Il comandante provinciale dei carabinieri Luca Toti saluta Vibo Valentia: «Contro la mafia serve il coraggio dei cittadini» – VIDEO
Dopo due anni e 10 mesi il colonnello lascia la Calabria per un prestigioso incarico al ministero della Difesa e traccia un bilancio del lavoro svolto. «Repressione, prevenzione, cultura della legalità: la nostra azione è stata a 360 gradi. Ma la 'ndrangheta ha uno straordinario potere di rigenerazione»
«La ‘ndrangheta ha uno straordinario di potere di rigenerarsi, tagli una testa e ne spunta un’altra». Il comandante provinciale dei carabinieri di Vibo Valentia, il colonnello Luca Toti, va via sapendo che il lavoro non è finito, ma non potrebbe essere altrimenti. Per Toti arriva un prestigioso incarico nel team di Guido Crosetto, più facile a spiegare che a dirsi: capo ufficio segreteria generale del gabinetto del ministro della Difesa. Per lui, abruzzese, 48 anni, sempre in trincea, prima contro la camorra a Napoli e Torre Annunziata, e poi, nel Vibonese, contro la ‘ndrangheta, è venuto il momento di mettere a disposizione dello Stato centrale l’esperienza accumulata sul campo nel contrasto alla criminalità organizzata. Gli scatoloni sono già pronti e domani sarà a Roma.
A Vibo è restato due anni e 10 mesi, ma prima di andare via ha voluto incontrare la stampa per tracciare un bilancio e salutare la città. Per farlo cita nuovamente Sant’Agostino, come fece nell’intervista che concesse due mesi fa a Il Vibonese: «La speranza ha due bellissimi figli: l’indignazione e il coraggio. Di indignazione, qui, ce n’è molta. Adesso è il momento del coraggio», dice Toti lanciando il suo appello ai vibonesi affinché si ribellino al giogo della ‘ndrangheta.
Al suo posto arriverà entro due mesi il colonnello dei carabinieri Antonio Parillo, originario di Caserta, ma cresciuto nei ranghi dell’Arma all’interno del Ros di Catania, per poi assumere nel 2021 la direzione del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Napoli, incarico di altissima responsabilità in uno dei contesti criminali più articolati d’Italia.
In attesa che il suo insediamento venga formalizzato, a guidare il Comando provinciale di Vibo sarà il tenente colonnello Simone Puglisi, che attualmente comanda il Reparto operativo.
Il contrasto alla criminalità organizzata: «Colpire anche chi sta dietro»
Con i giornalisti, Toti ha tracciato un bilancio del suo impegno a Vibo e ha ostentato con orgoglio i risultati raggiunti negli ultimi anni, in un territorio che conta almeno «20 strutture criminali, tra ‘ndrine e locali, e vede circa 40 persone ristrette al regime del 41-bis, giusto dare la misura di cosa stiamo parlando». Ma per Toti «non basta arrestare il boss. Bisogna aggredire le reti di supporto, i colletti bianchi, le complicità istituzionali. La mafia, in Calabria, è molto più di una semplice organizzazione criminale: è un sistema relazionale, spesso sommerso, che si rigenera se non viene spezzato alla radice».
A suo giudizio, l’azione repressiva deve essere accompagnata da un lavoro costante sul territorio, con un’attenzione particolare ai luoghi dove si avvertono segnali di ripresa dell’attività mafiosa: incendi dolosi, minacce, infiltrazioni nei lavori pubblici. «Quando registriamo una recrudescenza in alcuni Comuni, interveniamo con servizi ad alto impatto. E non ci andiamo da soli, ci andiamo in squadra: con la Polizia di Stato, con la Guardia di Finanza, sotto il coordinamento della Prefettura. Lo Stato, così, si fa vedere, si fa toccare. Non è solo repressione: è presenza».
Prevenzione e presidio: «Una provincia coperta ogni notte»
Uno dei punti di forza dell’azione dell’Arma a Vibo è stato il presidio capillare del territorio. «Ogni notte – ha sottolineato il colonnello – sui 50 comuni della provincia, garantiamo una copertura con un numero congruo di pattuglie. Anche quando le risorse sono limitate, riorganizziamo il servizio per assicurare che non ci siano zone d’ombra. La prevenzione si fa così, con la presenza fisica».
Questa modalità operativa, costruita sulla base del piano coordinato di controllo del territorio insieme alla Polizia di Stato, è servita non solo a ridurre il numero di reati predatori, ma anche a trasmettere un messaggio chiaro di vicinanza ai cittadini.
Cultura della legalità: «Serve un patto con i giovani»
Altro fronte strategico per Toti è stata la diffusione della cultura della legalità. Un compito per certi versi più difficile e meno visibile, ma «il più importante a lungo termine». «Abbiamo parlato ai ragazzi nelle scuole, partecipato a convegni, fatto campagne per la sicurezza stradale. Non si tratta solo di educazione civica, è una battaglia culturale», ha detto. Parlare ai giovani, ha aggiunto, «è complicato, soprattutto per chi ha responsabilità genitoriali. Bisogna trovare il canale giusto, il linguaggio giusto. E soprattutto, dare l’esempio. Se non ci percepiscono come autentici, non ci seguiranno».
La squadra Stato e il riscatto sociale
Il colonnello ha insistito sul valore del “gioco di squadra”: «In questi tre anni ho trovato una “squadra Stato” coesa, determinata. I risultati non sono solo dell’Arma dei Carabinieri, ma di un’azione condivisa con tutte le istituzioni: magistratura, forze dell’ordine, prefettura, enti locali».
Tuttavia, ha sottolineato come il cambiamento non possa venire solo dall’alto: «Ora serve uno sforzo ulteriore da parte della cittadinanza. Bisogna che la gente trovi il coraggio di denunciare, di rompere il silenzio. La lotta all’illegalità non è solo una battaglia delle divise, ma una battaglia della collettività».