L’impegno contro le mafie nel ricordo di Peppino Impastato: evento di Libera a Ricadi

«Non se lo sono scordati a Peppino», diceva mamma Felicia nelle battute finali del film “I cento passi” diretto da Marco Tullio Giordana. E Peppino Impastato, davvero, non è stato dimenticato. A 43 anni dalla sua morte, il giornalista e attivista siciliano – assassinato il 9 maggio 1978 nella sua Cinisi per la sua lotta e le denunce contro Cosa Nostra – ancora fa rumore ed è stato ricordato anche nel Vibonese.

Nella suggestiva cornice del teatro della Torre Marrana di Brivadi, per iniziativa del coordinamento provinciale di Libera, l’anniversario della morte di Impastato è divenuto occasione per riflettere sull’importanza dell’impegno politico e civile contro le mafie. E non solo: durante l’evento tenutosi questo pomeriggio nella frazione di Ricadi vi è stato anche spazio alla memoria di altri personaggi politici morti per mano della criminalità organizzata: il siciliano Piersanti Mattarella, ma anche il rosarnese Giuseppe Valarioti e il cetrarese Giovanni Losardo, le cui vite e attività sono state illustrate dagli studenti dell’Istituto comprensivo di Ricadi attraverso la lettura di alcuni brani. Perché, come ha affermato il sindaco di Ricadi, Nicola Tripodi, intervenuto alla manifestazione: «Commemorare Impastato significa commemorare tutte le vittime di mafia». Il tutto nel giorno in cui, il “giudice ragazzino” Rosario Livatino – assassinato nel ’90 – è stato proclamato beato.

E di impegno civile e politico, di memoria – che «non deve essere divisiva, non deve avere colore politico, ma deve essere un pungolo per le nostre coscienze», ha detto il coordinatore di Libera Vibo Valentia, Giuseppe Borrello – ha parlato Peppino Lavorato, già deputato della Repubblica e sindaco di Rosarno negli anni Ottanta, dialogando con la giornalista Ilaria Giuliano.

Peppino Lavorato e Ilaria Giuliano

Lavorato si è soffermato soprattutto sull’importanza del parlare con i giovani: «I ragazzi ascoltano e apprendono», ha sottolineato più volte. Prima come maestro nelle scuole, poi come militante del Pci nei quartieri più difficili di Rosarno e infine come sindaco, ha condotto quelle che ha definito «battaglie reali, concrete»: «Ho capito che non bastava insegnare ai ragazzi a leggere e scrivere, bisognava evitare che diventassero manovalanza della ‘ndrangheta». Una parola questa, che nessuno osava pronunciare fino a qualche decennio fa ma contro cui – ha raccontato – «non temevamo di tuonare contro». «Anche oggi – ha sostenuto con forza Lavorato – scuole e amministrazioni comunali devono essere presenti, ed eventualmente intervenire per correggere gli impulsi sbagliati che arrivano dall’ambiente in cui crescono i ragazzi».

L’ex deputato si è quindi soffermato sul racconto della tragica sera – l’11 giugno 1980, a Nicotera – in cui fu assassinato l’insegnante e suo compagno di partito Giuseppe Valarioti. Lo tenne morente tra le sue braccia e ancora oggi chiede giustizia, sottolineando: «Uccidendolo hanno voluto mandare un messaggio di terrore». Nei confronti di Valarioti e tutti coloro che hanno perso la vita lottando contro la criminalità, abbiamo una responsabilità importante: «Dobbiamo seguire il loro esempio, continuare e amplificare la loro battaglia», ha chiosato.

Presente all’evento di Libera – organizzato con il patrocinio del Comune di Ricadi e la collaborazione dell’associazione Punto e a Capo – anche il testimone di giustizia Carmine Zappia. Al tabaccaio di Nicotera che denunciò le estorsioni del clan Mancuso, la platea ha tributato il suo applauso più lungo.

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