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Otto anni dall’omicidio di Francesco Prestia Lamberti, le parole della sorella Marina: «Rimangono fuori almeno altri tre assassini»

Della crudele uccisione del giovane 15enne di Mileto si è all’epoca autoaccusato un suo coetaneo poi condannato a 14 anni di carcere. Tanti i tasselli ancora mancanti

Otto anni dall’omicidio di Francesco Prestia Lamberti, le parole della sorella Marina: «Rimangono fuori almeno altri tre assassini»
Francesco Prestia Lamberti

A otto anni di distanza sono ancora tanti i coni d’ombra che aleggiano attorno alla morte di Francesco Prestia Lamberti. Il 29 maggio 2017 il corpo del povero ragazzo fu trovato tra le campagne di Mileto, in località “Vindacitu”. L’allora 15enne fu ucciso con due colpi di pistola, uno alla nuca e l’altro alle spalle, sparati da breve distanza. A rendere ancora più raccapricciante la vicenda, il fatto che ad autoaccusarsi dell’omicidio e ad accompagnare i carabinieri sul luogo del delitto fu all’epoca un suo coetaneo, poi condannato a 14 anni di reclusione. E, ancora, che alla base di questo gesto ci fossero dei futili motivi, così come affermato dai giudici del Tribunale dei minori di Catanzaro al momento della lettura della sentenza. Ma quali sono i tasselli ancora mancanti, quali i motivi per cui i suoi familiari non possono dire ancora di aver ottenuto definitiva e totale giustizia? Ce lo spiega la sorella Martina, in uno struggente post rivolto a Francesco proprio nello giorno dell’ottavo anniversario della sua morte.

«Quanti ne dovranno ancora passare prima che venga fuori tutta la verità, per poter guardare in faccia gli altri, almeno, tre assassini? Sì perché chiunque si è sporcato le mani del tuo sangue, non è altro che un assassino. Anche se sappiamo che le indagini sono ancora aperte, confidiamo e speriamo che le forze dell’ordine facciano al più presto il loro lavoro. Affinché questi bastardi paghino per il male che ti hanno fatto. Non è possibile vederli passare davanti casa, andare in palestra o al bar a fare aperitivo; pensano che basti un cappello abbassato sul viso o il cappuccio della felpa tirato su per nascondersi da quello che hanno fatto. Troppo semplice pensare che possa finire così, dopo aver deciso la morte di un ragazzo di appena quindici anni, distruggendo la tua vita e tutti i tuoi sogni. Oggi dopo 8 lunghissimi, difficili e dolorosi anni siamo ancora a chiedere: “Chi sa parli”. Niente potrà lenire il nostro dolore, ma abbiamo il diritto di poter finalmente dire: “Giustizia è stata fatta”. Perché te lo meriti piccolo amore mio».

Nello stesso post Marina trova poi la forza di ripercorrere passo passo le tragiche fasi dell’omicidio del fratello, attraverso una sorta di flash fotografici e rivivendo i gesti di chi l’ha compiuto. «20.40. Chissà come si sono sentiti a quest’ora di otto anni fa – si chiede – sporchi di sangue, sporchi di omicidio. Quando utilizzavano il tuo telefono per crearsi un alibi, quando leggevano il messaggio di nostra madre che ti diceva di non fare tardi perché domani devi andare a scuola…. E quelli che hanno spostato il tuo corpo, mettendoti la mano in tasca. Quello che è andato a prendere, per poi non farla trovare, la pistola. Io vi auguro tutte le sere – conclude rivolta agli assassini – di avere queste immagini davanti. E vi auguro un giorno di provare lo stesso dolore. Ed ancora oggi, dopo otto anni, mi domando perché ancora, amore mio, non hai avuto la giustizia che meriti». Nella giornata di ieri, l’ottavo anniversario della morte di Francesco è stato commemorato con una messa di suffragio celebrata nella chiesa parrocchiale “San Benedetto-Santissima Trinità”, alla presenza dei suoi familiari e di un gran numero di fedeli. Tra questi, decine di giovani provenienti anche da altri comuni del Vibonese, segno che la ferita inferta dalla sua uccisione rimane ancora aperta.  

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