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Il 20 e il 21 giugno si chiude l’anno delle attività formative di LaboArt per il 2024/25. L’associazione, che dal 2010 opera nella provincia di Vibo Valentia promuovendo il teatro come strumento di crescita e inclusione, presenterà l’esito di fine laboratorio “Nella mia stanza l’Orsa maggiore”. «Lo spettacolo – si legge nel comunicato stampa dell’associazione – segna la conclusione del percorso di teatro di comunità per il gruppo adolescenti-adulti. Sarà un’esperienza di teatro itinerante che trasformerà l’ex scuola media di Parghelia in uno spazio di condivisione delle emozioni. Lo spettacolo andrà in scena il 20 e il 21 giugno in doppia replica, alle ore 19 e alle 21, nell’ex scuola media di Parghelia, oggi sede del Museo della Memoria. L’evento è patrocinato dal Comune di Parghelia. Lo spettacolo si sviluppa lungo un percorso fisico ed emotivo che attraverserà stanze reali e immaginarie. In scena ci saranno gli allievi-attori: Giulia Andiloro, Giovanni Carone, Michelangelo Caronte, Claudia Cricelli, Lucia Cuppari, Ornella Daja, Carmelo Gallo, Pasquale Naccari, Umberto Pantano, Guglielmo Pentella, Romania Pietropaolo, Elide Sgourdeos, Fabio Sposaro, Adriana Tavella e Carmine Vecchio».
«Il laboratorio – prosegue la nota – è stato condotto da Francesco Carchidi e Maria Grazia Teramo, mentre l’ideazione, la regia e la drammaturgia dello spettacolo sono a cura di Francesco Carchidi. Assistenza tecnica di Miriam Barbuto, Rossella Curigliano e Antonio Ivan De Vita. Un teatro di stanze interiori in “Nella mia stanza l’Orsa Maggiore”, le stanze dell’anima diventano palcoscenico di un viaggio intimo e visionario. Attraverso una serie di quadri, si dipanano le vite di personaggi sospesi tra desideri e timori, tra sogni e ombre. Ogni stanza è un universo, un rifugio e al tempo stesso una prigione, uno spazio interiore in cui la paura prende forma e la speranza tenta di farsi strada. Il lavoro è frutto di un percorso creativo durato un intero anno accademico che ha dato vita a personaggi complessi e stratificati, ciascuno con la propria voce, la propria ossessione, la propria paura. Queste storie si intrecciano e interrogano lo spettatore: quali sono i timori che ci accomunano? Cosa accade quando il confine tra realtà e immaginazione si assottiglia? Come in un cielo notturno punteggiato di costellazioni, i protagonisti di “Nella mia stanza l’Orsa Maggiore” si orientano tra le stelle delle proprie emozioni, cercando relazioni e risposte».
«In questo universo teatrale, la paura diventa strumento di esplorazione, la diversità si fa forza e la fragilità diventa arte. Con questo lavoro LaboArt conferma ancora una volta la sua vocazione: creare un luogo in cui chi si sente emarginato possa finalmente essere protagonista, e chi è più integrato sia spinto a riconsiderare il proprio posto nel mondo. Un viaggio teatrale che ci invita a entrare in stanze chiuse a chiave, a spiare dietro porte socchiuse e a perderci in un cielo che, tra le sue costellazioni, ha sempre un posto per chiunque voglia cercarlo. Un anno di pratiche teatrali diffuse il 20 e il 21 giugno saranno solo le tappe conclusive di un anno accademico ricco di accadimenti nell’ambito dei percorsi formativi condotti da LaboArt. Nel corso del 2024/25, infatti, LaboArt ha svolto un’intensa attività laboratoriale in contesti diversi, con pubblici eterogenei e percorsi mirati. Il 16 giugno si è chiuso il corso di teatro per l’infanzia con “Oz. Non c’è casa migliore della mia”, libero adattamento del romanzo di L. Frank Baum “Il meraviglioso mago di Oz”».
Il 7 maggio, invece, si è concluso “Liberi in scena”, «progetto attivato all’interno della Casa circondariale di Vibo Valentia, con la realizzazione dello spettacolo “Minotauro. Oltre le sbarre”, interpretato da tredici detenuti. Vari sono stati anche i workshop che hanno consentito all’associazione di far conoscere le proprie pratiche in contesti inconsueti: tra cui l’IstmoFest di Cortale dove ha preso vita “TeatroLabirinto”, e ancora “Arte e benessere”, svolto in collaborazione con AICEM Calabria e “Pillole di teatro di comunità”, all’interno di un progetto Erasmus+ organizzato da High on Life. A ciò si aggiungono le attività teatrali svolte nelle scuole: due progetti all’Istituto comprensivo “Don Mottola” (plessi di Joppolo e Drapia), e due all’Istituto superiore di Tropea, nei licei “Galluppi” e “Vianeo”. Teatro dove non c’è teatro LaboArt opera in un territorio privo di un teatro attivo nel raggio di 60km. Utilizzare per le proprie pratiche luoghi non teatrali è frutto quindi di una necessità concreta che in un secondo momento prova a trasformarsi in una scelta poetica, provando a colmare un vuoto culturale che da anni penalizza la comunità. In un contesto dove l’assenza di spazi adeguati rischia di silenziare l’espressione artistica, LaboArt continua a creare luoghi di possibilità».
«Spazi dove si può raccontare, provare, sbagliare, osare. E soprattutto, incontrarsi. In questi luoghi “non idonei”, come vengono spesso definiti, il teatro – conclude la nota stampa dell’associazione – ritrova una delle sue funzioni originarie: mettere in relazione, riattivare, dare senso e parola a ciò che è stato dimenticato. LaboArt non fa teatro “alternativo”: fa teatro necessario. Lo fa con chi è fragile, emarginato, invisibile. Ma anche con chi è disposto a rimettere in discussione i propri privilegi, ad ascoltare, a guardare con occhi nuovi. Perché, come prova a suggerirci questo spettacolo, ognuno ha una stanza da aprire, una paura da attraversare e una stella da seguire».

