giovedì,Maggio 16 2024

Pizzo: si va verso la demolizione di un ristorante alla Marina

Secondo la Capitaneria di Porto di Vibo – confortata da due recenti sentenze del Consiglio di Stato – la struttura ricadeva su suolo demaniale marittimo senza concessione

Pizzo: si va verso la demolizione di un ristorante alla Marina
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Si va verso la demolizione per il ristorante “La Nave” a Pizzo Marina. Sequestrato dalla Guardia costiera nel febbraio del 2017, il ristorante non era a posto né con le concessioni demaniali, né con i titoli edilizi, con un’occupazione abusiva di suolo e l’apposizione dei sigilli a tutta la struttura di 344 metri quadri. La vicenda è stata al centro di due recenti sentenze del Consiglio di Stato, entrambe favorevoli al Comune di Pizzo, all’Agenzia del Demanio e al Ministero delle Infrastrutture. E’ stato così confermato l’ordine di sgombero dell’area demaniale marittima della superficie di circa 344 mq abusivamente occupata, sita in via De Gasperi, e la demolizione delle opere ivi realizzate, consistenti in un fabbricato in muratura adibito a ristorante denominato “La Nave”, con veranda sovrastata da tettoia in legno lamellare (ordinanza in data 7 dicembre 2016, n. 22). Nel corso del procedimento, attraverso l’acquisizione di informazioni presso la locale autorità marittima e di documenti agli atti della medesima amministrazione comunale, si accertava che “l’area demaniale era stata affidata in concessione al defunto padre della medesima appellante, che ivi aveva eretto il fabbricato adibito a ristorante negli anni ‘60, ma che il titolo era giunto a scadenza alla fine del 1985 e non era stato più rinnovato; l’interessato, inoltre, era stato destinatario di provvedimenti repressivi (ingiunzioni di sgombero e di demolizione degli immobili: da ultimo con ordinanza in data 6 maggio 2016, n. 9), ed era poi stato richiesto di pagare l’indennità di occupazione abusiva dell’area. Il Demanio confermava poi che l’area occupata a mezzo del manufatto adibito a ristorante ricade interamente sul demanio marittimo”. Per il Consiglio di Stato, quindi, la società ricorrente è priva di un titolo di «disponibilità giuridica» dell’immobile in cui esercitava l’attività di somministrazione e a sua volta l’immobile difetta della necessaria «regolarità urbanistico-edilizia». Da qui la conferma delle decisioni del Tar.

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