martedì,Luglio 15 2025

Fuggire o restare in Calabria? Qui il cuore è intero. Non tutto sarà facile, non tutto sarà giusto ma almeno sarà vero

Il corsivo pubblicato da Il Vibonese con cui un padre esorta il figlio a finire il liceo e scappare via per non tornare più, ha scatenato un dibattito accesissimo. Ecco il pensiero di un lettore che la pensa in maniera diametralmente opposta

Fuggire o restare in Calabria? Qui il cuore è intero. Non tutto sarà facile, non tutto sarà giusto ma almeno sarà vero

Il corsivo del nostro Alessandro Stella – caporedattore del Tg di LaC, network di cui fa parte anche Il Vibonese – ha scatenato un dibattito accesissimo. Nel suo pezzo, doloroso e crudo, Stella invita il figlio a finire il liceo e poi fuggire dalla Calabria, elencando i motivi per cui dovrebbe farlo e spiegandogli che solo così, da lontano, potrà continuare ad amare la sua terra. Le reazioni sono state migliaia, letteralmente. Tra queste, sono tante le opinioni diametralmente opposte alla tesi dell’autore. Per dare voce a chi la pensa diversamente su un tema così delicato e divisivo, pubblichiamo la riflessione che ci ha fatto pervenire un nostro lettore, Francesco Calogero. Ecco il suo testo integrale.

Non è un fallimento tornare. Non è un passo indietro. È, forse, il gesto più coraggioso che una persona possa fare: riconoscere che là fuori, dove tutto luccica, spesso si sopravvive più di quanto si viva davvero.

Tanti sono partiti con una valigia piena di speranze, pronti a costruire qualcosa lontano dalla propria terra. Si sono adattati, hanno lavorato sodo, hanno dimostrato il doppio per valere la metà. Hanno vissuto in città che non li hanno mai chiamati per nome.

Hanno abitato case che non sono mai diventate “casa”. Hanno sorriso in foto, ma pianto in silenzio. E col tempo, hanno imparato che il successo non sempre coincide con la felicità.

Fuori ci sono più opportunità, è vero. Ma ci sono anche costi enormi, invisibili: la lontananza dagli affetti, la solitudine mascherata da indipendenza, l’identità spezzata tra accenti, ritmi e logiche che non appartengono a chi si è formato altrove.

E allora qualcuno comincia a sentirlo, quel richiamo. Un pensiero che torna sempre più spesso: “E se tornassi?”.

Tornare non significa arrendersi. Significa scegliere di stare dove il cuore è intero.
Significa voler vivere la vita vera: quella fatta di tempo, natura, famiglia, comunità.
Significa preferire una giornata in campagna con i propri cari a una corsa tra mille impegni che lasciano il vuoto dentro.
Significa riscoprire la bellezza delle piccole cose: un pranzo preparato insieme, un tramonto sulla terra di casa, una parola in dialetto che scalda più di mille discorsi altrove.

Non tutto sarà facile. Non tutto sarà giusto. Ma almeno sarà vero.

Non insegnate ai vostri figli che devono per forza andarsene per valere qualcosa. Non fate credere che fuori tutto sia meglio.

Perché spesso è solo più costoso, più freddo, più distante da ciò che conta davvero.

La Calabria – come tante altre terre del Sud – ha bisogno di chi crede ancora che si possa costruire qualcosa di buono.
Ha bisogno di occhi nuovi, di menti libere, di cuori che non hanno smesso di amare.
Ha bisogno di ritorni. Di mani che non hanno paura di sporcarsi. Di persone disposte a cambiare, a restare, a resistere.

Tornare è un atto d’amore. Verso sé stessi, verso la propria storia, verso un futuro che non sarà facile… ma che, almeno, sarà casa.

Francesco Calogero

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