Il Corsivo | La politica del facile consenso a Tropea all’ombra delle infiltrazioni mafiose nel Municipio
La decisione del Consiglio dei ministri e del ministro dell’Interno investe un’amministrazione comunale dello stesso colore politico della maggioranza di Governo. Dalla politica intesa come marketing vuoto alle polemiche su cinque anni di gestione della cosa pubblica spazzati ora via dallo Stato centrale
Arriva quasi alla vigilia della festa nazionale della Liberazione, la decisione del Consiglio dei ministri di sciogliere gli organi elettivi di Tropea per infiltrazioni mafiose e “per condizionamenti da parte della criminalità organizzata che compromettono il buon andamento dell’azione amministrativa”. Una decisione invocata da tempo da alcuni – l’allora presidente della Commissione parlamentare antimafia Nicola Morra sin dal 2022, altri ancor prima –, mentre in tanti hanno invece preferito non vedere, non sentire, non ascoltare, non informarsi, tacere, disinformare e persino ostacolare quanti invece provavano semplicemente a fare il proprio lavoro andando oltre il copia-incolla dei numerosi comunicati stampa autocelebrativi e dai toni trionfalistici sfornati in questi anni dal Comune di Tropea trasformato in un inesistente “Principato” per volontà unilaterale del sindaco Giovanni Macrì. Una decisione – quella del Consiglio dei ministri che ha accolto la richiesta del ministro dell’Interno – che arriva da parte di un Governo (è bene ricordarlo) di cui Forza Italia – partito di provenienza del primo cittadino di Tropea – fa parte a pieno titolo, così come dello stesso partito fa parte a pieno titolo (e ne è tra i rappresentanti nazionali più autorevoli) il presidente della giunta regionale calabrese Roberto Occhiuto che proprio su Tropea e sul suo ruolo di paese guida del turismo calabrese ha deciso di investire, ultimamente finanziando anche l’acquisto di palazzo Giffone da parte del Comune. Decisioni, quindi, che vanno lette nella giusta e reale chiave di lettura: Tropea rimane la “Perla del Tirreno” a prescindere da chi guida o non guida politicamente il Municipio. L’attenzione del Ministero dell’Interno – sulla scorta delle risultanze inviate dalla Prefettura di Vibo Valentia – si è dunque concentrata sulla compromissione del buon andamento dell’azione amministrativa all’interno del Comune di Tropea e su forme di ingerenza mafiosa nell’amministrazione della cosa pubblica. Questo – e non altro – ha portato allo scioglimento degli organi elettivi del Comune e nessuno – dal Governo al Viminale – (come strumentalmente riferito da qualcuno) ha mai inteso dire che l’intera città di Tropea è mafiosa.
Anche qui un’altra ovvietà: la ‘ndrangheta a Tropea c’era e c’è ed è forte (e si chiama clan La Rosa e clan Mancuso) a prescindere dal commissariamento per mafia o meno del Municipio. A fronte di tutto ciò non vanno dimenticati altri rilievi puramente politici: il “modello Tropea” era stato infatti raccomandato dai vertici vibonesi di Forza Italia nelle elezioni amministrative del giugno 2022 che hanno visto il rinnovo degli organi elettivi del Comune di Pizzo. “Occorre guardare all’esempio di amministrazione portata avanti dal Comune di Tropea” ripetevano in coro gli azzurri vibonesi che, qualche settimana dopo, sarebbero stati travolti (non riuscendo a replicare sui fatti) dalle pubbliche denunce dell’allora presidente della Commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra il quale aveva deciso di vederci chiaro sull’amministrazione di Tropea targata Macrì. Un’amministrazione che ieri il Consiglio dei ministri ha deciso di commissariare a causa di infiltrazioni mafiose nella gestione della cosa pubblica, cioè di tutti i cittadini. Un “modello Tropea” per Forza Italia, però, dove pur volendo riconoscere l’avvio di qualche opera pubblica bisogna chiedersi a che prezzo. Per i componenti della Commissione di accesso agli atti, per il prefetto di Vibo Valentia, per il ministro dell’Interno, per la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e per tutti i ministri (oltre al presidente della Repubblica che appone la firma finale sul decreto di scioglimento) il prezzo è stato quello della legalità e di forme di condizionamento mafioso capaci di “compromettere il buon andamento dell’azione amministrativa”. Questo, e non altro, è successo a Tropea dove gli organi centrali dello Stato – dello stesso colore politico dell’amministrazione comunale targata Macrì, tra l’altro – si sono sostituiti (come impone la legge) per spezzare ciò che il livello locale di gestione della cosa pubblica non è, evidentemente, riuscito a recidere: tenere lontana la criminalità organizzata dal palazzo municipale e garantire il buon andamento dell’azione amministrativa. E troppo facile appare il tentativo da parte del sindaco Giovanni Macrì di criticare la legge che regolamenta lo scioglimento degli enti locali per infiltrazioni mafiose perché è una legge dello Stato ben antecedente alla sua discesa in campo. Sono le regole del “gioco” e vanno accettate. Sarebbe come per una squadra di calcio contestare il risultato finale di una partita – dopo aver perso – perché non si condivide la regola del goal da calcio d’angolo o il goal annullato per la regola del fuorigioco.
Al netto di tutto ciò e del giudizio che si può dare sull’amministrazione targata Giovanni Macrì, va anche ribadito – come abbiamo già scritto in passato – che la maggioranza consiliare uscente e l’amministrazione comunale non rappresentano neppure matematicamente la maggioranza della popolazione di Tropea perché basta sommare i voti degli altri aspiranti primi cittadini candidati nel 2018 (Romano, L’Andolina e Cricelli) per avere ulteriormente conferma che la matematica – neanche nel “Principato” – non potrà mai diventare un’opinione. E tutto ciò al netto pure delle varie polemiche che si sono susseguite sulla gestione della cosa pubblica nella “Perla del Tirreno” sotto l’amministrazione Macrì: dai parcheggi innalzati a ben 3 euro all’ora sotto l’Isola sino alla disinfestazione adulticida programmata per il 17 agosto dello scorso anno (nel cuore dell’estate) con inizio alle ore 23:50, dai viaggi in Giappone del sindaco con assessore Greta Trecate al seguito sino al crollo della rupe dell’Isola proprio mentre primo cittadino e assessore erano in terra d’Oriente, dai musicisti di strada cacciati in maniera non proprio “carina” sino ai dinieghi per l’installazione delle storiche giostre per i bambini nel parcheggio sotto l’Isola, dai problemi di decoro, inagibilità dei bagni pubblici e scarsa illuminazione nella parte commerciale del porto di Tropea di competenza del Comune sino all’acquisto di 200 chili (sempre da parte del Comune) di cipolla rossa pagata 1.300 euro per venti pacchi regalo. Quindi le spese per l’esibizione dei samurai giapponesi a Tropea e le determine di spesa per le cene nella “Perla del Tirreno” con gli stessi giapponesi (forse gli unici nipponici sinora visti nel “Principato”), l’acquisto in gran quantità di gadget, ombrelli, borse e magliette con la scritta “Principato di Tropea” (quasi sempre dallo stesso fornitore e pagati dal Comune con soldi pubblici) sino ai concorsi pubblici, all’incursione del sindaco contro i ragazzi di Scuola Zoo che a giugno festeggiavano in piazza la fine dell’anno scolastico, per poi non dimenticare lo scandalo del cimitero degli orrori con il Comune parte civile e l’assessore ai Servizi cimiteriali (Erminia Graziano) assente però dal voto in giunta (e con il figlio avvocato che ha assunto la difesa di uno degli indagati) sino agli attacchi nei confronti della stampa libera (e non certamente verso quella servile al “Principato”) che ha provato in questi anni semplicemente a fare il proprio lavoro (“farò scoppiare il fegato a questi personaggi” aveva affermato il sindaco Macrì nel corso di un pubblico Consiglio comunale). Una nota di chiusura la vogliamo infine dedicare ad un aspetto sul quale il sindaco è stato bravo a “vendere” il proprio operato sui social: la cura del verde sul territorio comunale. E anche qui l’interrogativo è semplice-semplice: come è stato possibile nella “Perla del Tirreno” trovare sempre e comunque per il sindaco ed il suo “corpo di volontari del Principato” – e ogni volta a favore di selfie e social – un angolo del paese da ripulire se c’è una ditta regolarmente pagata dal Comune (e quindi con denaro di tutti i cittadini) che ha in appalto sia la raccolta dei rifiuti e sia il mantenimento del decoro urbano e del verde pubblico? Interrogativi forse di poco conto – in attesa di leggere le motivazioni dello scioglimento degli organi elettivi del Comune per infiltrazioni mafiose – ma che rimangono tutti.
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