giovedì,Aprile 25 2024

Una piazza per Pasquale Andreacchi, prosegue la battaglia della famiglia per l’intitolazione

In una lettera aperta i familiari del giovane barbaramente ucciso nel 2011 a Serra San Bruno, ripercorrono il braccio di ferro intrapreso con il Comune e sollecitano nuovamente il sindaco Tassone: «Basta indifferenza»

Una piazza per Pasquale Andreacchi, prosegue la battaglia della famiglia per l’intitolazione

«E’ dal lontano 11 ottobre 2011, da quasi 9 anni, che i familiari di Pasquale Andreacchi, il giovane di 18 anni di Serra San Bruno barbaramente ucciso nell’ottobre 2009 da mano ancora ignota, instancabilmente chiedono verità e giustizia sulla vicenda, quella giustizia che tarda ad arrivare. Purtroppo a tutto questo si aggiunge la battaglia per l’intestazione di una piazza o via per onorare la memoria del povero Pasquale, ma gli viene negata con false promesse». È questo l’incipit della lettera aperta che i familiari di Pasquale Andreacchi hanno diramato in queste ore riportando all’attenzione dell’opinione pubblica la vicenda della richiesta di intitolazione di una via al loro congiunto barbaramente ucciso nella cittadina della Certosa. 

«Dopo le elezioni svolte in giugno 2016 – si legge nella lettera -, i genitori di Pasquale si sono recati in Comune per parlare con il sindaco Luigi Tassone, soprattutto per capire se era sua intenzione continuare il lavoro svolto dalla precedente Amministrazione guidata dall’ex sindaco Bruno Rosi che era arrivato quasi alla fine, in quanto mancava solo il verbale da mandare in Prefettura, anzi addirittura aveva già convocato i genitori per comunicare loro se la piazza, su cui era ricaduta  la scelta, andava bene, ma non sono stati ricevuti dal sindaco bensì dal vicesindaco Walter La Grotteria che,  purtroppo non ha risposto con molta gentilezza anzi – sostengono i familiari nella missiva -,  con arroganza, dicendo che “devono vedere se ci sono i presupposti per poterlo fare”, tutti sappiamo per legge devono passare 10 anni dalla morte ma in casi eccezionali, come per la tragedia di Pasquale, si può ovviare e procedere anche prima».

In seguito Salvatore Andreacchi, padre di Pasquale, si è recato nuovamente in Comune «presentando stavolta la richiesta per la restituzione della petizione con allegate le 600 firme, ma non ha ricevuto nessuna risposta. Dopo circa due mesi senza alcun riscontro, si è recata in Comune la zia di Pasquale, Maria Antonietta Napoli, che all’epoca della presentazione della richiesta di intitolazione faceva parte di una delle associazioni promotrici, per ritirare la petizione con le firme allegate ed il sindaco le comunica di tornare quando c’è il segretario e chiedere informazioni. All’ennesima visita il segretario comunale comunica al signor Andreacchi di non essere neanche a conoscenza dell’esistenza di questa petizione e, dopo un inevitabile battibecco, il sindaco prende l’impegno comunicando che l’intenzione c’è ed al prossimo consiglio comunale ci sarebbe stato un apposito punto all’ordine del giorno per affrontare la toponomastica e di dargli fiducia, fiducia – specifica la famiglia Andreacchi – che è stata concessa ma che purtroppo non è servita, visto che oggi 6 agosto 2018 la toponomastica non è tra i punti dell’ordine del giorno».

Quindi il nuovo appello: «Ora chiediamo al signor sindaco Luigi Tassone ed a tutta la sua amministrazione il perché di queste prese in giro e perché tutto questo viene negato, perché si continua a rimandare con false promesse. Pasquale non era uno di noi? Perché tutta questa indifferenza? Perché si vuole mettere nel dimenticatoio la vicenda? Pasquale non era un criminale, era un ragazzo buono e onesto. Purtroppo ci dispiace dirlo, ma a Serra San Bruno regna l’indifferenza e l’omertà e tutto questo non fa altro che dare consensi alla criminalità, intitolare una via, caro signor sindaco, vuol dire anche liberare la società civile dall’oppressione dalla violenza di una malapianta, “la mafia”, e fare memoria di tutto ciò che è successo a Pasquale. Ma quanto ci fa capire tutto questo non è nel suo interesse, si ricordi invece che nel paese che lei amministra in mezzo a tanta gente onesta, si aggira un criminale spietato che probabilmente non si fa scrupoli a rifare quello che ha già fatto, lei signor sindaco – concludono i familiari di Pasquale -, che in ogni suo discorso non fa altro che parlare di legalità, sappia che la legalità si pratica e non si impara tra i banchi di scuola».

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