Tra i musei e aree archeologiche oggetto di interesse anche la Città di pietra con il suo agglomerato di case-grotta. La direttrice Pietropaolo: «La visita ha suscitato meraviglia e stupore tra gli ospiti provenienti da diversi Paesi»
Tutti gli articoli di Cultura
PHOTO
Un “museo” a cielo aperto cresciuto anno dopo anno che continua a suscitare curiosità e dibattito anche a livello storico-scientifico. Le Grotte di Zungri e il Museo della civiltà contadina, dopo i lusinghieri afflussi turistici registrati nel periodo estivo, hanno accolto nei giorni scorsi una delegazione internazionale dell'Icomos, Consiglio internazionale dei monumenti e dei siti, guidata dal professor Francesco Calabrò, docente associato presso la Facoltà Mediterranea di Reggio Calabria e coordinatore Comitato scientifico turismo culturale Icomos Italia.
Tappa alla città di pietra
Il gruppo ha fatto tappa in diversi siti calabresi, approdando poi nella Città di pietra prima di essere ricevuto dal governatore Occhiuto. Per la direttrice del Museo, Maria Caterina Pietropaolo, si è trattato di «una visita molto interessante e che ha suscitato meraviglia e stupore tra gli ospiti provenienti da diversi paesi tra cui Malesia, Canada, Usa, Germania, Olanda, Turchia, Armenia, Israele, Portogallo, Spagna e Italia».
Il viaggio studio della delegazione si inserisce in un percorso preciso: il gruppo, osservando direttamente musei e aree archeologiche, ha modo di valutare come viene utilizzato il patrimonio culturale a fini turistici. Gli occhi degli esperti sono puntati sulle situazioni di overtourism ma anche sulla funzionalità dei siti alle prese con mancanze di risorse e poche presenze.
Le case grotta
Le grotte di Zungri sono state sicuramente una piccola scoperta, in un territorio che molto ha da offrire dal punto di vista storico-archeologico. L’insediamento si trova nell'immediata periferia del centro storico di Zungri, in località Fossi, sul costone esposto a sud-est della valle della Fiumara Malopera. L'agglomerato di case-grotta sembrerebbe risalire al X-XII secolo e l’intera area viene riconosciuta con il nome di “Valle degli Sbariati”. Il sito si compone da un centinaio di grotte, di varie dimensioni e forme, occupa una superficie di circa 3000 mq ed è considerato un caso unico a livello regionale. Recenti studi hanno confermato la presenza di ulteriori cavità, fuori dal perimetro finora conosciuto, a testimonianza dell’estensione dell’Insediamento.
Future collaborazioni
La presenza della delegazione all’Insediamento rupestre apre anche a sinergie con altre realtà culturali: «Un ringraziamento particolare va al prof. Francesco Calabrò che, riconoscendone l'alto valore culturale, storico, antropologico ed archeologico, ha voluto mostrare, a studiosi internazionali, tra cui esperti di Cappadocia, un angolo diverso di Calabria, con l'augurio che – fa presente la direttrice Pietropaolo - da questa visita possa nascere una futura collaborazione».


