giovedì,Aprile 18 2024

“Filippo è un mandorlo in fiore”, i messaggi dei bambini per il ragazzo ucciso dalla ‘ndrangheta

Gli alunni della II A dell’Istituto omnicomprensivo di Soriano piantano un albero in suo ricordo nel cortile della scuola e dedicano toccanti pensieri al diciannovenne, vittima innocente di una guerra che non aveva scelto di combattere.

“Filippo è un mandorlo in fiore”, i messaggi dei bambini per il ragazzo ucciso dalla ‘ndrangheta

«Filippo era un ragazzo come noi e come noi avrebbe dovuto avere un futuro. Noi non vogliamo avere paura che questa tragedia si ripeta ancora. Non siamo e non dobbiamo sentirci dei bersagli, vogliamo sicurezza» (Lidia); «Filippo è un angelo, ci dicono. Ma noi volevamo che fosse ancora un ragazzo, che vivesse la sua vita di ogni giorno, che fosse ancora qui, uno fra tanti. Vogliamo un futuro» (Matteo); «Filippo era un bravo ragazzo come tanti, è morto giovane e questo è bruttissimo. È morto ammazzato e questo è inaccettabile, ma la cosa più terribile è che dopo tre anni nessuno ha pagato per questo delitto. Vogliamo giustizia» (Salvatore).

Hanno ammazzato Filippo. Filippo è vivo. È vivo nel ricordo dei tanti bambini, alunni dell’istituto omnicomprensivo di Soriano, che ieri hanno preso parte alla commemorazione voluta da Martino Ceravolo (padre del diciannovenne ucciso per errore il 25 ottobre 2012) nel terzo anniversario del suo sacrificio. Vittima di un guerra non sua, alla quale non aveva scelto di prendere parte ma nella quale, tuttavia, si è ritrovato coinvolto per uno strano scherzo del destino che l’ha strappato alla vita nel fiore degli anni. Vittima di mafia, riconosciuta come tale dallo Stato, ma ancora non riscattata da una giustizia che non è stata in grado di scrivere la verità sul suo caso, lasciando senza colpevoli quell’odioso delitto e, anzi, provando a consegnarlo all’oblio, come vorrebbe la richiesta di archiviazione sul caso formulata pochi giorni fa dalla Procura distrettuale.

Un oblio al quale di fatto si oppongono i pensieri e l’affetto degli alunni della stessa scuola che Filippo ha frequentato da piccolo e che, per tenere vivo il suo ricordo, hanno piantato un mandorlo nel cortile dell’istituto, simbolo della primavera che riscatta il mondo dal freddo e cupo inverno e, insieme, poetica metafora di una vita spezzata che può rifiorire in altre giovani vite. Come ha spiegato Francesco: «abbiamo deciso di commemorare Filippo con un gesto simbolico, piantando questo albero che crescerà e continuerà a parlare di lui anche ai ragazzi che frequenteranno questa scuola dopo di noi. Abbiamo scelto un mandorlo perché questa pianta, tra tante, ha un valore simbolico importante: è il primo a fiorire dopo il freddo dell’inverno, preannuncia la bella stagione, quindi è l’albero della speranza, della rinascita. Il mandorlo cambia con le stagioni: in primavera si copre di fiori e possiamo ammirarli e sentire il loro profumo, durante l’inverno essi appassiscono, ma l’albero e le sue radici non muoiono, proprio come accade alle persone: quando muoiono non si possono vedere, ma il loro ricordo rimane impresso in ognuno di noi. La morte improvvisa di un giovane mi fa pensare ad un mandorlo in fiore che durante la primavera viene abbattuto da una violenta ed inaspettata tempesta. Proprio per questo noi abbiamo deciso che ci prenderemo cura di questo albero. Lo aiuteremo a crescere e gli presteremo le cure che saranno necessarie, perché la speranza deve essere coltivata con pazienza, alimentata ogni giorno con buona volontà e impegno».

E, ancora, quell’albero piantato metterà radici nell’animo di chi ha conosciuto la storia di Filippo. «Una storia – ha detto Aurora – che per noi ragazzi ha un significato particolare: eravamo molto piccoli quando è successo, e ora che stiamo crescendo e proviamo a riflettere su quello che è accaduto ci rendiamo conto sempre più di quanto sia stato ingiusto e crudele, un gesto veramente disumano, perché non è nella natura delle persone fare queste cose. Filippo è stato ucciso da uomini che non si fermano davanti a niente, pensano a noi come dei bersagli, non hanno nessuno scrupolo a trasformare un essere vivente in una “natura morta”. Non capisco come riescano a non vergognarsi, a non sdegnarsi di sé stessi. La persona che ha ucciso Filippo, però, deve sapere e ricordare per sempre che ha spezzato una vita innocente e distrutto la serenità di una famiglia. Noi non vogliamo crescere nella paura, pensando che una cosa del genere potrebbe accadere ancora, magari anche a noi. Se tre anni non sono bastati per trovare il responsabile, bisognerà cercare ancora, magari all’infinito, fino a quando non sarà fatta giustizia, altrimenti altre persone penseranno che queste cose possono rimanere impunite».

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