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Le nuove iniziative commerciali cinesi di imminente realizzazione a Vibo dividono le associazioni di categoria: è bene o un male per il tessuto economico della città? La polemica è cresciuta lentamente nel corso dell’ultima settimana, dopo le dichiarazioni della presidente di Confesercenti Fismo, Antonella Petracca, che si è fatta portavoce di quella che a suo dire è la forte preoccupazione che serpeggia nel comparto commerciale del centro urbano per la possibile realizzazione di un centro commerciale cinese nei locali dell’ex concessionaria Fiat e l’apertura di un’altra grande attività che sarebbe gestita da operatori cinesi nei pressi della chiesa del Rosario, nei locali di un ex ingrosso dismesso di recente.
«Tali ipotesi rappresentano una minaccia concreta alla sopravvivenza del già fragile tessuto commerciale locale – ha affermato in una nota Confesercenti –. I piccoli esercenti, già in difficoltà per la crisi dei consumi e l’aumento dei costi, sarebbero spinti fuori dal mercato da una concorrenza sleale, fondata su prezzi irrisori, scarsa qualità, opacità sui materiali impiegati, mancato rispetto delle normative ambientali e sul lavoro, spesso con gravi violazioni in tema di sicurezza». Come se non bastasse, Petracca ha rincarato la dose lanciando un appello al Comune di Vibo che suona anche come una chiamata alla mobilitazione generale: «È il momento di scegliere da che parte stare. Se dalla parte di chi ogni giorno apre la serranda tra mille difficoltà per tenere viva la nostra città, o di chi arriva con capitali anonimi e logiche speculative, minacciando di spegnere per sempre le nostre vetrine e con esse l’anima dei nostri quartieri».
Appello che però, finora, ha fatto registrare soltanto la presa di distanza da parte di altre due associazioni di settore, che non hanno condiviso approccio e parole usate. L’ultima in ordine di tempo è quella di Fortunato Lo Papa, segretario generale della Fisascat Cisl Calabria e presidente dell’Ente Bilaterale Commercio, Terziario e Servizi di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia. «Pur condividendo la necessità di rilanciare il piccolo commercio, i negozi sotto casa e di prossimità, restituendo ai centri storici identità – ha detto Papa rispondendo direttamente a Confesercenti -, riteniamo che il modo di guardare a chi investe in Calabria non debba tenere conto della nazionalità degli imprenditori».
«La riqualificazione di uno stabile di centinaia di metri quadrati per la creazione di un’area commerciale che porterebbe economia sul territorio e maggiore occupazione, necessita di una riflessione più ampia e scevra di pregiudizi. Penso – continua la nota di Lo Papa – innanzitutto alla tutela della dignità dei lavoratori e delle lavoratrici che vi andranno a lavorare, al rispetto dei contratti e delle norme di sicurezza sul lavoro, così come deve avvenire per qualunque attività. Senza dimenticare altresì quanto di consueto centri commerciali di questa tipologia siano attrattivi e come il fatto che in questo caso l’attività in questione non sia in periferia, possa avere riverberi positivi anche per gli altri esercizi del centro».
Insomma, una posizione decisamente diversa da quella di Petracca, nella convinzione che «la medicina» per curare i problemi del piccolo commercio «sia diversa da quella di reprimere sul nascere le grandi attività commerciali». «Al contrario – ha concluso -, serve una politica efficace che porti linfa al tessuto proponendo incentivi, bandi per l’imprenditoria ma anche riqualificazione urbana, innovazione digitale».
Prima di Lo Papa erano intervenuti sulla questione anche Giuseppe Orecchio, segretario generale di Unilavoro Pmi Vibo Valentia, e Sebastiano Guzzi, segretario regionale della stessa associazione, secondo i quali «non importa la nazionalità di chi investe in nuovi negozi ma come lo fa». «Chi apre un’attività in Italia rispettando le regole – hanno affermato Orecchio e Guzzi -, investendo nel territorio e contribuendo al tessuto economico locale deve essere sostenuto, non ostacolato. La provenienza o la nazionalità non possono diventare criteri di giudizio per chi decide di fare impresa nel nostro Paese».

