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‘Ndrangheta: il pentito Mantella e l’omicidio “eccellente” di Fortuna – Video

La Dda riapre le indagini sul delitto di “Ciccio Pomodoro”, al vertice del clan Lo Bianco di Vibo, ucciso nel 1988. Lo scontro con i Fiarè, il ruolo dei lametini e dei Mancuso nelle dichiarazioni di altri cinque pentiti

‘Ndrangheta: il pentito Mantella e l’omicidio “eccellente” di Fortuna – Video

Portano a riaprire le indagini anche su un omicidio “eccellente” nelle dinamiche mafiose del Vibonese, le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Andrea Mantella. Un omicidio di quelli che – a detta anche di altri collaboratori di giustizia – ha cambiato i rapporti di forza fra i clan della ‘ndrangheta nella città di Vibo Valentia. E’ il delitto di Francesco Fortuna, alias “Ciccio Pomodoro”, pastore, pluripregiudicato, ucciso in un agguato a Pizzo il 23 settembre 1988 all’età di 39 anni. Collaboratori di giustizia e inquirenti l’hanno collocato al vertice del clan Lo Bianco unitamente a Carmelo Lo Bianco, alias “Piccinni”, di 17 anni più grande e deceduto in carcere a Parma nel 2014. [Continua dopo la pubblicità]

Andrea Mantella

I verbali di Andrea Mantella sul punto sono in parte agli atti della voluminosa inchiesta denominata “Rimpiazzo” contro il clan dei Piscopisani, scattata ad aprile. Si tratta di verbali ancora in gran parte omissati, in quanto coperti da segreto investigativo, ma che permettono invece, dalle parti già discoverate, di capire che il collaboratore ha reso dichiarazioni anche sull’omicidio di Francesco Fortuna, detto “Ciccio Pomodoro (o “Pummarola” che dir si voglia). “Che le cose andarono così, lo sanno anche i bambinidichiara Mantella – ed io ne ho avuto conferma da mio cognato Antonio Franzè, da altro mio cognato Pasquale Giampà di Lamezia e dai fratelli Gino e Peppe Da Ponte di Sambiase. Ne abbiamo parlato pure nel carcere di Catanzaro con Francesco Giampà, detto Il Professore. Questi lo sapevano per certo perché Ciccio Pomodoro non è morto subito ed al Pronto soccorso aveva fatto in tempo a dirlo al fratello Antonio che ha sposato mia zia Raffaella Mantella”. Andrea Mantella conosce dunque particolari importanti sull’omicidio di Francesco Fortuna ed ha raccontato le sue verità agli investigatori. Sebbene non si conosca ancora l’intero contenuto delle sue dichiarazioni su tale fatto di sangue, di certo gli elementi sin qui noti vanno a riscontrare il racconto che altri collaboratori hanno da tempo fatto sull’omicidio di Francesco Fortuna, rimasto sino ad oggi totalmente impunito.

Rosario Fiarè

L’inchiesta “Rima” e le accuse degli altri pentiti. Negli atti dell’inchiesta “Rima” contro il clan Fiarè di San Gregorio d’Ippona, ma anche nell’inchiesta “Prima” contro il clan Anello di Filadelfia, sono contenute le dichiarazioni rese a suo tempo dal pentito Pasqualino D’Elia, originario di San Costantino Calabro, collaboratore dal 1996 ed appartenente alla cosca dei Pagliaro-Andricciola di Sambiase. Si è autoaccusato di essere stato uno degli autori materiali dell’omicidio di Francesco Fortuna, unitamente ai Iannazzo di Sambiase che, secondo il suo racconto, dovevano ricambiare un favore ai vibonesi. O meglio: al clan Fiarè-Razionale di San Gregorio d’Ippona. Proprio tale ultima consorteria mafiosa – a detta anche del collaboratore di giustizia Michele Iannello (condannato all’ergastolo per l’omicidio del piccolo Nicolas Green) – avrebbe deciso l’eliminazione di Francesco Fortuna (Ciccio Pomodoro) per vendicare l’omicidio di Pino Gasparro, alias “Pino U Gattu”, ucciso in piazza a San Gregorio d’Ippona nella notte dell’1 luglio 1981, ed il ferimento ad un occhio nella stessa occasione di un allora giovanissimo Saverio Razionale, stretto congiunto di Gasparro.

Carmelo Lo Bianco, alias “Piccinni”

Lo scontro Fiarè-Fortuna. Dopo un periodo di latitanza, il 22 ottobre 1981 Francesco Fortuna veniva arrestato ed in primo grado è stato condannato per l’omicidio di Giuseppe Gasparro a 24 anni di reclusione. Il 31 dicembre 1985 era stato però scarcerato per decorrenza dei termini di custodia cautelare, con l’obbligo di dimorare a Pizzo in attesa della definizione del procedimento penale, al vaglio della Cassazione. Secondo il collaboratore Michele Iannello, lo scontro fra Francesco Fortuna e Pino Gasparro sarebbe stato originato da un furto di bestiame compiuto da quest’ultimo ai danni di un parente di Fortuna. Da qui la vendetta con la sparatoria in piazza a San Gregorio e quindi la “risposta” del clan – al cui vertice sarebbe subentrato Rosario Fiarè affiancato da Saverio Razionale – con prima l’omicidio di Antonio Galati, cognato di Francesco Fortuna e zio di Salvatore Galati di San Giovanni di Mileto – e quindi con il delitto “eccellente” dello stesso Fortuna.

Saverio Razionale

La “caratura” di Francesco Fortuna. A detta anche dei collaboratori di giustizia Luigi Guglielmo Farris, Antonio Sestito e Gerardo D’Urzo, Francesco Fortuna sarebbe stato un elemento di peso e di primo piano del clan operante a Vibo Valentia e meglio conosciuto come “cosca Lo Bianco”. Non avrebbe infatti permesso alcuna ingerenza ai Mancuso sugli “affari” nella città di Vibo, motivo per il quale il clan di Limbadi avrebbe appoggiato nello scontro armato la consorteria di San Gregorio d’Ippona. Dopo l’omicidio di Francesco Fortuna, quindi, secondo la ricostruzione del pentito Michele Iannello, negli affari della città di Vibo sarebbero entrati sia i Mancuso che i Fiarè, con i Lo Bianco divenuti alleati del boss Antonio Mancuso ma, soprattutto, decisi a non vendicare la morte del proprio “capo”, Francesco Fortuna. Nelle sue dichiarazioni, il collaboratore di giustizia Pasqualino D’Elia ha inoltre chiamato in causa il boss di Filadelfia, Rocco Anello, quale soggetto che avrebbe fornito ai lametini dei clan Iannazzo e Pagliaro le armi ed un’auto rubata per compiere l’omicidio “eccellente” di Francesco Fortuna su mandato dei Fiarè.

Damiano Vallelunga

Lo stesso Rocco Anello accusato pure dal pentito Michele Iannello di aver pedinato – unitamente al boss Damiano Vallelunga di Serra San Bruno – Francesco Fortuna al mercato di Vibo nel tentativo di ucciderlo su mandato di Rosario Fiarè. Accuse che al momento non hanno permesso alla Dda di Catanzaro di muovere contestazioni specifiche ad alcuno per l’omicidio di Francesco Fortuna, allo stato del tutto impunito. Le nuove dichiarazioni di Andrea Mantella potrebbero quindi permettere agli inquirenti di riaprire le indagini sull’omicidio “eccellente” di Francesco Fortuna, alias “Ciccio Pomodoro”, andando a riscrivere una delle pagine di certo più significative nella storia criminale della ‘ndrangheta.

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