giovedì,Marzo 28 2024

Armi, droga e rituali mafiosi a Nicotera, la Dda chiude l’inchiesta

Avviso di conclusione delle indagini preliminari vergato dal pm Antonio De Bernardo per i figli di Roberto Piccolo

Armi, droga e rituali mafiosi a Nicotera, la Dda chiude l’inchiesta

Ricettazione, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione illegale di armi e munizioni, con l’aggravante delle finalità mafiose, nel caso di specie rappresentate dall’agevolazione delle attività del clan Mancuso di Limbadi e Nicotera. Questi i reati per i quali il pm della Dda di Catanzaro, Antonio De Bernardo (in foto), ha chiuso le indagini preliminari nei confronti dei fratelli Domenico e Salvatore Piccolo, rispettivamente di 26 e 19 anni, entrambi di Nicotera Marina, il primo in carcere ed il secondo agli arresti domiciliari. Arrestati nell’aprile scorso a seguito di una perquisizione dei carabinieri, i due fratelli sono i figli di Roberto Piccolo, attualmente detenuto e ritenuto vicino al clan Mancuso. Il ritrovamento era avvenuto il 20 aprile scorso ad opera dei militari dell’Arma nella casa del defunto zio, ovvero Domenico Piccolo, ucciso il 4 febbraio del 2011 dal figlio all’epoca minorenne. Nel garage della casa della nonna dei due fratelli Piccolo, i carabinieri hanno trovato pure un manoscritto con i riti di affiliazione alla ‘ndrangheta. Le due abitazioni, in contrada Bragò di Nicotera Marina, sono contigue. Stando all’avviso di conclusione indagini, il pm contesta ai due indagati la detenzione illegale di una pistola calibro 9×21 e di un fucile calibro 12 entrambi con matricola abrasa e pertanto da ritenersi clandestini, 106 cartucce compatibili con le due armi, 282 grammi di marijuana (da cui erano ricavabili 572 dosi medie singole) e 29 grammi di cocaina. I due indagati avranno ora venti giorni di tempo per chiedere al pm di essere interrogati o presentare attraverso i rispettivi avvocati delle memorie difensive. Domenico Piccolo è difeso dall’avvocato Giuseppe Di Renzo, mentre Salvatore Piccolo è difeso dagli avvocati Francesco Stilo e Giuseppe Di Renzo.  

 

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