«Sì, sono molto emozionato. È stato un ritorno sofferto, dopo quattro anni in panchina. Umanamente si può immaginare la gioia di aver vinto una battaglia che molti ritenevano impossibile». Il vibonese Vito Pitaro sia appresta al suo debutto in Consiglio regionale che domani, martedì 11 dicembre, si insedierà ufficialmente con la prima seduta della nuova Legislatura targata Occhiuto. Pitaro porta con sé una dote di 12mila voti, di cui più della metà ottenuti nella provincia vibonese. Ma si porta appresso anche il fardello di aspettative altissime, essendo l’unico rappresentante del territorio che è riuscito ad approdare in Consiglio regionale.

«Sento molto questo peso e non vivo benissimo questa situazione, lo ammetto. Dopo soli due giorni dall’elezione sono stato sommerso di richieste: imprenditori, operatori sanitari, cittadini, associazioni. È come se per anni molti fossero rimasti in letargo e ora si aspettassero risposte immediate. Da un lato mi fa piacere, perché significa che c’è fiducia. Dall’altro, la responsabilità è grande. Essendo solo, devo costruire una squadra, creare sinergie con comuni, amministratori e associazioni. Da soli non si va lontano: serve collaborazione tra tutti gli attori del territorio».

Comprensibile la pressione. Il territorio vibonese vive forse uno dei suoi momenti più bui su molti fronti. Quali sono le sue priorità, le cose che ritiene di dover portare subito all’attenzione dell’Assemblea?
«Le priorità sono chiare: sanità, lavoro, giovani. Dobbiamo creare le condizioni perché i ragazzi restino in Calabria. Oggi soffriamo uno spopolamento che deriva non solo dal calo delle nascite, ma anche dalla mancanza di opportunità. Per quanto riguarda il Vibonese, oltre a questi temi generali, una priorità assoluta è rappresentata dall’erosione costiera, che danneggia l’economia e il turismo. È un problema che non possiamo più rinviare. Ma, ripeto, serve sinergia a livello territoriale per affrontare questi problemi. Solo una rete coesa può farci uscire dal pantano».

Ha dei progetti di legge lasciati nel cassetto 4 anni fa, quando lasciò il Consiglio prima di venire rieletto nell’ultima tornata elettorale?
«Innanzitutto voglio riprendere un progetto che riguarda le borse di studio e gli aiuti alle famiglie per il mantenimento dei giovani agli studi. Inoltre, ho già lavorato su due proposte di legge sul problema abitativo, che non riguarda solo chi non ha casa ma anche la pianificazione urbanistica. Ora questi progetti vanno aggiornati e contestualizzati, ma rappresentano ancora una base solida su cui ripartire».

Noi Moderati non fa parte di questa prima giunta. Occhiuto ha assicurato che il suo partito entrerà nell’esecutivo al secondo giro insieme alla Lega, quando sarà modificato lo statuto. Come avete vissuto questa esclusione?
«Noi non parliamo di esclusione, ma di una mancanza di piena collegialità nella fase finale delle decisioni. D’altronde gli spazi erano quelli e i numeri in politica contano, ma non abbiamo vissuto la cosa come una rottura. Il presidente ha già annunciato che, con l’allargamento della giunta previsto nei prossimi mesi, i nuovi assessori apparterranno proprio all’area di Noi Moderati della Lega. Quindi non ci sono tensioni con il governatore».

Il capoluogo vibonese sta vivendo un momento di grande difficoltà, a cominciare dai cantieri lumaca che stanno danneggiando anche l’economia locale. Qualcuno è arrivato a chiedere le dimissioni del sindaco Romeo e l’opposizione è sulle barricate. Il primo cittadino dovrebbe mollare?
«I ritardi nei lavori sono ormai insopportabili, non solo per la viabilità ma soprattutto per le conseguenze economiche. Ma non credo che oggi serva mettere alle corde il sindaco. Serve piuttosto aiutare la città e l’opposizione deve essere responsabile, non sterile».

Per essere l’esponente di un partito che in Consiglio comunale siede tra i banchi dell’opposizione mi sembra una disamina molto benevola…
«No, intendiamoci, non sto dicendo che le cose possono andare avanti così. Anzi. Credo che in primavera, quando questa amministrazione avrà compiuto due anni, abbia il dovere di fare un bilancio e di spiegare ai cittadini cosa è stato realizzato e qual è la sua visione per la città, perché finora non si è capito. Molte delle opere avviate derivano ancora dalla precedente amministrazione, mentre questa giunta sembra più impegnata a parlare di se stessa, senza dialogo né collaborazione».

Quindi i due anni saranno un giro di boa cruciale, la dead line oltre la quale Romeo dovrebbe trarre le conseguenze?
«Se continuerà così, il rischio è che la città sprofondi ulteriormente. E se in primavera risulterà che le cose fatte sono solo quelle messe in cantiere dall’amministrazione Limardo anni fa ci sarà un problema. Ma voglio restare fiducioso: nei prossimi mesi si capirà se ci sarà un vero cambio di rotta».

Si avvicina anche il rinnovo del Consiglio provinciale. Il clima politico è molto teso, soprattutto nel centrodestra. Come andrà a finire?
«Il problema principale è la legge Delrio, che ha indebolito le Province e svuotato di significato politico e amministrativo quei ruoli. In questo contesto, i consiglieri di centrodestra hanno fatto bene a dimettersi, perché è mancato qualsiasi tipo di dialogo con il presidente della Provincia, che si è chiuso nella sua torre d’avorio, dimenticando che è lì per scelta politica, non divina. Ora spetterà al segretario provinciale del mio partito, l’avvocato Nicola Brosio, decidere insieme agli altri partiti del centrodestra il da farsi. La situazione è complessa e serve responsabilità per non mortificare ulteriormente la politica».