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Una settimana che può valere vent’anni. Tanto manca, appena sette giorni, prima che il 3 settembre scada il termine ultimo entro il quale sarà possibile presentare osservazioni, opposizioni o domande concorrenti a quella di Meridionale Petroli, che ha chiesto il rinnovo della concessione demaniale per restare almeno altri due decenni a svettare con i suoi serbatoi a Vibo Marina.
Chi è contrario parli ora o taccia per sempre
Se si trattasse di un matrimonio, sarebbe il momento in cui il prete invita a parlare ora o tacere per sempre. Intendiamoci, non significa che il giorno dopo Meridionale Petroli stappi lo spumante per festeggiare il nuovo inizio, siamo pur sempre in Italia dove nulla c’è di certo, soprattutto quando si parla di burocrazia e grovigli normativi. Ma di sicuro la società che gestisce il sito dove affluisce la maggior parte del carburante distribuito in Calabria lo champagne comincerà a metterlo in frigo.
Perché quella del 3 settembre è una data cruciale: dopo inizierà la procedura vera e propria di rinnovo dei permessi, che passa anche da una conferenza dei servizi alla quale parteciperanno il ministero dei Trasporti e dell’Ambiente. E, ovviamente ci sarà anche l’ente più interessato alla questione, il Comune di Vibo.
Parola d’ordine: delocalizzare. Ma come?
Da tempo ormai il sindaco Enzo Romeo ripete come un mantra che i serbatoi vanno spostati altrove, a Porto Salvo nello specifico, a distanza di sicurezza dalle zone più urbanizzate e nascosti alla vista dei turisti che verranno. Quando e se verranno.
Il primo cittadino non è il solo a volere la delocalizzazione, anzi. Praticamente quei serbatoi non li sopporta più nessuno, sia a destra che a sinistra, tanto che sulla questione il Consiglio comunale ha assunto, caso più unico che raro, una posizione unanime.
I soli che avanzano riserve sono i lavoratori impiegati nell’impianto che chiedono garanzie occupazionali e alcune sigle sindacali che infarciscono le loro note stampa di “se e ma”. Perché va bene immaginare un futuro diverso fatto di turismo e riqualificazione del territorio, senza quegli enormi depositi a rovinare il tramonto sul Tirreno, ma a patto di arrivarci con un reddito, a quel futuro.
Polveri bagnate
Vabbè, si dirà, il Comune potrà sempre mettersi di traverso in conferenza dei servizi e porre il veto. E invece no, perché a quell’appuntamento Palazzo Luigi Razza ci arriverà con le polveri bagnate. L’unica vera arma che l’Amministrazione ha in mano per opporsi, è scarica. Anzi, rischia di esplodergli in faccia.
La legge dei tre cerchi

Il Psc del 2020, quello che una volta si chiamava Piano regolatore, non ha previsto una diversa destinazione d’uso per l’area dove sorge lo stabilimento di Meridionale Petroli. Anzi, ha rafforzato le finalità industriali ricalcando il Piano di emergenza esterno predisposto dalla Prefettura di Vibo Valentia nel 2017. In altre parole, “la legge dei tre cerchi”: tre aree concentriche, una dentro l’altra, di diametro sempre più grande, calcolate in base a un’ipotetica esplosione. Come ha spiegato anche da queste colonne il presidente vibonese di Italia Nostra, Alessandro Caruso Frezza, «nel primo cerchio, avente raggio di 200 ml, in caso di incidente il danno alle cose, alle persone e all’ambiente è sicuro, così com’è certa l’elevata mortalità per chiunque si trovi in quel raggio; nel secondo cerchio, avente raggio di 400 ml, gli impatti di danno sono pure certi, ma produrranno non la morte, ma solo lesioni irreversibili, nel terzo cerchio, avente raggio di 800 ml, gli impatti saranno ”di attenzione” e i danni saranno reversibili».
Insomma, il Psc varato in epoca Limardo non solo conferma la destinazione industriale dell’area, ma ne traccia anche i confini di rischio con i relativi divieti ad ospitare strutture ricettive e di affollamento.
Il tempo è scaduto
Ma la nuova Amministrazione, quella che oggi ostenta anche a favore di campagna elettorale la bandiera della delocalizzazione, avrebbe avuto tutto il tempo per modificare il regolamento edilizio, tanto più che l’intenzione di rinnovare la convenzione ventennale è stata manifestata da Meridionale Petroli almeno sei mesi prima della scadenza, così come prevede la legge.
Se in tutti questi mesi e anche prima il sindaco Romeo e la sua maggioranza (e perché no, anche l’opposizione) si fossero attivati per modificare lo strumento urbanistico e destinare l’area esclusivamente all’attività turistica, una volta arrivati all’appuntamento con la conferenza dei servizi decisiva avrebbero potuto davvero esprimere un veto efficace.
La speranza (?) a questo punto è che siano i ministeri coinvolti a porre la questione dell’incolumità pubblica e dell’impatto ambientale. Come dire che dobbiamo sperare in Salvini e Pichetto Fratin. Pensa tu…

