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Alla scoperta di Filandari, dalle antiche origini del borgo al tragico terremoto del 1783

La ricostruzione dello storico Agostino Gennaro fa conoscere la storia del piccolo centro che deve il suo nome al “filandaru”, vecchio filatore di fibre vegetali. Tra i siti più suggestivi, la grotta di Santa Cristina

Alla scoperta di Filandari, dalle antiche origini del borgo al tragico terremoto del 1783
Una veduta di Filandari dall'alto

È un borgo dalla lunga storia, attraversato da vicende che ne hanno modificato ripetutamente il governo. Come per molti paesi calabresi, il paese di Filandari è stato segnato da periodi floridi e anche da terribili catastrofi naturali. A ripercorrere le vicende del paese, lo storico e scrittore Agostino Gennaro. Le origini sono molto antiche: «Filandari – ci spiega- è un piccolo centro posto, a circa 500 metri sul livello del mare, sulle falde orientali del Monte Poro, come gli altri piccoli borghi del Poro sorge tra il IX e il X secolo. Si narra che verso l’anno 850 un artigiano di origine ellenica impiantò in questa zona tranquilla uno stabilimento di filatura, il “Filandaru”, nomignolo col quale si indicava in origine il vecchio filatore di fibre vegetali che fu trasferito prima ai suoi discendenti e successivamente a tutto il villaggio».

Filandari nella storia

Filandari, già casale dello “Stato di Missiano” (Mesiano) unitamente a Zungri, Papaglionti, Arzona, Pizzinni, Scaliti, Presinaci, Pernocari, Orsigliadi, Rombiolo, Garavati e Moladi fu nel corso dei secoli sottoposto a molteplici feudatari: «Tra i primi spicca Ruggero il normanno che a Mileto fissò la sua dimora col titolo di conte. Gli succedette il suo terzogenito anch’egli di nome Ruggero che nel 1130 fu incoronato Re di Sicilia. Successivamente passò alla famiglia dei signori Roberto, certamente di stirpe reale». I vari domini portarono novità: «L’imperatore Federico II con la sua illuminata autorità cercò di mettere un certo ordine nei Feudi meridionali emanando delle apposite leggi, secondo i dettami scaturiti dalle famose costituzioni di Melfi del 1231. Tra i tanti feudatari il borgo di Filandari ricorda i Sansaverino. In quel periodo infatti, grazie anche alla laboriosità dei sudditi, ci fu per lungo tempo pace e giustizia. La dinastia del San Saverino – prosegue poi lo storico Gennaro – si estinse con Luigi San Saverino nell’ anno 1404 per contrasti scaturiti con la casa reale Ladislao».

Dall’epoca rinascimentale al tragico sisma del 1783

In epoca rinascimentale, il paese subì altri stravolgimenti: «Venne infatti ceduto ai conti di Arena , nota stirpe di valorosi condottieri al servizio della regina Giovanna seconda, passò poi nel 1501 a Giacomo di Principi di Bisignano, che fu però questo deposto per ribellione per cui il feudo finì a Diego di Mendoza. Fu, dopo governato a lungo dai Marzano e dai Pignatelli, Duchi di Monteleone che lo tennero sino al 1806 all’arrivo dei francesi che eliminarono il regime feudale. La legge Francese ha elevato Filandari ad “università” ovvero a comune autonomo con giurisdizione sul Casale Arzona, Mesiano (decaduta del passato splendore), Pizzinni e Scaliti. Tale assetto amministrativo fu riconfermato anche con legge del 19 gennaio 1807». Tra gli avvenimenti che più segnarono la storia del borgo, il drammatico terremoto del 5 febbraio 1783. Una data scolpita nella storia: «Il sisma fu catastrofico. Sconvolse l’intera Calabria e la distrusse quasi interamente. In quella occasione rovinò molti palazzi gentilizi e varie chiese, alcune non più riedificate. Fu distrutto anche il santuario della Madonna della Misericordia in Arzona di cui solo casualmente nel 1902 si sono scoperti e localizzati gli avanzi. A Filandari con quel terremoto vi furono sei morti e sessanta ducati di danni; ad Arzona nessun morto, ma l’abitato fu in parte sconvolto e in parte reso inabitabile a Pizzinni non vi furono morti, ma il villaggio fu totalmente disastrato».

La grotta di Santa Cristina

La grotta di Santa Cristina a Filandari

A Filandari, oltre al borgo storico, vi sono le chiese di Santa Marina e dell’Addolorata. Tra i siti più suggestivi, la grotta di Santa Cristina: «Sentivo parlare spesso di questa cavità intrisa di credenze popolari risalenti a molti secoli fa. Secondo la credenza popolare, infatti l’acqua della grotta di Filandari era ricca di qualità terapeutiche dovute all’intercessione divina. Per tale motivo l’acqua veniva usata per curare mastiti, lombaggini, gestazioni difficili e altri malesseri. In base ai racconti, le gocce d’acqua che filtravano lungo le pareti, come nella grotta di Santa Cristina d’Israele, bevute dalle donne in gravidanza erano di buon auspicio per la maternità, affinché fosse portata a termine sana e sicura per gestante e neonato». La grotta si presenta all’ingresso con uno spiazzo molto ampio e alto per poi restringersi a forma d’imbuto e, «come mi riferiva un pastore del luogo per averlo lui stesso da bambino percorso molte volte, attraverso un canale lungo circa 200 metri in salita piuttosto ripida raggiungeva una piccola uscita in località nota come “u Zarratu”. In passato un profondo torrente, proprio dinnanzi alla grotta, tagliava la carrabile per Scaliti. Un ponte fatto da trave di legno e terra permetteva agli abitanti di raggiungere le due fonti, addossate alla parete vicino alla grotta, ricche di acqua sorgiva, utilizzati dalla popolazione locale sia per l’approvvigionamento domestico, sia per l’abbeveramento del bestiame e la pulizia del bucato». Il sito, poco valorizzato, non permette di addentrarsi nei meandri della cavità. Qui, secondo le leggende, «si poteva ammirare l’immagine di Santa Cristina da cui gocciolava un miracoloso liquido che veniva raccolto in boccette da utilizzare in caso di necessità. Ma i detriti ormai ostruiscono gran parte dei passaggi». Oggi si può ammirare l’esterno della grotta e, in un ampio spiazzale, anche la statua di Santa Cristina. Un recente progetto punta al recupero e valorizzazione della cavità nonché delle leggende che si collegano alla storica località.

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