Resta al suo posto la presidente della Corte d’Appello di Catanzaro che il ricorrente voleva sostituire avendo fatto parte del Collegio che ha giudicato il clan Soriano nell’operazione Nemea
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Sono state depositate dalla sesta sezione penale della Cassazione, le motivazioni alla base del rigetto del ricorso del boss di Zungri Giuseppe Accorinti avverso la decisione della Corte d’Appello di Catanzaro, emessa il 21 febbraio scorso nell’ambito del processo di secondo grado per la maxioperazione antimafia Rinascita Scott. In primo grado Giuseppe Accorinti è stato condannato dal Tribunale di Vibo (un Collegio diverso da quello degli altri imputati dopo lo stralcio della sua posizione) a 30 anni di reclusione per associazione mafiosa (con l’aggravante di essere il capo promotore del “locale” di ‘ndrangheta di Zungri) e altri reati-fine. In appello la sua posizione è stata quindi riunita a quella degli altri imputati del troncone con rito ordinario.
Il ricorso di Accorinti
Giuseppe Accorinti aveva in particolare impugnato in Cassazione l'ordinanza con la quale nel febbraio scorso la Corte d’Appello di Catanzaro ha rigettato la sua richiesta di ricusazione avanzata nei confronti del giudice Loredana De Franco, presidente del Collegio investito del giudizio di secondo grado del maxiprocesso Rinascita Scott. Tale richiesta era fondata sul fatto che il medesimo giudice aveva concorso a pronunciare, quale presidente del Collegio, la sentenza d’appello nel processo “Nemea” nei confronti di Leone Soriano e altri imputati di Filandari. Un procedimento avente ad oggetto l'imputazione di partecipazione all'associazione di stampo mafioso dei Soriano di Filandari, contrapposta alla cosca Accorinti di Zungri, con una sentenza nella quale la posizione di Giuseppe Accorinti sarebbe stata incidentalmente valutata con riferimento alla contestazione associativa e alla ricostruzione dei rapporti conflittuali tra le due consorterie, attribuendo ad Accorinti (non imputato nel processo Nemea) la veste di esponente di vertice dell’omonima cosca. Ad avviso del ricorrente, dunque, con la motivazione nel processo "Nemea" si è sostanzialmente anticipato il giudizio sulla sua responsabilità nel procedimento in corso nato dall’operazione Rinascita Scott.
Le ragioni della Cassazione
Il ricorso di Giuseppe Accorinti per la Suprema Corte è “inammissibile in quanto - oltre a non confrontarsi con la dichiarazione di inammissibilità dell'istanza di ricusazione per la mancata allegazione di atti relativi al processo cui la stessa si riferisce - è generico e confutativo”. La Corte d’Appello di Catanzaro ha infatti “escluso che le argomentazioni contenute nella sentenza che ha definito il processo "Nemea" costituiscano una anticipazione del giudizio di responsabilità in ordine alle imputazioni contestate in Rinascita Scott ad Accorinti in quanto i passaggi relativi al ricorrente e al suo ruolo di "boss di Zungri" si inseriscono nel contesto ricostruttivo del contenuto delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia in merito, peraltro, alla sola vicenda dell'omicidio di Roberto Soriano risalente agli anni '90. Appare, dunque, evidente, sulla base di tale ineccepibile argomentazione – conclude la Cassazione - che non vi è stata alcuna anticipazione del giudizio di responsabilità del ricorrente Accorinti”. Da qui l’inammissibilità del ricorso e la condanna di Giuseppe Accorinti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

