Rinascita Scott: l’alleanza fra i Bonavota ed i Bellocco nelle rivelazioni di Vincenzo Albanese
Il collaboratore di giustizia di Rosarno ha svelato alla Dda di Catanzaro gli accordi mafiosi fra le due consorterie. Il clan di Sant’Onofrio descritto come uno dei più potenti dell’intera ‘ndrangheta vibonese
Si sofferma con dovizia di particolari anche sul clan Bonavota di Sant’Onofrio, il collaboratore di giustizia di Rosarno Vincenzo Albanese, 45 anni, i cui verbali sono stati versati nel maxiprocesso Rinascita Scott. Organico al clan Bellocco, Albanese ha spiegato: «In relazione alla cosca Bonavota di Sant’Onofrio posso riferire che per mio suocero Rocco Bellocco era la famiglia di ‘ndrangheta di riferimento nel Vibonese, insieme alla cosca Anello di Filadelfia di cui pure i Bonavota erano alleati; i Bellocco e queste due famiglie, invece, non legavano tanto con i Mancuso di Limbadi. E’ stato mio suocero Rocco Bellocco a raccontarmi il ruolo criminale avuto da Vincenzo Bonavota nel Vibonese aggiungendo che è stato colui che ha iniziato la faida che ha portato in seguito alla Strage dell’Epifania. Mio zio Umberto Bellocco – al quale tutti i Bonavota erano letteralmente “devoti” – ha concesso una importante dote di ‘ndrangheta a Vincenzo Bonavota. Sempre mio suocero – ha aggiunto Vincenzo Albaese – mi presentò gli esponenti della cosca Bonavota e mi disse anche che a Maierato, Sant’Onofiio e Pizzo erano la cosca di ‘ndrangheta di riferimento. Sempre mio suocero mi disse che i Bonavota erano riconosciuti al Crimine di “Polsi” e quindi potevano essere in grado di aprire nuovi locali di ‘ndrangheta. Si tratta di una cosca potentissima che si occupava anche di curare la latitanza di esponenti di vertice della ‘ndrangheta della Piana.
Ho conosciuto personalmente – prosegue Albanese – i fratelli Pasquale Bonavota – che in un primo periodo era a capo del clan e con cui ho poi gestito dei traffici di droga tra il ’99 e i primi anni 2000 -, Nicola, Domenico e Salvatore Bonavota che spesso incontravo all’interno del bar presente nella piazza di Sant’Onofiio di loro proprietà e gestito da Nicola o nei pressi di una pizzeria ubicata vicino allo svincolo dell’autostrada luogo quest’ultimo dove mi venne consegnata anche una pistola. E’ stato un tale Giulio Castagna – ha dichiarato Albanese – a consegnarmi una pistola calibro 38 a tamburo che dovevo consegnare a mio suocero. Naturalmente i fratelli Bonavota mi vennero presentati da mio suocero come uomini d’onore appartenenti dunque alla ‘ndrangheta. Tra i soggetti organici alla cosca Bonavota vi era anche un tale Angelo – che insieme a Salvatore Bonavota era colui che ci portava le “imbasciate” per conto dei Bonavota -, che saprei riconoscere in foto, soggetto collegato anche a Damiano Vallelunga – e Francesco Fortuna che dai Bonavota veniva considerato come un fratello, nel senso che, per come ci dissero, parlare con lui era come parlare con i Bonavota stessi. Con Francesco Fortuna ho avuto modo di fare da intermediario per la vendita di cocaina con i fratelli Brandimarte. Tale episodio avvenne circa nell’anno 2005. Altro soggetto organico alla famiglia Bonavota – ha ricordato il collaboratore – era quello che veniva chiamato “U Conte” che se non erro abitava a Vibo al quale ho ceduto della cocaina. Si era presentato per conto dei cugini Bonavota al distributore della benzina, all’epoca nostro “quartier generale”, ed altro soggetto che se non erro si chiama Salvatore Battaglia che aveva un tatuaggio sulla mano.
Altro elemento di vertice della cosca Bonavota è Domenico Cugliari, questo era considerato la mente della cosca. Sono stati i fratelli Bonavota a dirmi che Domenico Cugliari aveva un ruolo di primo piano all’interno della cosca e tale circostanza mi venne confermata anche da Mario De Rito e da suo cognato Piero Castagna, nonché da Andrea Mantella». Giulio Castagna, Piero Castagna, Salvatore Battaglia, U Conte, non figurano fra gli imputati di Rinascita Scott.
Le “macchie d’onore” secondo Albanese
Il collaboratore di giustizia di Rosarno si addentra poi sulla struttura interna del clan di Sant’Onofrio. «Ho saputo che agli inizi degli anni 2000 che Pasquale Bonavota, siccome aveva una “macchia d’onore” – aveva avuto – riferisce Albanese – una relazione con una donna sposata con un collaboratore di giustizia -, nei primi anni 2000 si allontanò da Sant’Onofrio e si spostò a Roma, dove continuò a curare gli affari della cosca, tornando spesso a Sant’Onofrio. Per tale motivo prese le redini della cosca Domenico Bonavota, considerato il più serio, determinato, affidabile, “cattivo” dei fratelli, anche se Pasquale Bonavota era solito rientrare in Calabria. Sino al 2015, giorno in cui ho iniziato il mio percorso con la giustizia, i Bonavota rappresentavano una delle cosche di ‘ndrangheta più potenti del Vibonese ed il loro assetto interno era quello che ho appena descritto».
I rapporti Bonavota-Bellocco
Vincenzo Albanese si è quindi soffermato con la Dda di Catanzaro (pm Antonio De Bernardo) anche sui rapporti fra la consorteria dei Bellocco di Rosarno ed il clan Bonavota di Sant’Onofrio. «Le occasioni di contatto con i Bellocco erano numerose e spesso riguardavano la gestione di affari e problematiche di tipo delinquenziale, nel contesto della descritta alleanza mafiosa. I Bonavota, ad esempio, si rivolgevano a noi quando venivano effettuati dei furti di autovetture di persone a loro vicine, considerato che la maggior parte di questi venivano compiuti dagli zingari di Rosarno, soggetti che erano a completa disposizione della mia cosca di riferimento. Questo è successo in molteplici occasioni, dal 2000 fino ad epoca più recente. Di solito per questi motivi ci cercavano Salvatore Bonavota, oppure tale Angelo di cui ho parlato, ovvero Francesco Fortuna. A tal proposito ricordo che nell’anno 2014, Francesco Fortuna venne da noi per chiedere la restituzione di una Fiat Panda di proprietà di una ragazza di 18 anni di Pizzo, autovettura che in seguito venne restituita grazie alla nostra intercessione e se non ricordo male Fortuna regalò agli zingari anche 200-300 euro. Sono a conoscenza – ha riferito il collaboratore – che nell’anno 2007 i Bonavota, su richiesta di mio suocero Rocco Bellocco, si adoperarono per risolvere un problema avuto da Mimmo Ponturiero per la compravendita di un terreno. Conosco anche altro Pontoriero che è imputato con me nella vicenda del giudice Giusti – ha aggiunto Albanese –e che sarebbe il titolare della catena di negozi Terranova. Non sono a conoscenza se i fratelli Pontoriero erano affiliati alla ‘ndrangheta, ma so per certo che i miei cugini, figli dell’ergastolano Giuseppe Bellocco – i quali hanno grossi interessi nell’edilizia a Milano – avevano dei rapporti con loro».
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