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L’estate per alcuni volge al termine, mentre per altri è solo al giro di boa e, come ogni anno, il dibattito sulla qualità delle acque marine e dei corsi d’acqua si riaccende anche in Calabria. Tra chi parla di inquinamento e chi esalta le sfumature caraibiche del nostro mare, l’ambientalista e tecnico ambientale Pino De Seta traccia un quadro critico e approfondito della situazione, puntando il dito contro le responsabilità di Enti locali e regionali. De Seta evidenzia come i soliti interrogativi – “Il mare è sporco? I depuratori funzionano? Di chi sono le responsabilità?” – restino spesso «senza risposte serie, mascherate da iniziative come l’utilizzo di droni regionali che sono serviti soltanto a mascherare il problema».
Secondo l’esperto, «la causa principale di questa mancata chiarezza risiede nell’analfabetismo ambientale e nell’arroganza politico-amministrativa». De Seta sottolinea che «la sola balneabilità, stabilita dal rispetto dei limiti di escherichia coli ed enterococchi intestinali, non è sufficiente a garantire la salute ecologica delle acque». L’Italia, ed in particolare le regioni Calabria, Sicilia e Campania, è infatti soggetta a «procedure d’infrazione da parte dell’Unione Europea, con multe annuali di 60 milioni di euro, per non aver rispettato le direttive comunitarie sulla tutela delle acque».
Responsabilità oggettive e soluzioni al problema
Le responsabilità, secondo De Seta, sono ben definite: «La Regione è colpevole della mancata attuazione delle normative europee e della mancata realizzazione di reti fognarie e depuratori efficienti in Calabria». Tuttavia, «anche i Comuni hanno le loro colpe, non destinando risorse sufficienti alla gestione degli impianti e affidando spesso la manutenzione a ditte non specializzate». A ciò si aggiunge la pratica di «concedere permessi a costruire e autorizzazioni allo scarico in zone sprovviste di un’adeguata rete fognaria e di depurazione, una situazione “paradossale” che crea problemi successivi». Per avviare un “percorso virtuoso”, De Seta propone una serie di azioni concrete e urgenti da parte della Regione:
- Realizzazione di depuratori: costruire nuovi impianti, anche consortili, e recuperare quelli in cattive condizioni, affidandone la gestione a ditte esperte;
- Programmi di disinquinamento: implementare i programmi per la fascia costiera vibonese, in particolare nei bacini dei fiumi Angitola e Mesima;
- Separazione delle reti: finanziare progetti per separare le acque bianche da quelle nere, riducendo il carico sui depuratori;
- Strumenti urbanistici: non approvare piani che prevedono lottizzazioni in aree prive di rete fognaria e depuratore;
- Gestione dei fanghi: realizzare impianti per lo smaltimento dei fanghi o utilizzare le piattaforme esistenti del Corap;
- Legislazione moderna: adottare una legge sulla tutela delle acque che specifichi chiaramente competenze e responsabilità, aggiornando le norme del 1997;
- Potenziamento di Arpacal: dotare l’agenzia di attrezzature e personale, superando i nodi burocratici che ne limitano l’efficacia;
- Monitoraggio costante: aggiornare il piano di tutela delle acque del 2009, realizzando un piano di monitoraggio dei corsi d’acqua e intensificando i controlli durante tutto l’anno;
- Rete di monitoraggio: riattivare le centraline di controllo dismesse negli impianti di depurazione.
De Seta conclude poi il suo intervento affermando che «un cambiamento radicale è necessario per affrontare una situazione che si è incancrenita negli anni per scelte irrazionali. Finché la tutela ambientale sarà vista come un ostacolo, sarà difficile assistere a cambiamenti concreti e positivi».

