domenica,Maggio 5 2024

Il Tribunale di Locri su Lucano: «Meccanismi illeciti perversi per trarre profitto»

Nelle motivazioni della sentenza i giudici spiegano come funzionava il “modello Riace”. Un Sistema di accoglienza con vorticose sottrazioni di denaro sulla pelle dei migranti per trarre profitto in spregio ad ogni norma giuridica. Ecco come i magistrati motivano il tradimento dell’ex sindaco di Riace rispetto agli ideali di solidarietà, soffocati da una sfrenata sete di visibilità politica e da investimenti privati con soldi pubblici

Il Tribunale di Locri su Lucano: «Meccanismi illeciti perversi per trarre profitto»
Mimmo Lucano

di Ilario Balì

Nessuna traccia dei reati di umanità e un modello, quello di Riace, diventato sistema. Sono impietose e pesantissime le motivazioni del tribunale di Locri della condanna a 13 anni e 2 mesi di reclusione inflitta all’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano per illeciti sulla gestione dei progetti di accoglienza ai migranti. Dalle oltre 900 pagine firmate dal presidente del collegio locrese Fulvio Accurso emerge «un quadro per nulla rassicurante e a tinte fosche, in relazione al quale si dimostra che il dibattito celebrato a Locri non ha neppure sfiorato la tematica dell’integrazione virtuosa e solidale praticata nei primi anni, ma ha messo in luce meccanismi illeciti e perversi, fondati sulla cupidigia e sull’avidità, che ad un certo punto hanno cominciato a manifestarsi in modo prepotente in quei luoghi e si sono tradotti in forme di vero e proprio “arrembaggio” ai cospicui finanziamenti che arrivavano in quel paesino, che per anni era stato economicamente depresso, tanto da tradursi in una sottrazione sistematica di risorse statali e della comunità europea». [Continua in basso]

L’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano

In buona sostanza, secondo i giudici locresi, nelle numerosissime pagine di intercettazioni e di documenti esaminati «non vi è traccia dei fantomatici reati di umanità” che sono stati in più occasioni evocati da più parti, in quanto le vorticose sottrazioni che sono state compiute non servivano affatto a migliorare il sistema di accoglienza e la qualità dell’integrazione dei migranti, ma solo a trarre profitto, nelle diverse forme e che non avranno nessuna connotazione altruistica, né alcunchè di edificante».

Il ruolo di Lucano in Città Futura

Secondo il Tribunale di Locri «il ruolo di presidente era ricoperto solo formalmente da Fernando Capone, il quale operando quale prestanome di Lucano, ha consentito a quest’ultimo di occuparsi in prima persona di ogni affare relativo alla gestione dell’accoglienza, che andava dall’assunzione o dal licenziamento dei singoli operatori, fino alla redazione dei rendiconti, spesso falsificati mediante impiego di fatture per operazioni inesistenti. Il tutto attuato in una condizione di assoluta incompatibilità tra il ruolo formale dallo stesso Lucano ricoperto, che era quello di responsabile dei progetti di accoglienza, e quello di presidente di fatto dell’associazione capofila attraverso cui egli amministrava i fondi che arrivavano (spesso stornandoli a propri fini privati, con risvolti di natura eminentemente politica) o gestiva concretamente il potere, e ciò con il fine ultimo e permanente di recuperare più voti possibili per la prosecuzione della sua carriera di amministratore e di politico di rango, così trasformando la sua autentica passione umanitaria in un manifesto di pura facciata, dietro cui si celava il demone ossessivo da cui egli era divorato, costituito dalla ricerca costante di una sempre maggiore visibilità, da attuare ad ogni costo, tanto da non essere più riconosciuto dalle persone che gli stavano accanto, come la compagna Lemlem, che valutando i compromessi al ribasso a cui lo stesso si era piegato pur di raccattare qualche voto in più, non esitava a contestarlo aspramente». [Continua in basso]

Per il Tribunale, Lucano «continuava a gestire l’associazione che aveva contribuito a creare, determinando un insanabile conflitto di interessi, che sta alla base dei fatti di reato in quanto egli, in spregio ad ogni norma giuridica e alle più elementari regole di opportunità, ha continuato a gestire quell’organizzazione in modo sostanzialmente padronale».

Quello che emerge è «il vero tradimento degli ideali di accoglienza e di solidarietà, successivamente soffocati da una sfrenata sete di visibilità politica da parte di Lucano, risultato essere il vero e proprio deus ex machina di quel sistema sotterraneo e perverso, realizzata tramite sottrazioni reiterate e mirate di denaro pubblico e creazioni di odiose clientele e atti di favoritismo per parenti e amici, in una logica di bieco utilitarismo, che veniva nascosto dietro l’ipocrita bandiera dell’umanità solidale e integrate, che però veniva sventolata solo per coprire i gravi illeciti compiuti».
Lucano, essendosi poi reso conto che gli importi che venivano elargiti dallo Stato per governare il fenomeno dell’accoglienza erano più che sufficienti allo scopo, «piuttosto che restituire quello che veniva versato, aveva ben pensato di reinvestire in forma privata la gran parte di quelle risorse, con creazione di progetti di rivalutazione del territorio che, oltre a costituire un trampolino di lancio per la sua visibilità politica, si sono tradotti nella realizzazione di plurimi investimenti (tra cui l’acquisto di un frantoio e di numerosi beni immobili da destinare ad alberghi per l’accoglienza turistica), che costituivano una forma sicura di arricchimento personale, su cui egli sapeva di poter contare a fine carriera, per garantirsi una tranquillità economica che riteneva gli spettasse».

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