«Non ce la faccio a parlare – esordisce, in lacrime, uno dei pazienti dializzati presente al sit-in di protesta indetto ieri dal Comitato “San Bruno” davanti all’ospedale di Serra –. Non ci serve un commissario che scaldi la sedia, ci servono dottori. Questa è una vergogna! Non bisogna morire, bisogna vivere! Non lo so che cosa bisogna fare. Chi è responsabile pagherà per la nostra morte. Siamo costretti a fare la dialisi in altre zone della Calabria, ma noi vogliamo farla qua a Serra: ci sono i macchinari che costano milioni di euro. Non si devono mandare via le persone, a morire. Questa è la nostra vita, è la nostra vita caro commissario! Non stia seduto in poltrona ma paghi due dottori per il servizio dialisi di Serra».

Parole dure, pronunciate con la voce rotta dall’emozione, che racchiudono il senso della mobilitazione di ieri mattina nel piazzale antistante il Pronto soccorso dell’ospedale cittadino. Dopo mesi di segnalazioni, promesse e “nulla di fatto” continui, la sanità del territorio montano è tornata al centro della protesta. Il Comitato “San Bruno” ha chiamato a raccolta cittadini, operatori sanitari e amministratori locali per denunciare il progressivo depotenziamento del presidio ospedaliero e la crescente difficoltà di accesso ai servizi sanitari essenziali.

«Sono anni che seguiamo quasi quotidianamente le vicende del presidio ospedaliero "San Bruno”, e crediamo che si stia toccando il punto più basso di sempre – scrivono in un comunicato stampa i componenti del Comitato –. Chi ha buona memoria ricorderà che a maggio 2024 avevamo lanciato l’allarme: in caso di nuovo scioglimento, come poi avvenuto a settembre, a pagarne il prezzo più alto sarebbe stata l’utenza. Oggi, dopo più di un anno, ci ritroviamo con servizi peggiorati e il rischio di ulteriori ridimensionamenti dietro l’angolo. Siamo passati da una gestione che infondeva speranza e voglia di fare, il periodo guidato da Battistini, a una gestione commissariale imposta dallo Stato, la cui priorità principale è il risanamento dei conti».

«Dopo anni di divisioni – prosegue la nota stampa –, i sindaci di tutta la provincia, insieme ai gruppi civici impegnati per una sanità degna di un paese civile hanno redatto un documento in cui vengono elencate criticità e priorità per rilanciare il territorio e ridare speranza a una sanità abbandonata. Il documento è stato approvato anche dal dott. Piscitelli, responsabile della triade commissariale che gestiva l’Asp di Vibo. Più volte Piscitelli aveva chiesto pubblicamente alla Regione di rimodulare il piano del fabbisogno del personale, richiesta che probabilmente ha portato alla sostituzione del prefetto senza alcuna spiegazione all’opinione pubblica vibonese. Il nuovo responsabile, dott. Gianfranco Tomao, insediatosi a fine agosto, è venuto a Serra San Bruno per verificare la situazione. Dopo qualche settimana ha incontrato il sindaco a palazzo Tucci, discutendo di possibili interventi per implementare i servizi del San Bruno, ad esempio aumentando i giorni di day surgery, così da rendere operative le sale operatorie come previsto dai Dca regionali e dal documento firmato dai sindaci. Peccato che, pochi giorni dopo, il respiratore per l’anestesia in Sala operatoria sia stato temporaneamente trasferito all’ospedale Jazzolino. Doveva fare ritorno il 31 ottobre, ma ancora oggi non è stato restituito. In passato qualcuno aveva già cercato di ridurre il poco che resta dell’ambulatorio di chirurgia, e questa sembra un’altra mossa in quella direzione». Ormai il «modus operandi» della Regione e dei vertici dell’Asp di Vibo per loro è chiaro: «Ogni scippo e ogni disservizio sembrano mirare a ridurre i servizi». Ecco le criticità diffuse evidenziate nel documento:

  • Reparto di Medicina: «Operatori stremati per carenza di personale medico, paramedico e oss, dove spesso viene inoltre costretto a trasportare i pazienti a Vibo o altrove per consulenza»;
  • Reparto di Dialisi: «Assenza di medici in pianta organica, con il rischio di trasformare il reparto in un Cal (Centro assistenza limitato) senza presenza medica fissa»;
  • Pronto soccorso: «Funziona nonostante il personale oss è sottodimensionato; alcune attrezzature e gli arredi necessitano sostituzione e i lavori promessi sui locali non sono mai stati realizzati».

«Ogni scippo e ogni disservizio – denuncia il Comitato – sembrano mirare a ridurre i servizi, anziché rilanciarli». Una sanità che per i cittadini della montagna non è più questione di territorio ma, come gridato ieri nel piazzale dell’ospedale, è, e resta, «una questione di vita».