuto l’ingiusto vantaggio concretizzatosi nella differenza tra il prezzo d’acquisto corrisposto dalla “D.G.S. srl” alla M.p.s. Leasing & Factoring, per tutta l’operazione di leasing, e quanto ottenuto dalla vendita da parte di D.G.S. srl all’Aterp, pari a 798.026,69 euro”.
Giuseppe Maria Romano risponde invece in qualità di direttore dell’Aterp sino al 4 novembre 2011. Secondo l’accusa, l’Aterp prima di ricorrere ad una ricerca di mercato per la scelta della sede avrebbe dovuto preventivamente procedere alla verifica della disponibilità di beni demaniali o patrimoniali della Regione. L’allora direttore dell’Aterp di Vibo avrebbe così – secondo l’accusa – disposto, tramite un avviso pubblico datato 22 settembre 2010, un’indagine di mercato finalizzata alla locazione/acquisto di un immobile da adibire a sede dell’azienda. Allo stesso Romano viene poi contestata l’emissione di una serie di delibere quale quella dell’aggiudicazione provvisoria della gara da parte della società D.G.S. srl, la delibera di approvazione della gara relativa alla locazione ed all’aggiudicazione definitiva in favore della D.G.S. srl. Si contesta a Giuseppe Romano anche di aver “acconsentito alle integrazioni dell’iniziale offerta di locazione (immobile di 466 metri quadri di superficie ad un canone annuo di 45.600,00 euro rispondente alle esigenze dell’ente) giungendo a locare l’intero immobile per una superficie di 828 metri quadri ed 80mila euro di canone annuo”.
Emilio Minasi, Giuseppe Raffele e Luciano De Pascali rispondono invece di concorso in abuso d’ufficio in qualità di membri della commissione di gara. Avrebbero omesso, secondo la Procura, di effettuare i dovuti controlli in ordine alla veridicità di quanto dichiarato dalla D.G.S. srl nonché sull’effettivo possesso da parte della medesima società dei requisiti previsti dal bando di gara, non rilevando la mancanza in capo alla società della proprietà dell’immobile offerto in vendita.
Antonino Daffinà viene chiamato in causa quale commissario straordinario dell’Aterp dal novembre 2011 all’aprile 2015. Gli viene contestato di non essersi astenuto dalla procedura di acquisto dell’immobile sede dell’Aterp di via Macchiavelli dalle eredi Cannatelli, prendendo accordi con le proprietarie e concordando con loro il prezzo di acquisto. Vengono poi contestate le procedure dei contratti di locazione dell’immobile ed un certificato di agibilità del palazzo.
Giuseppe Gentile risponde invece quale ex assessore regionale ai Lavori pubblici in concorso con Domenico Pallaria, in qualità di dirigente generale del Dipartimento Lavori pubblici della Regione Calabria. Ad avviso del pm, i due avrebbero violato una serie di norme di legge sui fondi Gescal. In particolare, Pino Gentile – attuale vice presidente del Consiglio regionale della Calabria – nel 2014 avrebbe proposto alla giunta regionale la modifica della possibilità di utilizzare i fondi Gescal per superare particolari criticità finanziarie nell’ambito di uno specifico “Piano di rientro” capace di giustificare l’utilizzazione transitoria di tali fondi. Sulla delibera in questione, ad avviso degli investigatori, Domenico Pallaria avrebbe dichiarato di aver compiuto l’istruttoria attestandone la regolarità amministrativa “così consentendo lo svincolo dei fondi Gescal destinati invece all’edilizia residenziale e, conseguentemente, il loro utilizzo per l’acquisto della sede dell’Aterp di Vibo. Il tutto – sostiene la Procura – grazie all’induzione in errore della giunta regionale che approvava e sottoscriveva la delibera in oggetto”.
Stessa contestazione viene rivolta ad Antonio Capristo, in qualità di dirigente del Dipartimento Lavori pubblici della Regione, mentre Nicola Bosco, Vito Caglioti, Nicola Barbuto vengono chiamati in causa quali membri del collegio dei revisori dei conti dell’Aterp di Vibo (Barbuto quale presidente, Caglioti e Bosco quali componenti effettivi), nominati per il periodo che va dal 25 marzo 2010 al 5 agosto 2013 con decreto del presidente della giunta regionale. Secondo l’accusa, i componenti del collegio dei revisori dei conti avrebbero omesso di esercitare i loro poteri di controllo su alcune delibere dell’Aterp aventi ad oggetto l’acquisto della sede. Stessa accusa – in relazione però ad altre delibere – anche per Giuseppe Pepe (presidente del collegio dei revisori dei conti) e Michele Montagnese ed ancora Vito Caglioti, nominati revisori dei conti dal 5 agosto 2013 al 5 febbraio 2015. In particolare, a tali ultimi tre indagati viene contestato di aver omesso di vigilare affinchè venissero posti in essere tutti gli adempimenti necessari per l’attuazione del programma di rientro consistente in programmi di investimento indirizzati all’incremento del patrimonio immobiliare utilizzando le economie derivanti dai risparmi annui quantificati in 142.000,00 euro.
Per Serafino Fiamingo, revisore unico dei conti dell’Aterp di Vibo dal 5 febbraio 2015 al 9 maggio 2016, l’accusa è quella di aver omesso di indicare nella relazione sul conto consuntivo dell’esercizio 2014 l’avvenuto acquisto della sede dell’Aterp e l’accensione tra i capitoli di bilancio del debito nei confronti della Regione.
L’aggiudicazione della gara bandita il 22 settembre 2010 dall’Aterp di Vibo per la sede dell’Azienda costa quindi l’accusa di turbata libertà degli incanti a Nazzareno Guastalegname, Antonino Stagno, Giuseppe Maria Romano, Tonino Daffinà, Emilio Minasi, Giuseppe Raffele e Luciano De Pascali.
Altre contestazioni inerenti l’accusa di falso vengono mosse a Domenico Pallaria, Antonino Daffinà, Nazzareno Guastalegname e Antonino Stagno, mentre la contestazione di truffa viene mossa a Giuseppe Gentile, Antonio Capristo, Domenico Pallaria, Antonino Daffinà, Nazzareno Guastalegname e Antonino Stagno.
Nel collegio di difesa figurano gli avvocati: Diego Brancia, Francesco Muzzopappa, Guido Siciliano, Giancarlo Pittelli, Domenico Colaci, Giovanni Spataro, Salvatore Staiano, Giuseppe Varone, Mario Ferraro, Sergio Rotundo, Sabrina Caglioti, Massimo De Pascoli, Francesco Bertuccio, Bruno Anello, Bruno Ganino, Antonio Barilaro.
In foto dall’alto in basso: Giuseppe Gentile, Domenico Pallaria, Giuseppe Romano e Michele Montagnese