giovedì,Aprile 25 2024

‘Ndrangheta: omicidi dei fratelli Loielo a Gerocarne, i motivi delle condanne all’ergastolo

La Suprema Corte spiega le ragioni per le quali ha confermato il carcere a vita nei confronti di Bruno Emanuele e Vincenzo Bartone per il fatto di sangue più importante avvenuto nelle Preserre vibonesi

‘Ndrangheta: omicidi dei fratelli Loielo a Gerocarne, i motivi delle condanne all’ergastolo

Depositate dalla Corte di Cassazione le motivazioni della sentenza con la quale il 2 ottobre scorso sono stati condannati all’ergastolo Bruno Emanuele, 46 anni, e Vincenzo Bartone, 50 anni, entrambi di Gerocarne, ritenuti responsabili in via definitiva degli omicidi dei fratelli Vincenzo e Giuseppe Loielo, uccisi in un agguato nell’aprile del 2002. Si tratta del fatto di sangue più rilevante negli equilibri mafiosi degli ultimi quindici anni nelle Preserre vibonesi. Gli imputati sono stati ritenuti responsabili anche del tentato omicidio ai danni degli stessi fratelli Loielo risalente al precedente 8 aprile, nonché il solo Bruno Emanuele è stato ritenuto responsabile anche in ordine al tentato omicidio ai danni delle stesse vittime risalente al 25 marzo 2002. I reati erano tutti aggravati dalla premeditazione e dall’essere stati commessi con metodo mafioso e al fine di agevolare l’associazione mafiosa di riferimento (clan Emanuele delle Preserre vibonesi). Era il pomeriggio del 22 aprile 2002 quando vennero ritrovati all’interno di una Fiat Panda ,ferma lungo una strada secondaria del percorso tra Soriano Calabro e Gerocarne, i cadaveri dei fratelli Giuseppe e Vincenzo Loielo, che risultavano essere stati uccisi a colpi di arma da fuoco. Sul luogo dell’omicidio erano stati rinvenuti una pistola e un cellulare ancora acceso, la cui ultima chiamata era registrata alle ore 10:17. L’autopsia fissava l’ora della morte tra le ore 10,00 e le ore 11,00 di quella mattina. Per la Cassazione risulta comprovata la responsabilità di Bruno Emanuele e Vincenzo Bartone sulla base delle dichiarazioni collaborative di Antonio Forastefano di Cassano allo Ionio e alleato di Bruno Emanuele. Le dichiarazioni di Forastefano, reo confesso degli stessi reati (per i quali è stato condannato in via definitiva con rito abbreviato), sono state riscontrate da quelle di Domenico Falbo in ordine al primo tentato omicidio (per il quale anche quest’ultimo è stato condannato) e dalle risultanze dei tabulati del traffico generato dal telefono rinvenuto sul luogo dell’omicidio (e dalle schede risultate esser state in esso inserite) nonché del traffico dei telefoni (e delle relative schede) che con esso erano venuti in contatto. In particolare, quanto all’omicidio, l’analisi del traffico telefonico ha permesso di accertare che il telefono perso dagli esecutori era nella disponibilità di Bruno Emanuele. L’analisi del traffico telefonico ha consentito, inoltre, di acclarare che, tanto in occasione dell’omicidio che dei due tentati omicidi, le celle telefoniche agganciate dai telefoni in uso agli imputati hanno individuato movimenti dalla zona di Vibo a quella di Cosenza e ritorno, compatibili con il tragitto Sorianello/Cassano e ritorno, che, secondo le dichiarazioni di Forastefano, sarebbe stato percorso dagli imputati per andarlo a prelevare a Cassano e per riaccompagnarlo dopo il compimento di quanto programmato. Per la Cassazione sono convergenti le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Antonio Forastefano, Enzo Taverniti, Francesco Loielo e Rocco Oppedisano dalle quali emerge la matrice mafiosa dell’agguato, commesso dal gruppo di Emanuele per problemi legati alla “ripartizione del territorio”.  Il quadro probatorio è inoltre completato dal colloquio del 6 maggio 2002 tra Giovanni Loielo e Rocco Loielo  nel quale i due, parlando di quanto accaduto, facevano ipotesi sui responsabili dell’omicidio e dicevano testualmente “sono girati i cannoni, allora…”, riferendosi al mutamento degli equilibri mafiosi all’interno del locale di ‘ndrangheta di Ariola guidato dal boss Antonio Altamura. Eliminati i fratelli Loielo, il gruppo di Bruno Emanuele si è infatti posto quale “braccio armato” della “società di Ariola” al posto degli stessi Loielo e attivo nel settore delle estorsioni. La Suprema Corte ha invece annullato la sentenza d’appello limitatamente all’aggravante dei motivi abbietti dell’omicidio dei fratelli Loielo. Per i giudici tale aggravante è assorbita da quella delle modalità mafiose in quanto gli omicidi dei fratelli Loielo sono maturati in “logiche di spartizione del territorio e contrasti interni ad un gruppo criminale che esercitava la propria egemonia con modalità mafiose, con l’intento di vendetta di Emanuele e del suo gruppo, tra cui Bartone, di riconquistare le competenze territoriali sottratte”. Emanuele e Bartone sono stati anche condannati alla rifusione delle spese (2.900 euro) sostenute dai Comuni di Pizzoni e Vazzano, costituiti quali parti civili nel processo.   LEGGI ANCHE: ‘Ndrangheta: omicidi a Cassano allo Jonio, assolto il boss vibonese Bruno Emanuele

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