Mileto antica, il lavoro dell’Università di Siena fa emergere interessanti scoperte – Video

Sta facendo emergere dati interessanti e, per certi versi, inediti il progetto nato dalla collaborazione  fra il  Comune  di  Mileto, l’Università  di Siena, la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Reggio Calabria e la provincia di Vibo Valentia e l’associazione culturale Mnemosyne. L’iniziativa, forte di un finanziamento regionale di 350 mila euro, nasce con l’obiettivo dichiarato di studiare e valorizzare il sito che fino al 1783 ospitava la Mileto antica, urbe nell’XI secolo elevata da Ruggero I d’Altavilla a capitale della propria contea normanna. In questi giorni nel Parco archeologico intitolato al vescovo Antonio Maria De Lorenzo, unico in Calabria di epoca medievale, sono all’opera gli studenti dell’Ateneo toscano guidati dal professore Carlo Citter. [Continua in basso]

Ed è proprio il noto esperto di Archeologia cristiana e medievale a spiegare a Il Vibonese i dettagli dell’iniziativa. «In questa prima parte – sottolinea l’attuale presidente del prestigioso team internazionale di ricercatori “Medieval Europe Research Community” – il lavoro consiste nel rilievo sistematico di tutta l’area interessata dalla città, circa 24 ettari divisi in due colline collegate da una sella. Ogni emergenza (murature) è stata geolocalizzata con Gps e posizionata su una base Gis di cui abbiamo inviato delle immagini. Seguirà un rilievo fotogrammetrico ad alta precisione al fine di estrarre modelli 3D del sito come è oggi e una prima ricostruzione 3D che prende spunto dall’illustrazione del XVII secolo». Evidenziati i dettagli del lavoro in essere, il professore Citter passa ad illustrare le interessanti novità già emerse in questa prima fase di studio.

Parco archeologico medievale di Mileto Antica

«Il sito ha una frequentazione di lunghissima durata, dall’età del Bronzo fino al terremoto del 1783 – svela – e non sembra affatto in decadenza dopo il periodo normanno perché la gran parte degli edifici e dei materiali rinvenuti si possono datare alla fine del medioevo e all’età moderna. La sella fra le due colline, tra l’altro, doveva essere più profonda di come appare oggi e anche nell’illustrazione del XVII secolo, essendo stata colmata progressivamente nei secoli. Non sembra poi esservi un muro di cinta continuo che racchiude le due alture, ma piuttosto sembra che i due nuclei siano stati provvisti di cinte separate. Un dato che emerge anche dall’illustrazione del XVII secolo e dalle porte in essa menzionate». Il progetto – cosi come spiega in conclusione il noto archeologo medievista dell’Università di Siena – intende proseguire principalmente su una direttrice di archeologia sociale e partecipate, «dove la comunità viene coinvolta nella progettazione e nel recupero dell’identità locale e della memoria. Partendo dalla contemporaneità a ritroso nel tempo gli archeologi insieme alla comunità andranno a ripercorrere la lunga storia di questo sito e la sua complessità».

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